Miscellanea
Mercoledì, 22 Ottobre 2025

#ESMO2025: HIF-2alfa inibitore per feocromocitoma o paraganglioma

A cura di Giuseppe Aprile

 Anche i tumori rari salgono sul podio dell'ESMO 2025. Belzutifan - un potente inibitore di HIF-2α già approvato da FDA per la terapia di neoplasie renali su VHL, neoplasie neuroendocrine del pancreas ed emangioblastomi - è testato in uno studio di fase II su pazienti con paraganglioma o feocromocitoma. Risultati molto interessanti in una patologia orfana.

Jimenez C, et al. Belzutifan for Advanced Pheochromocytoma or Paraganglioma. N Engl J Med 2025, epub Oct 18th

Feocromoicitoma e paraganglioma rappresentano due rare neoplasie neuroendocrine rispettivamente a carico della midollare del surrene e dei paragangli simpatici/parasimpatici extrasurrenalici. Queste neoplasie non hanno un trattamento convenzionale nella fase avanzata di malattia: sono stati testati percorsi con chemioterapia (schemi di combinazione a più farmaci), terapia radiometabolica con 177-Lutezio o TKI, con risultati nel comlesso modesti e sopravvivenza a 5 anni limitata a circa la metà dei pazienti.

Il trial LITESPARK-015 testa con un disegno di fase II a singolo braccio il belzutifan, un potente inibitore del fattore inducibile dall’ipossia 2 alfa (HIF-2α), molecola che contribuisce allo sviluppo cellulare e alla formazione di nuovi vasi sanguigni.

Il farmaco ha già avuto approvazione FDA/EMA per alcune neoplasie sensibili allo stimolo angiogenico come ad esempio i tumori renali VHL correlati. Inoltre. alcune esperienze cliniche condotte su limitate casistiche sembrano supportare l'efficacia della molecola anche nelle neoplasie neuroendocrine ed in particolari nei feocromocitomi (Alkaissi H, et al. Belzutifan for HIF2A-Related Pheochromocytoma and Paraganglioma: A Retrospective Study of Real-World Data. Endocr Pract. 2025 Oct 1:S1530-891X(25)01229-7).

Lo studio recentemente presentato all'ESMO e simultaneamente pubblicato ha arruolato 72 pazienti con malattia localmente avanzata o metastatica non proponibile per chirurgia e i pazienti sono stati trattati con belzutifan alla dose continuativa di 120 mg/die fino a progressione, tossicità o rifiuto del paziente. Da latre esperienze, perlatro, la dose scelta sembra valida anche per pazienti pediatrici se con età superiore a 12 anni e peso oltre i 40 kg.

Endpoint primario del trial di fase II a braccio singolo era la risposta confermata, stabilita da revisori indipendenti; endpoint secondari erano la durata della risposta, il controllo di malattia, la PFS (anche questa con revisione centralizzata indipendente), la sopravvivenza overall e la riduzione nell'utilizzo di terapia antipertensiva - considerata la specifica clinica della malattia.

Da notare che molti pazienti inclusi erano pretrattti: 50% avevano già ricevuto chemioterapia sistemica, 25% un porecedente VEGF inibitore, 45% avevano fatto terapia radiometabolica, 15% terapia con analogo della somatostatina.

I risultati dello studio, presentati ad un follow-up mediano di circa 30 mesi, sono molto diretti e confermano attività/efficacia e sicurezza della molecola:

Tasso di risposta confermato del 26%

Disease control rate 85%

Durata mediana della risposta 20.4 mesi (95%CI, 8.3 - not reached),

PFS mediana di 22.3 mesi

Overall survival a 2 anni 76.

Nei 60/72 pazienti che prima dell'ingresso nello studio assumevano terapia antiipertensiva, il 32% hanno potuto ridurre almeno uno dei farmaci assunti ad almeno il 50% della dose.

Conferma della nota tossicità del farmaco, in particolare anemia, fatigue e ipossia.

Gli autori - alcuni dei quali italiani - vanno complimentati per avere condotto un trial difficile in una malattia decisamente rara con una incidenza di circa 5 casi/milione/anno.

Lo studio da un messaggio chiaro di attività (oltre un paziente su quattro ha una risposta radiologica/clinica, 85% dei pazienti hanno un controllo di malattia, chance di sopravvivenza a due anni superiore al 75%) ed offre una nuova speranza a pazienti con una rara patologia senza un asset di cura ben definito.

Nella comparazione indiretta, il belzutifan performa meglio del sunitinib testato nel trial FIRSTMAPP e si propone come nuova terapia in questa patologia. Sono in corso gli studi traslazionali per ottimizzare l'uso della molecola.