Miscellanea
Venerdì, 14 Febbraio 2020

Polmonite nei pazienti oncologici ospedalizzati: (ri)conoscerla per gestirla al meglio

A cura di Giuseppe Aprile

Uno studio prospettico di coorte indaga l'eziologia, la prognosi e il management di pazienti oncologici ospedalizzati con infezione polmonare. Quali risvolti per la pratica clinica?

Frenandez-Cruz A, et al. Etiology and Prognosis of Pneumonia in Patients with Solid Tumors: A Prospective Cohort of Hospitalized Cases. Oncologist 2020,25:1-9, epub Feb 11.

I pazienti oncologici - soprattutto se ricevono un trattamento con effetto immunosoppressivo e/o hanno presidi impiantabili - sono a maggior rischio di infezione polmonare. Nonostante questo sia un elemento noto, non è chiaro se l'eziologia sia esattamente sovrapponibile a quella della polmonite acquisita in comunità (CAP), se la definizione di polmonite healt-care related (HCAP) sia applicabile, quale sia la prognosi di questa condizione e se vi siano fattori di rischio chiaramente identificabili.

Il lavoro spagnolo, uno studio prospettico non interventistico di coorte condotto in un ospedale universitartio di riferimento, mira a studiare la polmonite in pazienti oncologici ospedalizzati; la definizione di polmonite ha seguito i criteri intersocietari della American Thoracic Society - Infectious Disease Society of America (ATS-IDSA) pubblicati nel 2005, sebbene gli stessi siano stati recentemente rivisitati (Metlay JP, et al. Diagnosis and Treatment of Adults with Community-acquired Pneumonia. An Official Clinical Practice Guideline of the American Thoracic Society and Infectious Diseases Society of America; Am J Respir Crit Care Med 2019; Olson G, et al. JAMA Clinical Guide Synopsis; JAMA 2020). Lo studio ha comparato valutato la sopravvivenza dei pazienti seguiti per un mese dopo la diagnosi, valutando anche la probabilità di trasferimento in Unità di terapia intensiva, la mortalità a 10 e 30 giorni e i fattori di rischio per l'evento infettivo.

Al momento della valutazione basale erano considerati lo stadio della malattia, il PS, l'indice di comnorbidità di Charlson; il paziente era considerato in trattamento chemioterapico qualora un'ultima dose fosse stata somministrata nei 30 gg precedenti alla diagnosi di polmonite.

Durante lo studio sono stati analizzati 1.354 ricoveri dall'ambulatorio oncologico dedicato. In132 episodi (poco meno del 10%) registrati in 117 pazienti la diagnosi era di polmonite che nel 67% dei casi era considerata una HCAP, nel 31% dei casi una polmonite ospedaliera e solo in un caso una vera e propria CAP.

Tra i sintomi di presentazione i più frequenti erano la febbre e la dispnea con ipossia; il 70% dei pazienti aveva ricevuto un trattamento antiblastico nel mese precedente. La diagnosi eziologica è stata definita in circa il 36% dei casi (48/132), con un germe maggiormente presente - staffilococco pneumoniae nel 25% dei casi - ma una grande diversità microbica.

La probabilità di essere trasferiti/inviati in uniotà intensiva era del 11% (spesso relata a un trattamento antimicrobico empirico inappropriato o subottimale!); la moratlità a 10 giorni del 25% (significativamente associata al grado severo di ipossia alla prima valutazione) e la mortalità a 30 giorni del 45%.

I fattori di rischio per il decesso a 30 giorni erano: ipossia basale (OR 3.3); polmonite ospedaliera (OR 3.1); PS >1 (OR 2.6). Non si registrava invece una differenza in mortalità in dipendenza dalla diagnosi in neutropenia, né all'aver ricevuto trattamento con corticosteroidi o farmaci vasoattivi.

Da segnalare che il 12% dei pazienti diagnosticati di polmonite avevano un secondo episodio nei 12 mesi successivi.

Quali messaggi per la pratica clinica da questo studio prospettico di coorte ?

- l'infezione polmonare nei pazienti oncologici ricoverati è frequente e non va confusa con la CAP (community-acquired pneumonia, vedi linee guida ATS-IDSA del 2019), ha una eziologia varia e dipendente dall'area geografica (va conosciuto il profilo microbico del proprio ospedale) e va gestita in maniera accurata già nell'impostazione del trattamento empirico (la cui inappropriatezza aumenta la mortalità).

- vi sono dei fattori prognostici identificabili che ne aumentano la mortalità, che devono orientare a una terapia più aggressiva o a una valutazione dell'intensivista/infettivologo esperto

- attenzione alle ricadute di infezione polmonare, documentate in 1 paziente ogni 9.