Miscellanea
Venerdì, 18 Settembre 2020

Melanoma in stadio III: la terapia target dopo la chirurgia aumenta la chance di guarigione?

A cura di Giuseppe Aprile

Pubblicati i risultati aggiornati dello studio COMBI AD che ha testato la combinazione dabrafenib/trametinib dopo asportazione chirurgica di melanoma in stadio III mutazione di BRAF.

Dummer R, Hauschild A, Santinami M, et al. Five-Year Analysis of Adjuvant Dabrafenib plus Trametinib in Stage III Melanoma. N Engl J Med. 2020;383(12):1139-1148. doi:10.1056/NEJMoa2005493

Arriva dalla seconda pubblicazione dello studio internazionale COMBI-AD la conferma di solidità dei dati pubblicati nel 2017 (Long GV, et al. Adjuvant Dabrafenib plus Trametinib in Stage III BRAF-Mutated Melanoma. N Engl J Med. 2017)

Il background della combinazione di farmaci deriva dalla analisi di due studi clinici randomizzati indipendenti COMBI-B (Long GV, et al. N Engl J Med 2014) e COMBI-D (Robert C, et al. N Engl J Med 2015) che hanno dimostrato la sinergia di un BRAF inibitore (dabrafenib) e un MEK inibitore (trametinib), dimostrando la combinazione essere altamente efficace nel trattamento del melanoma avanzato con mutazione di BRAF V600K o V600E. Nello stesso decennio, in setting adiuvante, né l'interferone peghilato né l'ipilimumab si sono mai imposti come standard planetario a causa dei dati inconsistenti nell’evidenziare un aumento delle guarigioni dopo chirurgia radicale e della tossicità non trascurabile.

Lo studio COMBI AD, un trial randomizzato internazionale di fase III in doppio cieco che ha arruolato quasi 900 pazienti resecati per melanoma in stadio III con mutazione di BRAF (mutazione presente in circa il 40% dei melanomi). 

I pazienti potevano ricevere per 12 mesi terapia orale con dabrafenib alla dose di 150 mg bid combinato a trametinib alla dose di 2 mg/die ovvero matching placebo.

Le caratteristiche dei pazienti erano ben bilanciate nei due bracci di trattamento (mutazione V600E 90%, ECOG PS 0 90%, stadio IIIC 40% circa, un solo linfonodo positivo 40%, metastasi in transit 10% circa, ulcerazione della neoplasia primitiva 40%).

Lo studio ha pienamente raggiunto il suo endpoint primario di recurrence free survival. Infatti, la RFS stimata a 3 anni era nettamente superiore nel braccio sperimentale (58% vs 39%, HR 0.47, 95%CI 0.39-0.58).

Sebbene il follow-up fosse ancora immaturo, anche una analisi pre-pianificata con il 26% dei dati informativi dimostrava che la sopravvivenza overall era a favore del braccio randomizzato al trattamento adiuvante nonostante l’utilizzo della combinazione al momento della progressione nei pazienti randomizzati al braccio con placebo. Il tasso di sopravvivenza overall a 3 anni era del 86% vs 77%, HR 0.57, 95%CI 0.42-0.79, con una p=0.00006, che tuttavia non raggiungeva la soglia pre-specificata di 0.000019.

In questa seconda importante pubblicazione gli autori presentano i dati molto più maturi del follow-up esteso, con un follow-up mediano di circa 5 anni.

I dati a lungo termine confermano il vantaggio del trattamento sperimentale vs il placebo.

In particolare, la chance di sopravvivenza overall a 5 anni era del 52% nel braccio sperimentale vs 36% in quello standard (beneficio assoluto 16%, HR 0.51, 95%CI 0.42-0.61) e la probabilità di sopravvivenza a 5 anni senza sviluppo di metastasi a distanza era 65% vs 54% (HR 0.55, 95%CI 0-44-0.70), sebbene questo secondo dato possa essere sottostimato poiché i pazienti con una prima ricaduta locale - più frequenti nel braccio standard - non erano poi seguiti per l’evento di ricaduta a distanza ma solo per l’evento decesso.

Alcune annotazioni nell’osservazione delle curve pubblicate nel lavoro:

- le curve di sopravvivenza si staccavano immediatamente

- la distanza tra le curve di sopravvivenza overall rimane stabile tra il terzo e il quinto anno di osservazione (si segnala un plateau di pazienti liberi da evento ricaduta e pari al 55% al quarto anno e 52% al quinto anno); in accordo a questo il numero di eventi ricaduta/morte decresce nel tempo, come noto dai dati epidemiologici che suggeriscono un maggior numero di ricadute nei primi tre anni dopo la chirurgia

- il beneficio è sostanzialmente mantenuto in tutti i sottogruppi analizzati (sebbene il dato in RFS a 5 anni fosse maggiormente solido negli stadi IIIB e IIIC per maggiore numerosità campionaria)

La combinazione di dabrafenib (BRAF inibitore) e trametinib (MEK inibitore) ha dimostrato efficacia in molte patologie in setting avanzato con mutazione di BRAF. Non solo il melanoma (dove il beneficio è stato paradigmatico), ma anche il tumore polmonare non a piccole cellule, il tumore anaplastico della tiroide e, recentemente, le neoplasie delle vie biliari.

Ora, lil trial randomizzato COMBI-AD conferma che la somministrazione della combinazione di dabrafenib e trametinib per 12 mesi conferisce un beneficio a lungo termine, almeno in termini di RFS, dopo la chirurgia radicale di melanoma in stadio III con mutazione di BRAF V600E o V600K. Rimane tuttavia incerto se il beneficio possa modificarsi alla luce del tipo di linfadenectomia praticata.

E il vantaggio in sopravvivenza overall è quindi confermato? Gli stessi autori concludono la discussione affermando rimanga un’incertezza e ci sia la necessità di confermare il vantaggio in sopravvivenza overall a lungo termine (preparandosi così il terreno a una futura terza pubblicazione…)

Da segnalare inoltre che la combinazione si è dimostrata discretamente tollerata nel breve termine e senza effetti collaterali trascinati nel tempo, dato particolarmente importante quando si considera una popolazione di pazienti potenzialmente guariti.

Si attendono i dati a lungo termine del beneficio dell’immunoterapia, valida per pazienti resecati senza selezione molecolare.