Miscellanea
Sabato, 03 Ottobre 2015

Chemioterapia anticipata nel carcinoma della prostata metastatico? La metanalisi dice sì

A cura di Massimo Di Maio

Una metanalisi basata su 3 studi randomizzati evidenzia l’efficacia dell’aggiunta del docetaxel in aggiunta alla deprivazione androgenica nei pazienti con carcinoma della prostata metastatico. Il beneficio è netto, la strategia merita di essere discussa nella pratica clinica.

Tucci M, Bertaglia V, Vignani F, Buttigliero C, Fiori C, Porpiglia P, Scagliotti GV, Di Maio M. Addition of Docetaxel to Androgen Deprivation Therapy for Patients with Hormone-sensitive Metastatic Prostate Cancer: A Systematic Review and Meta-analysis. Eur Urol (2015), http://dx.doi.org/ 10.1016/j.eururo.2015.09.013

Recentemente, sono stati pubblicati i dati di 3 studi randomizzati che hanno valutato l’efficacia dell’aggiunta del docetaxel alla terapia di deprivazione androgenica nei pazienti con carcinoma della prostata metastatico. Il primo studio, francese, era negativo, ma i risultati dello studio CHAARTED, presentato all’ASCO 2014 e pubblicato lo scorso agosto, avevano evidenziato un vantaggio rilevante, “accendendo” l’interesse per la strategia. Dopo la pubblicazione del terzo studio, il trial inglese STAMPEDE presentato all’ASCO di quest’anno, era tempo di provare a sintetizzare tutta l’evidenza disponibile.

La metanalisi pubblicata nei giorni scorsi su European Urology è basata sui dati dei 3 studi sopra menzionati: i primi due studi erano dedicati ai pazienti metastatici, mentre lo studio STAMPEDE comprendeva anche un sottogruppo di pazienti non metastatici. La maggior parte dei pazienti era metastatica alla diagnosi.

Obiettivo della metanalisi era la valutazione dell’efficacia dell’aggiunta del docetaxel alla terapia ormonale, in termini di sopravvivenza globale (endpoint primario) e di sopravvivenza libera da progressione biochimica (endpoint secondario).

Oltre all’analisi principale (condotta sui soli pazienti metastatici), è stata presentata anche un’analisi che include tutti i pazienti randomizzati nei 3 studi (quindi anche il sottogruppo di pazienti non metastatici dello studio STAMPEDE).

Un’analisi esplorativa è stata condotta per valutare l’interazione tra l’efficacia dell’aggiunta del docetaxel e il volume di malattia, dove la condizione di “high volume” è definita in base alla presenza di metastasi in almeno 4 sedi ossee, di cui almeno 1 al di fuori della pelvi e della colonna, o per la presenza di metastasi viscerali. L’informazione sul volume di malattia era disponibile in 2 dei 3 studi presi in considerazione.

Complessivamente, i 3 studi inclusi nella metanalisi hanno randomizzato 2951 pazienti, dei quali 2262 erano metastatici (951 assegnati al braccio sperimentale con docetaxel + terapia ormonale, e 1311 assegnati alla terapia ormonale “standard” senza chemioterapia). La maggior parte dei pazienti randomizzati aveva un buon performance status.

Nei pazienti con malattia metastatica, l’aggiunta del docetaxel è risultata associata con un miglioramento significativo della sopravvivenza globale (hazard ratio 0.73, intervallo di confidenza al 95% 0.60 – 0.90, p=0.002), senza eterogeneità statisticamente significativa tra i 3 studi.

Similmente, anche nella popolazione complessiva (compresi quindi i pazienti non metastatici), l’aggiunta del docetaxel risultava associata con un vantaggio significativo (hazard ratio 0.74, intervallo di confidenza al 95% 0.61 – 0.91, p=0.003).

L’analisi esplorativa dell’interazione tra efficacia del docetaxel e volume di malattia non ha evidenziato un’interazione significativa (p=0.5): hazard ratio 0.67 nel sottogruppo di pazienti con malattia ad elevato volume (intervallo di confidenza al 95% 0.51 – 0.88) e hazard ratio 0.80 (intervallo di confidenza al 95% 0.49 – 1.32) nel sottogruppo di pazienti con minore volume di malattia.

L’aggiunta del docetaxel è risultata associata anche a un beneficio significativo in termini di sopravvivenza libera da progressione (hazard ratio 0.63, intervallo di confidenza al 95% 0.57 – 0.70, p<0.001).

Il vantaggio dimostrato dal docetaxel “anticipato” nei pazienti con malattia metastatica che iniziano il trattamento ormonale è clinicamente rilevante, sia in termini relativi (hazard ratio) che in termini assoluti (la differenza in sopravvivenza mediana è stata superiore all’anno sia nello studio CHAARTED che nello studio STAMPEDE).

La maggior parte dei pazienti inseriti negli studi erano metastatici alla diagnosi, e in tutti i 3 studi era previsto che la chemioterapia iniziasse entro un margine di tempo ristretto rispetto all’inizio della terapia ormonale (2-4 mesi).

E’ interessante sottolineare che la metanalisi non ha evidenziato un’interazione significativa tra efficacia del docetaxel e volume di malattia, mentre in un primo momento, commentando i dati dello studio CHAARTED, si era molto enfatizzata l’ipotesi che il trattamento fosse efficace solo nei pazienti con volume elevato di malattia. Fermo restando che il test di interazione soffre di una potenza statistica limitata, bisogna aspettare che il follow-up più maturo aumenti gli eventi anche nei pazienti con malattia a basso volume prima di trarre conclusioni definitive su questo aspetto.

A nostro giudizio, la strategia terapeutica va presa in considerazione nella pratica clinica: ovviamente, va discussa la tossicità del trattamento, che può non essere trascurabile. I pazienti inseriti negli studi randomizzati erano selezionati in termini di età (più bassa rispetto a quella mediamente osservata nella pratica clinica) e performance status. D’altra parte, numerosi trattamenti sono stati inseriti nella pratica clinica, sia nel tumore della prostata metastatico che in altri setting, a fronte di vantaggi più modesti di quello dimostrato dal docetaxel “precoce”.