Miscellanea
Sabato, 04 Marzo 2017
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Che fatica contrastare la fatica!

A cura di Massimo Di Maio

Una metanalisi passa in rassegna gli studi dedicati a migliorare la fatigue dei pazienti oncologici: l’esercizio fisico e gli interventi psicologici, a differenza dei farmaci, migliorano il sintomo.

Mustian KM, Alfano CM, Heckler C, Kleckner AS, Kleckner IR, Leach CR, Mohr D, Palesh OG, Peppone LJ, Piper BF, Scarpato J, Smith T, Sprod LK, Miller SM. Comparison of Pharmaceutical, Psychological, and Exercise Treatments for Cancer-Related Fatigue. A Meta-analysis. JAMA Oncol. Published online March 02, 2017. doi:10.1001/jamaoncol.2016.6914

La fatigue rappresenta nei pazienti oncologici uno dei sintomi di maggior impatto sull’attività quotidiana e sulla qualità di vita. Molti trattamenti antitumorali comportano una incidenza rilevante di fatigue, che spesso può protrarsi anche dopo la fine del trattamento.

Numerosi studi randomizzati hanno valutato l’efficacia di vari tipi di intervento, in termini di riduzione della fatigue e miglioramento della qualità di vita.

Gli interventi possono essere schematicamente divisi in varie categorie:

  • Esercizio fisico
  • Intervento psicologico
  • Interventi combinati (esercizio fisico + intervento psicologico)
  • Intervento farmacologico

La metanalisi pubblicata il 2 marzo su JAMA Oncology ha sintetizzato l’evidenza disponibile per tutti i suddetti tipi di intervento, allo scopo di controllare la fatigue nei pazienti oncologici.

I criteri di inclusione degli studi erano i seguenti:

  1. studio randomizzato;
  2. inclusione di pazienti adulti affetti da tumore;
  3. misurazione della severità della fatigue compresa tra gli outcomes dello studio;
  4. misurazione della severità della fatigue non solamente come evento avverso del trattamento;
  5. gli studi che valutavano l’impiego dell’eritropoietina erano esclusi;
  6. gli studi che valutavano terapie complementari e alternative erano esclusi, con l’eccezione dei trattamenti basati sull’esercizio fisico (es. yoga);
  7. Gli studi che impiegassero outcomes non esattamente coincidenti con la fatigue (forza fisica, vitalità etc.) sono stati esclusi.

La misura primaria di efficacia, in termini di impatto sulla fatigue, era l’effect size, vale a dire la differenza media nel cambiamento tra prima e dopo il trattamento, nel gruppo sperimentale rispetto al gruppo di controllo, divisa per la deviazione standard post-trattamento. In altre parole, trattamenti dal forte impatto sulla fatigue produrranno un grande effect size, mentre trattamenti inefficaci produrranno un effect size prossimo allo zero (assenza di differenza tra i due gruppi).

Gli autori, analizzando complessivamente 17033 referenze, hanno selezionato come eleggibili 113 studi randomizzati, per un totale di 11525 pazienti inclusi. Gli studi sono stati pubblicati tra il 1999 ed il maggio 2016.

Gli studi erano eterogenei in quanto a tipo di tumore, a setting (alcuni pazienti erano affetti da malattia avanzata, altri ricevevano trattamenti ad intento adiuvante), alcuni studi erano dedicati alla gestione della fatigue durante il trattamento attivo, altri dedicati invece a pazienti che avessero completato il trattamento.

L’esercizio fisico ha documentato un beneficio significativo in termini di riduzione della fatigue (effect size pesato 0.30; intervallo di confidenza al 95% 0.25 - 0.36; p < 0.001).

L’intervento psicologico ha documentato un beneficio significativo in termini di riduzione della fatigue (effect size pesato 0.27; intervallo di confidenza al 95% 0.21 - 0.33; p < 0.001)

Gli interventi combinati (esercizio fisico + intervento psicologico) hanno documentato un beneficio significativo in termini di riduzione della fatigue (effect size pesato 0.26; intervallo di confidenza al 95% 0.13 - 0.38; P < 0.001)

A differenza degli altri trattamenti, il trattamento farmacologico non ha documentato un significativo impatto in termini di riduzione della fatigue (effect size pesato 0.09; intervallo di confidenza al 95% 0.00 - 0.19;p  = 0.05). Nel dettaglio, I trattamenti farmacologici testati negli studi inclusi erano: paroxetina (2 studi); modafinil o armodafinil (4 studi); metilfenidato o dexymetilfenidato (5 studi); dexamfetamina (1 studio) e metilprednisolone (1 studio).

La metanalisi suggerisce che l’esercizio fisico e l’intervento psicologico possano essere d’aiuto nel ridurre la severità della cancer-related fatigue nei pazienti oncologici. Con tutti i limiti legati alla eterogeneità degli studi considerati (che differivano non solo per la tipologia di intervento sperimentale ma anche e soprattutto per la tipologia di pazienti inclusi e per il timing dell’intervento rispetto al trattamento antitumorale), la metanalisi ha il merito di portare l’attenzione sulla necessità di considerare con attenzione un sintomo che può avere rilevanti ripercussioni sulla qualità di vita e sull’attività quotidiana dei pazienti.

Purtroppo, anche nel caso degli interventi efficaci, come l’esercizio fisico e l’intervento psicologico, l’effect size del beneficio è relativamente modesto, vale a dire il miglioramento della severità della fatigue non è clamoroso. Ancor più importante, però, è sottolineare l’inefficacia dei trattamenti farmacologici.

L’Associazione Italiana di Oncologia Medica, in un recente documento dedicato alle cure simultanee, ha sottolineato l’importanza della ricerca anche in questo ambito, spesso trascurato (in termini di attenzione e anche di fondi per la ricerca). Ben venga, al fianco della ricerca che produce innovazione nel campo delle terapie antitumorali, anche la sperimentazione che mira a migliorare la qualità di vita dei pazienti, come nel caso degli interventi che mirano a ridurre la fatigue.