Miscellanea
Sabato, 02 Giugno 2018

La vita dopo il cancro: l’importanza del ritorno al lavoro

A cura di Massimo Di Maio

Una revisione sistematica esamina l’evidenza disponibile in letteratura sul ritorno al lavoro dei pazienti sopravviventi dopo una diagnosi di tumore: l’argomento è cruciale, perché alla guarigione clinica deve corrispondere una “guarigione sociale”.

Paltrinieri S, Fugazzaro S, Bertozzi L, Bassi MC, Pellegrini M, Vicentini M, Mazzini E, Costi S. Return to work in European Cancer survivors: a systematic review. Support Care Cancer. 2018 May 29. doi: 10.1007/s00520-018-4270-6. [Epub ahead of print] Review. PubMed PMID: 29845421.

 

Oggi, in Italia, basandoci sui dati riferiti alle persone che si sono ammalate nel 2005-2009, il 63% delle donne e il 54% degli uomini colpiti dal cancro riesce a sconfiggere la malattia.

Per queste persone, spesso indicate in inglese con il termine difficilmente traducibile di “cancer survivors”, è molto importante che, alla guarigione clinica, segua la guarigione sociale, vale a dire il ritorno ad una vita quanto più vicina possibile a quella che sarebbe stata la vita se non ci fosse stata la diagnosi di tumore.

In questo contesto, il ritorno al lavoro è un aspetto particolarmente importante. Paltrinieri e colleghi hanno pubblicato su Supportive Care in Cancer una revisione sistematica della letteratura dedicata all’argomento, in ambito europeo.

La ricerca bibliografica ha coperto la letteratura pubblicata tra il 2010 e il febbraio 2018.

Sono stati inclusi tutti gli studi di popolazione, condotti in Europa, che descrivessero la probabilità di ritorno al lavoro dopo una diagnosi di cancro.

 

La revisione sistematica comprende i dati di 12 pubblicazioni, corrispondenti a 12 studi osservazionali.

Le casistiche differivano per la numerosità dei pazienti considerati, con un range compreso tra 280 e 46720.

Gli studi riguardano popolazioni di pazienti dei paesi dell’Europa centro-settentrionale, diagnosticati tra il 1987 ed il 2010. 

L’intervallo mediano tra la diagnosi oncologica e il ritorno al lavoro è stato di 2 anni, con un range compreso tra 0.2 e 23.4 anni.

Considerando tutti i pazienti, la proporzione di ritorno al lavoro è risultata compresa tra il 39% e il 77% (quindi una proporzione compresa tra il 23% e il 61% di soggetti non ritorna al lavoro dopo la diagnosi di cancro).

Considerando i soli soggetti che avevano un impiego al momento della diagnosi, la proporzione di ritorno al lavoro è risultata compresa tra il 60% ed il 92% (quindi una proporzione compresa tra l’8% e il 40% di soggetti perde il lavoro e non ritorna al lavoro dopo la diagnosi di cancro).

In Italia, nonostante il Servizio Sanitario Nazionale universalistico, la diagnosi di tumore e ciò che ne consegue generano un aumento dei costi sociali, sia diretti che indiretti, ed una diminuzione dei redditi: è il fenomeno che negli ultimi anni è stato ampiamente studiato con il nome di “tossicità finanziaria”. 

Nel 2012, un’indagine FAVO-CENSIS rivelava che il 78% dei malati oncologici nel nostro paese aveva subito un cambiamento nel lavoro in seguito alla diagnosi: il 36,8% aveva dovuto fare assenze, il 20,5% era stato costretto a lasciare l'impiego e il 10,2% si era dimesso o aveva cessato l’attività (in caso di lavoratore autonomo). Numeri impressionanti, se pensiamo che in Italia, nel 2015, un paziente oncologico su tre, pari a un milione di persone, ha affrontato il cancro in età lavorativa.

Il ritorno al lavoro è un aspetto molto importante del ritorno dei pazienti oncologici alla vita.

La revisione sistematica appena pubblicata ha il merito di portare l’attenzione sul problema, e di sottolineare la carenza di dati in letteratura relativi ai paesi dell’Europa mediterranea: in Italia, le proporzioni di soggetti che non ritornano al lavoro potrebbero essere anche maggiori di quanto descritto nei paesi dell’Europa centro-settentrionale.