Miscellanea
Martedì, 14 Agosto 2018

Il valore dei sintomi: sanguinamento uterino in post-menopausa

A cura di Fabio Puglisi

Qual è la prevalenza del sanguinamento uterino fra le donne in post-menopausa con carcinoma endometriale? E qual è il rischio di carcinoma endometriale in caso di sanguinamento in postmenopausa? Una metanalisi su oltre 40.000 donne (129 studi) fornisce informazioni molto interessanti.

Clarke MA, et al. Association of Endometrial Cancer Risk With Postmenopausal Bleeding in Women: A Systematic Review and Meta-analysis. JAMA Intern Med 2018 [Epub ahead of print]

Il carcinoma dell’endometrio è il più comune fra i tumori ginecologici nei Paesi sviluppati e l’incidenza è stimata in crescita nei prossimi 10 anni. Pertanto, vi è notevole interesse nell’identificare misure di diagnosi precoce e strategie di prevenzione fra le donne a rischio. Il sanguinamento uterino in post-menopausa è un sintomo comunemente associato al carcinoma dell’endometrio, pur non essendo specifico perché spesso causato da condizioni benigne.

Uno studio si è prefisso i seguenti obiettivi:

  • Fornire un riferimento riguardo alla prevalenza del sanguinamento uterino in post-menopausa fra pazienti con carcinoma dell’endometrio;
  • Definire il rischio di carcinoma dell’endometrio in pazienti con sanguinamento uterino in post-menopausa.

Allo scopo, è stata condotta una revisione sistematica della letteratura/metanalisi, esaminando gli studi pubblicati tra gennaio 1977 e gennaio 2017. In particolare, sono stati analizzati gli studi osservazionali che riportavano la prevalenza di sanguinamento uterino in post-menopausa fra donne con diagnosi di carcinoma dell’endometrio e quelli che riportavano il rischio di carcinoma dell’endometrio in una popolazione non selezionata di donne con sanguinamento uterino in post-menopausa.

Sono stati esclusi dall’analisi gli studi che includevano popolazioni altamente selezionate, gli studi privi di una descrizione dettagliata dei criteri di inclusione e gli studi con campioni limitati (≤ 25 donne).

Lo studio ha analizzato 129 studi, comprendenti 34.432 donne con sanguinamento uterino in post-menopausa e 6358 pazienti con carcinoma dell’endometrio (in totale, 40790 donne).

La prevalenza di sanguinamento uterino in post-menopausa fra le pazienti con carcinoma dell’endometrio è stata del 91% (95% CI, 87%-93%), indipendentemente dallo stadio tumorale.

Il rischio di carcinoma dell’endometrio in pazienti con sanguinamento uterino in post-menopausa è risultato del 9% (95% CI, 8%-11%), con stime varibili in funzione dell’uso di terapie ormonali (range, dal 7% [95% CI, 6%-9%] al 12% [95% CI, 9%-15%]; P < .001 per eterogeneità) e della regione geografica (range, dal 5% [95% CI, 3%-11%] in Nord America al 13% [95% CI, 9%-19%] in Europa occidentale; P = .09 per eterogeneità).

Un sanguinamento uterino in post-menopausa si verifica in circa il 90% delle donne con carcinoma dell’endometrio. D’altro canto, solo il 9% delle donne con sanguinamento uterino in post-menopausa ricevono una diagnosi di carcinoma dell’endometrio.

Tali stime variano in funzione dell’anno degli studi, dell’uso di terapie ormonali, e dell’area geografica.

  • Anno di osservazione La prevalenza di sanguinamento uterino in post-menopausa in pazienti con carcinoma endometriale e il rischio di carcinoma endometriale in donne con sanguinamento uterino in post-menopausa sono più alti negli studi prima del 2000 rispetto agli studi dopo il 2000. A questo proposito vanno considerate le variazioni del rischio di carcinoma endometriale avvenute nel tempo, da tener distinte dal rischio di carcinoma endometriale in presenza di sanguinamento uterino. Il numero di carcinomi associati a sanguinamento uterino e il numero di donne con condizioni benigne associate a sanguinamento sono incrementati parallelamente nel tempo. Tale incremento è verosimilmente legato a vari fattori tra cui la terapia ormonale, l’obesità, le modifiche nelle soglie di accesso ad esami per la gestione di perdite ematiche vaginali.
  • Terapia ormonale Il rischio di carcinoma endometriale associato a sanguinamento uterino in post-menopausa è più basso negli studi che hanno incluso donne che avevano fatto uso di terapia ormonale rispetto agli studi che hanno escluso tale popolazione. L’interferenza della terapia ormonale con tali stime può avere varie ragioni. Alcune formulazioni di terapia estroprogestinica hanno un effetto protettivo sull’endometrio. Sanguinamenti uterini irregolari sono un effetto collaterale comune della terapia ormonale sostitutiva, specie nei primi sei mesi di utilizzo (pertanto il work-up diagnostico può essere evitato nei primi 6 mesi dall’inizio della terapia ormonale). I dati della metanalisi supportano un atteggiamento diagnostico meno intensivo fra le donne che sperimentano un sanguinamento uterino in post-menopausa e assumono una terapia ormonale sostitutiva.
  • Area geografica Le differenze geografiche nel rischio (13% in Europa occidentale vs. 5% in Nord America vs. 7% in Nord Europa) sono verosimilmente legate alle diverse pratiche nel work-up diagnostico del sanguinamento uterino (soglie più basse in Nord America rispetto all’Europa). In Europa, molte linee guida raccomandano un’ecografia pelvica tranvaginale TVUS come test di primo livello, indicando un valutazione istologica (isteroscopia con biopsia) in caso di ispessimento endometriale. Negli Stati Uniti, le linee guida contemplano anche la biopsia endometriale come approfondimento di primo livello.
    I risultati della metanalisi costituiscono una base importante per valutare strategie di diagnosi precoce e per fornire supporto nel processo di “clinical decision making” per la gestione clinica del sanguinamento uterino in post-menopausa.

I risultati della metanalisi costituiscono una base importante per valutare strategie di diagnosi precoce e per fornire supporto nel processo di “clinical decision making” per la gestione clinica del sanguinamento uterino in post-menopausa.

Il basso “valore predittivo positivo” del sanguinamento uterino in post-menopausa enfatizza la necessità di individuare test diagnostici aggiuntivi con alta specificità al fine di evitare biopsie non necessarie nelle donne a basso rischio.