Miscellanea
Sabato, 06 Marzo 2021

L’etica delle “second opinion” in oncologia

A cura di Massimo Di Maio

La “second opinion” è un tema molto dibattuto, per le implicazioni sia nel rapporto tra medico e paziente che nel rapporto tra specialisti. Nel 2018 AIOM dedicava a questo tema una sessione delle giornate dell’etica di Ragusa, e oggi è pubblicato il decalogo delle raccomandazioni.

Marco Maruzzo, Nicla La Verde, Antonio Russo, Paolo Marchetti, Simone Scagnoli, Ornella Gonzato, Massimo Di Maio, Vittorina Zagonel, Antonio Galvano, Gaetano Lanzetta, Francesco Perrone, Giordano Beretta, Roberto Bordonaro, Alessandro Comandone, Saverio Cinieri, Fabrizio Nicolis, Stefania Gori. Second medical opinion in oncological setting. Critical Reviews in Oncology/Hematology, 2021, 103282, ISSN 1040-8428, https://doi.org/10.1016/j.critrevonc.2021.103282.

Il tema delle second opinion, in generale in ambito medico ma in particolare in oncologia, è molto delicato. Negli ultimi anni, il numero di seconde opinioni è aumentato anche per la facilità di contatti online, e molti pazienti chiedono altri pareri, sia prima di iniziare un trattamento, sia durante.

Ovviamente, sono numerose le situazioni in cui, a parità di scenario clinico, è possibile più di una proposta terapeutica, e spesso non esiste una singola proposta corretta. Tutto questo può paradossalmente indurre confusione nel paziente (mentre in realtà la richiesta di un secondo parere dovrebbe avere lo scopo di aumentare la fiducia nelle scelte).

La second opinion, insomma, può avere delle importanti implicazioni nel rapporto tra oncologo e paziente, nonché nel rapporto tra specialisti.

Vista l’importanza dell’argomento, nel 2018 AIOM e Fondazione AIOM hanno dedicato una sessione dell’annuale appuntamento con le giornate dell’Etica di Ragusa proprio al tema dell’etica della seconda opinione.

A seguito dei lavori di quelle giornate, è stato prodotto un decalogo di raccomandazioni, presentato in un lavoro appena pubblicato da Critical Reviews in Oncology / Hematology.

Il decalogo delle raccomandazioni relative alla second opinion in oncologia:

  1. La second opinion è un diritto sia del paziente che dell’oncologo. Il paziente è libero di cercare la miglior offerta diagnostica e terapeutica in istituzioni diverse da quella in cui è seguito. D’altra parte, anche il medico può sentire l’esigenza di condividere il caso con altri specialisti. In linea di principio, chi fornisce la second opinion può rafforzare la relazione tra il medico e il paziente.
  2. Sia il medico che il paziente devono parlarsi rispetto all’intenzione di richiedere una seconda opinione. La comunicazione aiuta il rapporto di fiducia, ed evita incomprensioni e malintesi.
  3. La volontà del paziente di chiedere una seconda opinione va rispettata. Allo stesso modo, il paziente deve rispettare la decisione dell’oncologo di chiedere il parere di un collega.
  4. L’oncologo aiuti il paziente indirizzandolo correttamente nella richiesta di una second opinion. Il suggerimento di un centro specializzato nella patologia specifica aumenta le possibilità che la second opinion sia utile a migliorare la gestione del paziente.
  5. L’oncologo dovrebbe fornire al paziente informazioni complete e chiare. Tutte le opzioni terapeutiche andebbero discusse, incluse quelle non disponibili presso il proprio ospedale, ad esempio eventuali studi clinici esistenti altrove. Questo aiuta ad evitare apparenti discordanze tra il proprio parere e quello fornito come second opinion.
  6. L’oncologo non dovrebbe essere auto-referenziale. Le linee guida nazionali ed internazionali rappresentano un’ottima opportunità di raccomandare trattamenti appropriati ed uniformi. Chi fornisce una second opinion dovrebbe evitare di raccomandare opzioni non supportate da evidenze sufficienti.
  7. L’oncologo sia chiaro ed onesto con il paziente. Nelle situazioni per le quali l’oncologo ha poca esperienza, è onesto ed appropriato riferire il paziente ad altri colleghi o centri, in particolare nel caso di neoplasie rare.
  8. La second opinion dovrebbe essere realizzata in presenza, e comprendere l’esame obiettivo. Le opinion espresse in assenza del paziente, basate sulla sola condivisione della documentazione strumentale e di laboratorio, rischiano di essere inappropriate rispetto alle reali condizioni cliniche del paziente.
  9. Chi fornisce una second opinion dovrebbe dare un feedback al collega che ha in carico il paziente, e possibilmente anche al medico curante.
  10. L’oncologo dovrebbe essere contento di ricevere, e di poter discutere con il paziente, il risultato di una second opinion. La discussione rappresenta infatti l’opportunità di spiegare al paziente le ragioni dell’accordo, o del disaccordo, con la second opinion.

Le 10 raccomandazioni del decalogo tracciano una strada per migliorare la comunicazione tra medico e paziente, nonché tra specialisti, al fine di esaltare le opportunità insite nella second opinion, e non trasformarle in minacce.

Le raccomandazioni evidenziano delle criticità sia nella fase che precede la second opinion (quindi nella comunicazione tra medico di riferimento e paziente), sia nella second opinion stessa (quindi nella comunicazione tra chi la fornisce e il paziente), sia nella fase che segue la second opinion (nella comunicazione tra tutti i protagonisti coinvolti).

Se il medico ha presentato al paziente tutte le possibilità terapeutiche, spiegando i motivi per i quali preferisce un’opzione rispetto alle altre, si riducono tantissimo le possibilità che il paziente si senta proporre qualcosa di completamente diverso e inatteso da parte di chi fornisce una second opinion. Molto importante il concetto che l’oncologo stesso può consigliare il paziente sul centro o sullo specialista a cui chiedere la second opinion, nell’interesse della rassicurazione del paziente e della migliore scelta terapeutica. Da questo punto di vista, la second opinion dovrebbe essere percepita come un’opportunità, e non come una minaccia.

Se sia l’oncologo di riferimento sia chi fornisce la second opinion si attiene alle linee guida e a raccomandazioni basate sull’evidenza, si riducono le possibilità che le proposte siano sostanzialmente diverse. Ovviamente, ci sono molte situazioni cliniche in cui esiste più di una possibilità, e in questo caso la comunicazione è essenziale: entrambi gli specialisti dovrebbero spiegare perché si preferisce un’opzione rispetto alle altre.

Il decalogo suggerisce anche che chi fornisce una second opinion visiti il paziente, e non si limiti ad esprimere proposte terapeutiche sulla base del solo esame della documentazione. Nei casi in cui venga richiesta un’opinione esaminando la sola documentazione cartacea o elettronica, bisognerebbe specificare che, in tutta onestà, il collega che conosce meglio il paziente e le sue condizioni cliniche ha più elementi utili per decidere al meglio la strategia.

In poche parole, comunicare, confrontarsi, spiegare sono le parole chiave per ridurre le minacce della second opinion ed esaltarne le opportunità. In molti casi, in assenza di perplessità sostanziali che impongono una raccomandazione diversa, confermare le scelte di un collega contribuisce a rassicurare il paziente e a migliorare il rapporto di fiducia con il medico. Peraltro, in caso di raccomandazione diversa, spiegare serenamente al paziente le motivazioni e confrontarsi esplicitamente con il collega evita incomprensioni e fa l’interesse di tutte le parti in causa.

In allegato, il link al Decalogo della seconda opinione in Oncologia, disponibile sul sito di AIOM e di Fondazione AIOM