Miscellanea
Giovedì, 07 Ottobre 2021

L'impegno della ricerca italiana nelle neoplasie rare: l'esempio è nei tumori delle ghiandole salivari

A cura di Giuseppe Aprile

Una neoplasia rara (5% di tutti i tumori del distretto cervico-facciale) di cui in Italia si ammalano circa 600 persone ogni anno. Nonostante ciò la ricerca procede con incessante impegno e i risultati delle nuove molecole non tardano ad arrivare.

Locati LD, Cavalieri S, Bergamini C, Resteghini C, Colombo E, Calareso G, Mariani L, Quattrone P, Alfieri S, Bossi P, Platini F, Capone I, Licitra L. Abiraterone Acetate in Patients With Castration-Resistant, Androgen Receptor-Expressing Salivary Gland Cancer: A Phase II Trial. J Clin Oncol. 2021 Oct 1

Lo studio del profilo biologico dei tumori delle ghiandoli salivari ha portato a risvolti terapeutici rilevanti nella pratica clinica. In particolare, è noto che oltre 80% di queste neoplasie esprimano recettori androgenici e il 50% circa dei casi co-esprimano HER2, entrambi target sfruttabili dal punto di vista farmacologico con ADT (androgen-deprivation therapy) o trattamenti mirati con HER2 inibitori.

Mentre è in corso un trial randomizzato che confronta ADT con bicalutamide e triptoreliva vs terapia antiblastica (carboplatino e taxolo ovvero cisplatino e doxorubicina) come terapia upfront per la malattia avanzata, lo studio di fase II recentemente pubblicato si pone l'obiettivo di verificare le potenzialità di un trattamento di seconda linea senza chemioterapia in pazienti che abbiano fallito il trattamento con ADT.

Il trial è stato condotto in un singolo centro ad alta expertise (INT di Milano) ed ha arruolato in circa 5 anni 24 pazienti con carcinoma delle ghiandole salivari ed espressione androgenica petrattati con chemioterapia (anche varie linee) ed ADT a ricevere abiraterone 1 gr/die proseguendo LHRH e prednisone a basse dosi (5 mg bid). Tra i criteri di inclusione vi era la soppressione testosteronica, il PS secondo ECOG <2 e la misurabilità radiologica della malattia.

Lo studio di fase II - condotto con un disegno two-stage secondo Simon - definiva il trattamento di interesse nel caso avesse ottenuto almeno il 20% di RR, con una ipotesi di rifiuto del 5% (pari all'attesa chance di risposta dalla chemioterapia di seconda linea in controlli storici).

I dati dello studio, che ha arruolato 24 pazienti (23 maschi) trattati con abiraterone, sono stati pubblicati dopo un follow-up mediano di 10 mesi.

Il tasso di risposta è stato del 21% (con una durata mediana della risposta pari a 5.8 mesi e senza correlazione con la precedente risposta ad ADT) e un controllo di malattia nel 62.5% dei casi. 

La PFS mediana è stata di poco inferiore ai 4 mesi, la OS mediana di circa 22 mesi e la sopravvivenza a 1 anno del 65%.

Non si sono registrati effetti collaterali di gardo 4 o 5, tra gli effetti collaterali di gardo 3 si segnala la fatigue, il flushing e la tachicardia sopraventricolare.

 

Lo studio con primo nome Laura Locati - a cui va il nostro plauso - ha alcune importante valenze:

1) conferma l'attività del farmaco e la possibilità di utilizzare abiraterone (in questo caso off-label) nel trattamento di linea successiva per il trattamento del tumore delle ghiandole salivari con espressione di recettori androgenici. In un setting simile i dati di enzalutamide sono state invece deludenti.

2) dimostra che la attività di un trattamento antiandrogenico sia verosimilmente superiore a quello della chemioterapia, che ha un RR inferiore al 10%, sebbene manchi un confronto diretto

3) sottolinea l'importanza della ricerca indipendente italiana anche nelle patologia con bassa incidenza

Il trial dovrà essere completato con lo studio dei meccanismi di sensibilità e resistenza all'azione antiandrogenica per capire quali siano i pazienti con maggiore chance di beneficio.