Miscellanea
Sabato, 24 Luglio 2021

La telemedicina al di là della pandemia: primo obiettivo la soddisfazione dei pazienti.

A cura di Massimo Di Maio

Uno studio americano descrive i risultati di interviste a pazienti oncologici che sono stati sottoposti a visite di telemedicina, a cavallo dell’inizio dell’emergenza pandemica: le interviste evidenziano opportunità e limiti delle visite da un capo all’altro del computer.

Granberg RE, Heyer A, Rising KL, Handley NR, Gentsch AT, Binder AF. Medical Oncology Patient Perceptions of Telehealth Video Visits. JCO Oncol Pract. 2021 Jul 21:OP2100086. doi: 10.1200/OP.21.00086. Epub ahead of print. PMID: 34288697.

Negli ultimi anni, anche prima dell’emergenza legata alla pandemia di COVID-19, la telemedicina si è molto sviluppata, con applicazioni potenzialmente utili anche in ambito oncologico.

La possibilità di condurre visite a distanza non è solo un surrogato della visita in presenza, utile in caso di necessità di ridurre gli accessi in ospedale, come è capitato nell’emergenza pandemica. Condurre visite a distanza può rappresentare non solo un’utile alternativa alla visita in presenza, tipicamente presa in considerazione per i pazienti in follow-up, ma in teoria è possibile considerare la televisita come un’utile integrazione alle visite in ospedale, anche per pazienti in trattamento attivo. Per ovvi motivi, l’ultimo anno di pandemia è coinciso con un’esplosione di esperienze e di pubblicazioni a riguardo.

Un aspetto essenziale, quando si parla di telemedicina, oltre alla discussione delle implicazioni logistiche, operative e burocratiche, è anche la verifica dell’accettabilità e della soddisfazione, sia da parte degli operatori sanitari che dei pazienti. Indubbiamente, parlarsi da un capo all’altro di una connessione internet non è la stessa cosa che essere seduti dai 2 lati di una scrivania, e questo può limitare sia la soddisfazione del medico, sia ovviamente la soddisfazione del paziente.

E’ importante quindi la ricerca focalizzata non solo sugli aspetti operativi dell’implementazione delle visite di telemedicina (software dedicati, riconoscimento amministrativo ai fini dell’ufficialità del referto, rimborso da parte delle assicurazioni e/o da parte del servizio sanitario), ma anche la ricerca che si focalizzi sulla soddisfazione dei pazienti.

Il lavoro pubblicato dal JCO Oncology Practice riporta i risultati di un’indagine condotta in un centro statunitense, mediante interviste semi-strutturate, condotte nel periodo compreso tra novembre 2019 e aprile 2020, con 20 pazienti.

Il lavoro era stato già presentato precedentemente in forma di comunicazione orale, che è possibile recuperare a questo indirizzo web: https://jdc.jefferson.edu/mphcapstone_presentation/329/
I pazienti coinvolti nelle interviste avevano ricevuto una televisita di oncologia medica, presso la Thomas Jefferson University.

Obiettivi dell’analisi erano la descrizione del punto di vista dei pazienti rispetto all’accettabilità della visita di telemedicina, e in particolare il punto di vista dei pazienti rispetto alla comunicazione, in telemedicina, di “bad news”.

Dei 20 partecipanti, 13 (pari al 65%) erano donne, e 15 (pari al 75%) erano bianchi. L’età media era pari a 60.5 anni.

Nelle interviste, i pazienti hanno identificato, come fattori in grado di influenzare l’accettabilità delle visite di telemedicina, e la loro soddisfazione, la convenienza (“comodità”), l’ansia, le problematiche legate alla pandemia.

Alcuni pazienti hanno evidenziato problemi nella connessione, limitazioni legate all’impossibilità di eseguire un esame fisico (almeno per quanto riguarda la palpazione) paragonabile a quello in presenza, e problematiche legate alla lunghezza della visita.

Come detto, un aspetto indagato in particolare dall’intervista era la preferenza rispetto alla comunicazione di notizie cattive rispetto all’andamento di malattia.

Alcuni dei pazienti hanno esplicitamente dichiarato, in caso di cattive notizie, di preferire la comunicazione mediante televisita, per motivi di privacy, di immediatezza della comunicazione dei risultati, di più facile elaborazione delle novità e di maggiore conforto e comodità potendo restare nel proprio contesto familiare. Altri pazienti, al contrario, hanno dichiarato di preferire gli incontri in presenza, per poter incontrare l’operatore faccia a faccia e per poter ricevere informazioni cartacee.

Molti medici, e molti pazienti, sostengono che la visita a distanza non potrà mai sostituire la visita in presenza. Questo è vero per molti aspetti, ma quest’affermazione non contraddice gli eventuali punti di forza dello sviluppo della telemedicina.

Sorprendentemente, nelle risposte commentate nel lavoro americano, molti pazienti hanno addirittura riferito di preferire la visita a distanza rispetto alla visita in presenza per la comunicazione e la discussione di cattive notizie relative alla propria malattia. Questo punto è apparentemente controintuitivo, e sottolinea come probabilmente non si possa adottare la telemedicina come modalità di interazione adatta per tutti i pazienti, ma che può essere scelta sulla base delle preferenze individuali, necessariamente diverse da paziente a paziente.

Nel 2020, in corrispondenza dell’inizio dell’emergenza pandemica, le società scientifiche si sono confrontate sull’opportunità rappresentata dalla telemedicina.

Il documento presentato in occasione della XV giornata nazionale del malato oncologico, con le proposte di AIOM, SICO, AIRO, FNOPI, SIPO e FAVO per superare l’emergenza COVID, recitava: “Nella fase di emergenza le visite di follow-up sono state convertite a contatti telefonici / telematici, che ovviamente non hanno la pretesa di sostituire le visite fisiche, ma hanno consentito la tempestiva discussione degli esami di laboratorio, degli esami strumentali e di eventuali segni e sintomi di malattia. Con l’inizio della fase 2, ridottasi la pressione in termini di assistenza ai pazienti COVID, rimane la necessità di riorganizzare i servizi sanitari nel rispetto delle misure di distanziamento e di protezione individuale. Pertanto, fermo restando che sia auspicabile un ritorno alle visite fisiche per i pazienti oncologici in corso di follow-up, sarà utile fare tesoro delle opportunità offerte dalla telemedicina e dai programmi di tele-consultazione dei malati di cancro con le strutture ospedaliere, attivati nella prima fase di emergenza.”

Le proposte contenute nel documento sopra citato erano:

  • Uniformare i programmi di telemedicina a livello nazionale. Tali programmi appaiono utili non solamente per i pazienti liberi da malattia e in follow-up, ma anche per i pazienti in trattamento attivo.
  • Adottare i patient-reported outcomes elettronici nella pratica clinica oncologica, in quanto associati a beneficio in termini di gestione tempestiva dei sintomi e delle tossicità dei trattamenti, di qualità di vita e soddisfazione del paziente, nonché in termini di riduzione degli accessi in pronto soccorso e ospedalizzazioni.
  • Assicurare l’integrazione delle piattaforme telematiche con i sistemi informatici del servizio sanitario, riconoscendo economicamente l’attività sanitaria svolta in telemedicina con l’inserimento di questa voce nei LEA.

La telemedicina rappresenta un’opportunità anche al di là dell’emergenza, e l’articolo americano ci ricorda che la soddisfazione dei pazienti deve sempre essere al centro dell’attenzione, al di là degli aspetti tecnici ed economici.

Probabilmente, guardando alle televisite come un’opportunità di integrazione e arricchimento del rapporto medico-paziente, invece che come a una semplice opportunità di sostituzione e di “surrogato”, si riuscirà a dare il giusto spazio a questa modalità di interazione nell’ambito dell’oncologia moderna.