Miscellanea
Martedì, 12 Ottobre 2021

Lockdown, COVID-19 e chirurgia oncologica: cosa è accaduto e cosa potrebbe ancora accadere

A cura di Fabio Puglisi

La chirurgia con intento radicale è di fondamentale importanza per il trattamento della maggioranza dei tumori solidi ma, in corso di emergenza COVID-19, le diverse misure restrittive (lockdown) hanno avuto varie ripercussioni: alcune misurabili, altre prevedibili.

COVIDSurg Collaborative. Effect of COVID-19 pandemic lockdowns on planned cancer surgery for 15 tumour types in 61 countries: an international, prospective, cohort study. Lancet Oncol 2021 (Epub ahead of print)

Le direttive dei ministeri della salute delle associazioni nazionali di chirurgia hanno indicato le priorità temporali per garantire un adeguato espletamento delle attività di chirurgia oncologica durante le restrizioni (lockdown) adottate per contenere la pandemia COVID-19.

Uno studio internazionale prospettico ha arruolato pazienti con indicazione a chirurgia ad intento radicale che erano in attesa dell’intervento durante la pandemia da SARS-CoV-2. I percorsi di cura sono stati tracciati prospetticamente. 

Disegno: Studio internazionale (466 ospedali in 61 paesi), prospettico, di coorte. 

Popolazione: 20.006 pazienti oncologici di età ≥18 anni per i quali era stata posta indicazione a chirurgia con intento radicale per patologia tumorale (15 tipi tumorali diversi) durante la pandemia COVID-19.

Misura di outcome: tempo alla chirurgia o ultimo follow-up (data cut-off: agosto 2020). 

È stato utilizzato un punteggio per definire la risposta dei singoli governi alla pandemia, definendo diverse categorie: restrizioni lievi (indice <20), lockdown moderato (20–60), lockdown completo (>60). 

Outcome primario: tasso di non-intervento (definito come la proporzione di pazienti non sottoposti a chirurgia secondo quanto pianificato).

Modelli proporzionali di regressione (Cox proportional-hazards regression models) sono stati utilizzati per testare le associazioni tra lockdown e non-intervento. 

Gli intervalli dalla diagnosi alla chirurgia sono stati confrontati sulla base dei diversi livelli di restrizione adottati dai governi.

Tra i pazienti per i quali era stata posta indicazione alla chirurgia, 2003 (10%) su 20.006 non hanno effettuato l’intervento dopo un follow-up mediano di 23 settimane (IQR 16–30). In tutti i casi di non intervento è stata riconosciuta una motivazione legata alla pandemia COVID-19.

In presenza di restrizioni lievi, il tasso di non intervento è stato dello 0.6% (26 su 4521), in caso di lockdown moderato del 5.5% (201 su 3646; adjusted hazard ratio [HR] 0.81, 95% CI 0.77–0.84; p<0.0001), e in caso di lockdown completo del 15% (1775 su 11.827; HR 0.51, 0.50–0.53; p<0.0001). 

Nelle analisi di sensibilità che hanno incluso aggiustamenti per i tassi di notifica dei casi di positività per SARS-CoV-2, il lockdown moderato (HR 0.84, 95% CI 0.80–0.88; p<0.001) e quello completo (HR 0.57, 0.54–0.60; p<0.001) hanno mantenuto il ruolo predittivo indipendente riguardo alla probabilità di non intervento. 

Il tasso di chirurgia oltre le 12 settimane dalla diagnosi in pazienti non sottoposti a terapia neoadiuvante è incrementato durante il lockdown (374 [9.1%] su 4521 in caso di restrizioni lievi, 317 [10.4%] su 3646 in caso di restrizioni moderate, 2001 [23.8%] su 11.827 in caso di restrizioni complete). Non sono state osservate differenze nel tasso di operabilità in base ai diversi intervalli dalla diagnosi all’intervento.

Alcune categorie di pazienti, considerate più vulnerabili (ad esempio, con PS scarso, comorbidità cardiovascolare, tumori in stadio più avanzato) hanno avuto una minore chance di ricevere l’intervento pianificato. 

Inoltre, gli interventi che richiedono una assistenza perioperatoria più intensiva, come quelli per il carcinoma esofageo o del pancreas, sono risultati a maggior rischio di cancellazione. 

I pazienti di paesi a standard socio-economico più basso hanno avuto una minore probabilità di ricevere la chirurgia durante il lockdown o i picchi di infezione da SARS-CoV-2, con un elevato coinvolgimentp di pazienti giovani (<50 anni). 

La chirurgia oncologica ha subito gli effetti del lockdown: un paziente su sette, nei paesi con maggiori restrizioni, non ha potuto sottoporsi all’intervento pianificato, sperimentando ritardi nella fase preoperatoria. 

Sebbene l’outcome a breve termine sembri non aver subito ripercussioni, i ritardi o i mancati interventi potrebbero rivelarsi deleteri in termini di prognosi a lungo termine. 

Lo studio ha implicazioni dirette su più piani: politico, organizzativo, clinico. 

In particolare, l’analisi ha rivelato la fragilità della chirurgia oncologica di elezione durante le misure di restrizione, particolarmente nei sistemi sanitari di paesi a basso e medio income. 

Leggendo i risultati in modo proattivo, le misure di rafforzamento in caso di ulteriori lockdown per COVID-19 o future pandemie dovrebbero prendere in considerazione: 

  • Una riorganizzazione complessiva attraverso percorsi COVID-19-free in grado di assicurare la continuità della chirurgia elettiva in sicurezza 
  • Un incremento della capacità di assorbimento (gestione) delle cure per acuti in corso di emergenze sanitarie
  • Sorveglianza più stretta per intercettare tempestivamente eventuali recidive