Miscellanea
Venerdì, 25 Febbraio 2022

Lungosopravviventi: quali nuovi bisogni? e da chi saranno presi in carico?

A cura di Giuseppe Aprile

Cancer survivors: numero globale (fortunatamente) in aumento, ma appaiono nuovi bisogni e crescita della domanda per servizi e supporto. Chi guiderà il percorso di cura di questi soggetti? E cosa ci aspetta nel prossimo ventennio?

Mariotto AB, Enewold L, Parsons H, Zeruto CA, Yabroff KR, Mayer DK. Workforce Caring for Cancer Survivors in the United States: Estimates and Projections of Utilization. J Natl Cancer Inst. 2022 Feb 16:djac036. doi: 10.1093/jnci/djac036

La presa in carico del lungosopravvivente è uno dei temi più complessi e dibattuti dell'oncologia moderna, che ha coinvolto numerosi specialisti in dibattiti di matrice semantica (come chiamiamo questi soggetti?), culturale, sociale, clinica e organizzativa. Se all'inizio degli anni 80 i lungosopravviventi erano poco più di 3 milioni, le stime parlano di oltre 40 milioni di soggetti nel 2040 (Shapiro CL, et al. N Engl J Med 2018), molti dei quali con una età adulto-anziana. Si stima che solo negli US, il numero di lungosopravviventi aumenterà del 50% nel prossimo quinquennio.

In Italia, il tema si innesta in un contesto sociale difficile e profondamente mutato negli ultimi 50 anni, dove ora il 35% delle famiglie sono costituite da un unico individuo e la popolazione degli over 60 ha abbondantemenete superato quella degli under 30, invertendo il trend anagrafico.

Il tema ha meritato non solo da una Linea Guida AIOM dedicata ai lungoviventi, ma è anche molto ben affrontato dal recente volume "Guariti e Cronici", curato dall'amico Paolo Tralongo.

In questo contesto, dove il concetto di sopravvivenza relativa condizionata si integra alle informazioni prognostiche delle singole patologie e alla continua innovazione terapeutica, va letto il lavoro recentemente pubblicato su JNCI che analizza il bisogno (e il consumo) di risorse sanitarie da parte di questa nuova classe di soggetti, utilizando i database del SEER-Medicare e focalizzandosi su soggetti con almeno 65 anni di età. Sono infatti stimati i numeri di visite e consulti richiesti da ogni individuo lungosopravvivente e i momenti nei quali c'è un maggiore bisogno di controlli. Certamente, i soli oncologi clinici non saranno sufficienti a coprire i fabbisogni di questa popolazione.

 

I lungosopravviventi (cancer survivors) sembrano avere due picchi in cui si concentrano i fabbisogni di valutazioni cliniche: durante il primo anno dopo la diagnosi - o dopo il termine del trattamento oncologico - e poi a 10 anni dalla diagnosi. Si assiste invece ad un decremento progressivo della necessità di consulti tra il secondo e il sesto anno dopo la diagnosi.

Nel primo anno dopo la diagnosi i consulti sono erogati da un oncologo clinico (59% dei casi), da un medico di medicina primaria (primary care physician, 55%) o da un altro specialista coinvolto nella gestione di pazienti oncologici (42%). 

Dopo un decennio dalla diagnosi oltre il 20% dei lungosopravviventi ricorre nuovamente allo specialidsta oncologo, con una mediana di 4 visite/anno.

La tipologia di pazienti che con maggiore frequenza richiedono nuove valutazioni a lungo termine sono pazienti già diagnosticati con una neoplasia gastrointestinale, mammaria, ginecologica, ematologica, polmonare o cerebrale.

le proiezioni lasciano supporre che i pazienti lungosopravviventi che ricorreranno ai consulti oncologici aumenterà del 25% entro il 2030 e del 40% entro il 2040.

Sebbene lo studio abbia dei limiti connessi alle estrazioni di informazioni da un database molto "americanocentrico" e consideri solamente popolazione con oltre 65 anni alla diagnosi, evidenzia che la presa in carico del soggetto oncologico lungosopravvivente sia un problema davvero importante.

Lo IOM (institute of Medicine) individua quattro aree nelle quali concentrare gli sforzi della comunità scientifica: 1) la prevenzione delle recidive e delle seconde neoplasie; 2) il rapporto rischio/beneficio delle indagini per detreminare la comparsa di recidive o secondi turmori, ivi inclusi studi di farmacoeconomia; 3) la complessità organizzativa degli interventi clinici e psicosociali per controllare le complicanze e gli effetti a lungo termine; 4) il coordinamento multidisciplinare e multiprofessionale per quello che inzialmente definito "survivorship care plan" ora è meglio identificato come "precision survivorship program" (gli oncologi non saranno in numero sufficiente per farlo da soli).

Identificare i nuovi bisogni assistenziali di questa crescente popolazione - bisogni espliciti o nascosti - è fondamentale, anche nell'ottica della moderna oncologia territoriale. Una lista esaustiva certamente travalica il compito di un semplice tweet, ma valutare con attenzione la fatigue a lungo termine, lo stato nutrizionale e la riabilitazione fisica, la salute articolare e dell'osso, le alterazioni del sistema endocrino, la neurotossicità residua sensoriale e cognitiva, i disturbi del sonno, quelli dell'umore ed il distress psicologico, unitamente alle difficoltà finanziarie e alla reintroduzione del soggetto alla vita sociale e lavorativa sono già alcuni spunti di riflessione.