Miscellanea
Domenica, 28 Settembre 2025

Oltre DPYD: analisi genetica estesa per prevenire la tossicità da fluoropirimidine

A cura di Fabio Puglisi

Le fluoropirimidine sono farmaci cardine nella terapia di diversi tumori solidi, ma la loro efficacia è spesso limitata dall’insorgenza di tossicità gravi, talvolta potenzialmente letali. L’analisi genotipica preventiva delle principali varianti del gene DPYD è oggi utilizzata per ridurre questo rischio, ma riesce a identificare solo una minoranza delle condizioni realmente a rischio. Rimane quindi aperto un interrogativo cruciale: come intercettare quella quota consistente di pazienti che sviluppano eventi avversi nonostante un profilo genetico “negativo” ai test standard? Un gruppo di ricercatori italiani ed europei ha affrontato questo problema conducendo un’analisi prospettica multicentrica su pazienti trattati con fluoropirimidine, esplorando non solo DPYD, ma un ampio pannello di geni coinvolti nel metabolismo, trasporto e risposta al danno indotto da questi farmaci. L’obiettivo: verificare se l’inclusione di varianti rare o ultrarare in geni multipli possa migliorare la capacità predittiva rispetto all’approccio attuale.

De Mattia E, et al. Integration of germline pharmacogenomic burden to predict fluoropyrimidine-related toxicity - A secondary analysis of the PREPARE trial. Oncogene. 2025 Sep 25. doi: 10.1038/s41388-025-03587-7. 

La variabilità individuale nella risposta ai farmaci è influenzata da polimorfismi germinali. Nel caso delle fluoropirimidine (5-fluorouracile e capecitabina), la diidropirimidina deidrogenasi (DPD), codificata da DPYD, è l’enzima chiave nel metabolismo. Quattro varianti specifiche (DPYD *2A, *13, c.2846A>T, HapB3) sono testate clinicamente per guidare il dosaggio, ma spiegano solo il 17% circa dei casi di tossicità grave. Evidenze recenti suggeriscono che fino al 40% della variabilità farmacogenetica sia legata a varianti rare, difficilmente rilevabili con i test convenzionali.
Allo studio hanno partecipato pazienti con tumori solidi trattati con fluoropirimidine, somministrate come monoterapia o in associazione ad altri agenti (oxaliplatino, irinotecan). Sono stati selezionati 274 pazienti: 143 che avevano sviluppato tossicità ≥grado 3 entro i primi tre mesi e 131 che non avevano presentato tossicità significativa. Tutti erano negativi per le quattro varianti DPYD più note.
Il DNA è stato analizzato con un pannello NGS mirato a 60 geni coinvolti in: metabolismo dei farmaci, trasporto transmembrana, pathway del folato, regolazione trascrizionale e riparazione del DNA. Sono state considerate varianti rare (frequenza allelica <1%) e nuove, con attenzione a quelle potenzialmente funzionali (missenso, frameshift, stop-gain, splice-site).
Le analisi statistiche hanno incluso il calcolo di un Gene-Wise Variant Burden (GVB) score per quantificare l’impatto cumulativo delle varianti. Per la predizione clinica, sono stati costruiti tre modelli: clinico, genetico e combinato. La validazione è stata effettuata con cross-validation stratificata, utilizzando la regressione logistica.

Tra i pazienti del gruppo “tossicità”, il 73.4% ha sviluppato eventi di grado 3, il 20.2% di grado 4 e l’1.4% di grado 5.
L’analisi delle varianti ha mostrato che circa il 70% era raro o ultrararo, con quasi la metà presente in un solo individuo.
In DPYD sono state trovate 10 varianti funzionali non incluse nei test standard: considerate nel loro insieme, hanno mostrato un’associazione marginale con la tossicità (p<0.1).
Quattro geni hanno mostrato associazioni significative con eventi gravi:

  • ABCB5 (burden test p=0.0027; SKAT-O p=0.0052; OR=4.8; 95%CI:1.7–13.3; p=0.0028)
  • PARP1 (p=0.0058–0.0087)
  • ENOSF1 (p=0.0105–0.0178)
  • CYP3A4 (p=0.0488)

A livello di pathway, i recettori nucleari hanno mantenuto significatività anche dopo correzione multipla (q=0.0302).

Il GVB ha confermato ABCB5 come gene di rischio, e ha identificato ABCC4 e HNF4A come candidati, insieme a XRCC3 (quest’ultimo con effetto protettivo).


Nei modelli predittivi:

  • il modello clinico (AUC=0.60±0.06) ha mostrato sensibilità 0.76 e specificità 0.46;
  • il modello genetico (AUC=0.62±0.07) sensibilità 0.62 e specificità 0.73;
  • il modello combinato ha raggiunto la miglior performance (AUC=0.66±0.066; sensibilità 0.71; specificità 0.74; accuratezza 0.73; PPV 0.75).

Nella simulazione su 10.000 pazienti, l’approccio standard con analisi genotipica dei soli DPYD avrebbe identificato 73 casi su 2520 (sensibilità 2.9%), mentre il modello combinato ne avrebbe riconosciuti 1814 (sensibilità 71%), pur riducendo la specificità al 74%.

Il lavoro dimostra che la tossicità da fluoropirimidine non può essere compresa interamente con l’analisi di poche varianti comuni di DPYD. L’integrazione di varianti rare in geni multipli, appartenenti a pathway di metabolismo, trasporto, riparo del DNA e regolazione trascrizionale, combinata con dati clinici, consente di costruire un modello predittivo più robusto. Questo approccio apre la strada a una vera individualizzazione della terapia, capace di ridurre il numero di pazienti esposti a tossicità impreviste.
Tra i punti di forza spiccano l’uso di tecniche NGS avanzate, un disegno prospettico e l’applicazione di modelli statistici rigorosi. La simulazione su larga scala conferisce ulteriore valore, mostrando l’impatto clinico potenziale. Tuttavia, la numerosità limitata e l’assenza di una validazione indipendente riducono la generalizzabilità dei risultati. Inoltre, il calo di specificità del modello combinato implica un maggior rischio di sorveglianza non necessaria.
In prospettiva, studi multicentrici più ampi e validazioni indipendenti saranno necessari per confermare l’utilità di pannelli genetici estesi e definire come modulare i dosaggi in base a questi nuovi marcatori. L’idea centrale rimane che la tossicità da fluoropirimidine sia espressione di un “carico genetico” complesso, che deve essere analizzato in modo sistematico per poter tradurre la farmacogenomica in una pratica clinica realmente personalizzata.