Miscellanea
Lunedì, 27 Maggio 2024

Partecipare ad uno studio clinico è di per sé associato a un beneficio in sopravvivenza?

A cura di Massimo Di Maio

Spesso si dice che la partecipazione a uno studio garantisce miglior outcome ai pazienti, non solo per l’eventuale efficacia maggiore del trattamento sperimentale, ma anche per la qualità delle procedure e dell’assistenza. Una metanalisi pubblicata su JAMA ha voluto verificare questa affermazione.

Iskander R, Moyer H, Vigneault K, Mahmud SM, Kimmelman J. Survival Benefit Associated With Participation in Clinical Trials of Anticancer Drugs: A Systematic Review and Meta-analysis. JAMA. Published online May 20, 2024. doi:10.1001/jama.2024.6281

Partecipare a una sperimentazione clinica rappresenta un’importante opportunità per i pazienti oncologici. In molti setting, l’outcome associato ai trattamenti standard disponibili nella pratica clinica non è ottimale, e quindi la partecipazione a uno studio può rappresentare un’opportunità per il singolo paziente, oltre che ovviamente per la comunità scientifica che si beneficerà dei risultati.

D’altra parte, i trattamenti sperimentali, per definizione, hanno un’efficacia non ancora ben definita, che auspicabilmente potrebbe essere migliore dello standard, ma non è garantito che lo sia.

Spesso si dice che la partecipazione a uno studio garantisce miglior outcome ai pazienti, non solo per l’eventuale efficacia maggiore del trattamento sperimentale, ma anche per la qualità delle procedure e dell’assistenza. Quanto questo sia un luogo comune e quanto corrisponda a verità è da dimostrare.

A tale scopo, gli autori dell’articolo pubblicato a maggio 2024 sulle pagine di JAMA hanno condotto una revisione sistematica e metanalisi delle evidenze che confrontassero l’outcome dei pazienti partecipanti a studi clinici rispetto ai pazienti trattati nella pratica clinica, al di fuori degli studi.

Allo scopo di raccogliere l’evidenza disponibile per la metanalisi, gli autori hanno ricercato gli studi su PubMed e Embase, a partire dal 2000 all’agosto 2022, e hanno anche consultato le referenze dei lavori identificati nonché la lista dei lavori che hanno citato quelli identificati.

Per considerare eleggibili i lavori, questi ultimi dovevano confrontare la sopravvivenza globale (OS, overall survival) dei pazienti partecipanti agli studi clinici di trattamenti antitumorali rispetto ai pazienti trattati nella pratica clinica. Outcome principale era l’hazard ratio della sopravvivenza globale.

Naturalmente, dal momento che la partecipazione a uno studio presuppone il rispetto di criteri di eleggibilità alcuni dei quali ovviamente associati a una miglior prognosi (ad esempio buon performance status), un confronto tout-court tra i due gruppi di pazienti rischia di evidenziare un vantaggio a favore dei pazienti trattati negli studi, che in realtà è semplicemente dovuto alla selezione prognostica. Quindi, gli autori si sono preoccupati non solo di riassumere tutta l’evidenza disponibile, ma anche valutare i tentativi di correzione del bias prognostico messi in atto nelle singole pubblicazioni (es. tecniche di matching, analisi multivariate etc.).

Gli autori si sono anche preoccupati di correggere l’analisi per eventuale bias di pubblicazione (è probabile che un’analisi che dimostri una differenza a favore dei pazienti trattati in studio tenda a essere sottomessa e accettata per la pubblicazione più facilmente di un’analisi che non evidenzi alcuna differenza).

Sono state incluse 39 pubblicazioni, per un totale di 85 confronti tra i pazienti partecipanti agli studi e i pazienti trattati nella pratica clinica.

La metanalisi di tutta l’evidenza disponibile ha documentato un vantaggio statisticamente significativo in sopravvivenza globale a favore dei pazienti partecipanti agli studi clinici (hazard ratio 0.76, intervallo di confidenza al 95% 0.69-0.82). Tale risultato, come detto, includeva tutti gli studi, indipendentemente dalla qualità e dalle correzioni del bias di selezione.

Peraltro, quando l’analisi era limitata agli studi che avevano tentato una correzione del bias prognostico, il beneficio in termini di sopravvivenza globale risultava diminuito rispetto alla suddetta analisi complessiva (hazard ratio 0.85, intervallo di confidenza al 95% 0.75-0.97).

Il vantaggio in sopravvivenza a favore dei pazienti trattati negli studi diventava non significativo quando venivano inclusi nell’analisi solo gli studi di buona qualità (Hazard Ratio 0.91, intervallo di confidenza al 95% 0.80-1.05).

Il vantaggio in sopravvivenza a favore dei pazienti trattati negli studi diventava non significativo anche quando le stime erano corrette per il potenziale bias di pubblicazione (hazard ratio 0.94, intervallo di confidenza al 95% 0.86-1.03).

Sulla base dei risultati sopra riportati, gli autori concludono che effettivamente molti studi suggeriscono un beneficio in termini di sopravvivenza globale per i pazienti partecipanti agli studi clinici, ma che tale differenza si attenua o scompare quando si adottano misure di correzione dell’analisi per ridurre il bias di selezione o quando si limita l’analisi agli studi di buona qualità.

Come interpretare questi risultati? Deludenti? Certo, possono essere considerati deludenti se ci si fosse aspettati da questo studio la conferma del “luogo comune” (pregiudizio) che varie volte si ripete in contesti scientifici, cioè che la partecipazione ad uno studio corrisponde alla miglior opzione terapeutica per ciascun paziente oncologico.

Io suggerisco però una lettura più serena di questi risultati. Le casistiche sono tanto eterogenee tra loro per tipologia di pazienti e tipologia di studi clinici che le differenze esistenti in alcuni setting rischiano di essere diluite dall’assenza di differenze in altri. Gli autori, nella discussione del paper, commentano nel dettaglio i limiti dell’analisi. A prescindere dal risultato di questa analisi, possiamo continuare a proporre con convinzione ai nostri pazienti la partecipazione agli studi clinici come una buona opportunità individuale oltre che come un “servizio” alla comunità scientifica.

Nelle conclusioni del lavoro, gli autori suggeriscono una lettura “positiva” dei risultati: possono essere rassicuranti per i pazienti che, per impossibilità di recarsi presso il centro sperimentale o per altri motivi, non possono accedere ad un protocollo di studio clinico. I risultati dello studio suggeriscono che questo non pregiudica necessariamente il loro outcome.