Miscellanea
Sabato, 28 Agosto 2021

Comunicazione tra oncologo e paziente nell’era dell’oncologia di precisione: quali punti deboli?

A cura di Massimo Di Maio

Due interessanti pubblicazioni sulla rivista The Oncologist affrontano 2 diversi aspetti della comunicazione tra medico e paziente nell’era dell’oncologia di precisione. Quanto capiscono i pazienti dei termini relativi alle analisi molecolari? E quanta informazione viene recepita relativamente ai risultati?

Wing SE, Hu H, Lopez L, Solomon I, Shen J, Raquel C, Sur M, Chao J, Cristea M, Fakih M, Mortimer J, Pal S, Reckamp K, Yuan Y, Gray SW. Recall of Genomic Testing Results Among Patients with Cancer. Oncologist. 2021 Aug 6. doi: 10.1002/onco.13928. Epub ahead of print. PMID: 34355454.

Blee SM, Shah RP, Pinheiro APM, Switchenko J, Dixon M, Owonikoko TK, Hill CE, Szabo SM, Pentz RD. Physician Communication and Patient Understanding of Molecular Testing Terminology. Oncologist. 2021 Aug 9. doi: 10.1002/onco.13930. Epub ahead of print. PMID: 34369626.

Nell’oncologia moderna, è nettamente aumentata la percentuale di pazienti che, alla diagnosi o in altri momenti della storia di malattia, vengono sottoposti a test molecolari, sul tessuto tumorale o sul sangue. In molti casi, tali test hanno delle potenziali ripercussioni per le decisioni terapeutiche, implicando l’eleggibilità per trattamenti a bersaglio molecolare, e in caso di alterazioni germinali hanno anche delle importanti implicazioni per il rischio oncologico sia del paziente che dei suoi familiari.

Di conseguenza, l’adeguata comunicazione è fondamentale, sia al momento dell’acquisizione del consenso all’esecuzione dei test, sia al momento della discussione dei risultati.

Tuttavia, i punti deboli non mancano. Due studi, pubblicati a breve distanza di tempo sulla medesima rivista, si concentrano su 2 aspetti importanti: la comprensione da parte dei pazienti della terminologia, spesso necessariamente tecnica, impiegata dai medici al momento della discussione dell’opportunità di eseguire i test, e la reale comprensione da parte dei pazienti dei risultati dei test stessi.

Nel dettaglio, lo studio di Blee e colleghi aveva l’obiettivo di descrivere la modalità con la quale gli oncologi spiegano ai pazienti le analisi molecolari, esplorando al tempo stesso quanto i pazienti capiscono relativamente alla terminologia usata.

A questo scopo, gli autori hanno preso in esame 60 conversazioni tra oncologo e paziente, relativamente alla conduzione di analisi molecolari. Tutti i termini tecnici impiegati dall’oncologo sono stati annotati, registrando se il medico accompagnava l’impiego del termine tecnico con una spiegazione.
Successivamente, i pazienti sono stati intervistati per valutare la loro comprensione dei termini tecnici.

Lo studio di Wing e colleghi aveva invece l’obiettivo di valutare quanto rimanga ai pazienti relativamente all’esecuzione dei test molecolari, e ai loro risultati.  A tale scopo, gli autori hanno condotto una survey con 85 pazienti seguiti presso un centro di riferimento oncologico.

Avendo a disposizione i risultati dei test molecolari, riportati nelle cartelle cliniche, gli autori hanno potuto valutare la corrispondenza tra tali risultati e quanto riferito dai pazienti in termini di :

  • Consapevolezza di essere stati sottoposti a test molecolare somatico oppure germinale;
  • Conoscenza dei risultati del test, anche in termini di specifica alterazione molecolare in caso di risultato positivo.

Nello studio di Blee e colleghi, nell’ambito delle 60 conversazioni gli oncologi hanno usato 61 termini tecnici, classificabili in 7 “domini”: termini genetici di base (es. DNA, oppure genoma, oppure recettore); biomarker; mutazione driver; test molecolare; variante patogenica (ad esempio mutazione, oppure alterazione etc.); risultati del test; terapia target.

Meno della metà dei pazienti (21 su 43, pari al 48.8%) con i quali era stato usato il termine “mutazione” dimostravano poi di aver compreso il significato del termine.

Leggermente superiore è risultata la comprensione dei termini “testing genetico” e “gene”: rispettivamente 8 pazienti su 15 (pari al 53.3%) e 22 pazienti su 39 (pari al 56.4%) dimostravano di aver compreso il significato di tali termini.

Il termine “DNA”è risultato ben compreso (12 pazienti su 15, pari all’80%).

Gli autori non hanno evidenziato un incremento significativo della comprensione da parte dei pazienti quando l’oncologo provava a definire il termine durante la conversazione.

Nello studio di Wing e colleghi, circa il 30% degli 85 pazienti intervistati non ricordava di essere stato sottoposto a un test molecolare.

Tra i pazienti che ricordavano di essere stati sottoposti a un test molecolare, una percentuale elevata di pazienti (44% di quelli con una mutazione germinale certamente o verosimilmente patogenica, e 57% dei pazienti con alterazioni somatiche), non ricordava quale fosse l’alterazione riscontrata.

E’ evidente che i 2 studi portano alla nostra attenzione aspetti molto importanti nella comunicazione tra oncologo e paziente.

I risultati dello studio di Blee dimostrano che, anche quando l’oncologo si sforza di “spiegare” meglio i termini tecnici, il paziente potrebbe non comprendere del tutto il significato delle analisi.

Le società scientifiche si sono sforzate di produrre del materiale informativo che aiuti i pazienti nella comprensione delle innovazioni sia diagnostiche che terapeutiche in ambito oncologico. Ad esempio, la pubblicazione “Terapie mirate: 100 domande 100 risposte” di AIOM (https://www.aiom.it/wp-content/uploads/2018/09/2018_100domande-terapie.pdf) contiene, in un linguaggio divulgativo, molte informazioni anche sull’aspetto diagnostico legato alle analisi molecolari.

Naturalmente, alcuni pazienti potrebbero consapevolmente rinunciare a capire i dettagli dei test che vengono eseguiti, “accontentandosi” di sapere che sono necessari per la miglior decisione terapeutica. Da questo punto di vista, questi ultimi non si sentirebbero penalizzati dalla mancata comprensione dell’informazione. Al contrario, possono esserci dei pazienti che gradirebbero avere maggiore comprensione anche degli aspetti diagnostici, e che pertanto percepiscono la comunicazione subottimale come un problema.

I risultati della survey di Wing dimostrano invece che molto spesso, pur essendo stato informato, il paziente non ricorda di essere stato sottoposto a test molecolari, e spesso, anche in caso di un risultato positivo, non sa riferire l’alterazione che è stata riscontrata.

Si potrebbe obiettare che, se tutte le informazioni sono adeguatamente riportate nella cartella clinica e nella documentazione in possesso del paziente, gli altri sanitari potranno agevolmente risalire alle suddette informazioni. E’ importante quindi che, indipendentemente dalla consegna di moduli informativi e dei risultati dei test, queste informazioni siano accuratamente riportate nelle lettere in possesso dei pazienti, così da essere sempre facilmente reperibili e consultabili indipendentemente dalla consapevolezza del paziente e dal suo grado di comprensione delle informazioni.

Peraltro, le carenze di comprensione e di recepimento dei risultati, evidenziate dalle 2 pubblicazioni prese in esame, dimostrano che l’obiettivo di una maggiore consapevolezza da parte dei pazienti del significato dei test e dei loro risultati non è certamente un obiettivo facilmente ottenuto in tutti i casi.