Miscellanea
Sabato, 10 Aprile 2021
Attivo

Quanti obiettivi principali ha uno studio clinico? Di regola uno, ma spesso non è così…

A cura di Massimo Di Maio

Negli ultimi anni sta aumentando l’adozione di più di un endpoint primario negli studi clinici condotti in oncologia. Quasi sempre si tratta di sopravvivenza libera da progressione e sopravvivenza globale. Cosa comporta questo per il disegno e l’interpretazione dei risultati?

Zichi C, Paratore C, Gargiulo P, Mariniello A, Reale ML, Audisio M, Bungaro M, Caglio A, Gamba T, Perrone F, Di Maio M. Adoption of multiple primary endpoints in phase III trials of systemic treatments in patients with advanced solid tumours. A systematic review. Eur J Cancer. 2021 Apr 3;149:49-60. doi: 10.1016/j.ejca.2021.03.007. Epub ahead of print. PMID: 33823362.

L’endpoint primario di uno studio clinico è quello su cui si basa l’ipotesi principale, e quindi il dimensionamento del campione, e di conseguenza è l’endpoint il cui risultato condiziona l’interpretazione dello studio. Di regola, in uno studio di fase III, l’endpoint primario è rappresentato da una variabile che esprime, per gli autori ma anche per la comunità scientifica che legge e interpreta i risultati, un beneficio per il paziente e una dimostrazione del valore del trattamento sperimentale.

Anche le autorità regolatorie concordano che, nella maggior parte dei casi, un singolo endpoint dovrebbe essere sufficiente. Negli ultimi anni, in molti casi gli studi randomizzati di fase III in ambito oncologico sono stati disegnati con più di un endpoint primario, e questo rappresenta un aspetto metodologico interessante sia per il disegno che per l’interpretazione dei risultati.

Secondo l’EMA, quando si ritenga che 2 endpoint sono entrambi cruciali per l’interpretazione del risultato, si può parlare di “coprimary endpoints”. In questo caso, lo studio è positivo se e solo se entrambi gli endpoint sono positivi, e quindi basta che uno dei 2 risultati sia negativo per dover interpretare negativamente lo studio. Dal momento che basta la negatività di uno degli endpoint per condizionare il risultato, non è necessaria correzione dell’errore alfa (rischio di falso positivo) per la molteplicità dei test. Al contrario, quando è sufficiente che uno oppure l’altro degli endpoint sia soddisfatto per definire positivo lo studio, NON si dovrebbe usare il termine di “coprimary” ma di “endpoint primari multipli”, e dal momento che ci sono più “chances” di considerare positivo lo studio, è necessaria la correzione dell’errore alfa per la molteplicità dei test.

Allo scopo di descrivere la frequenza dell’adozione degli endpoint primari multipli negli studi randomizzati di fase III pubblicati in oncologia, è stata condotta una revisione sistematica dei lavori pubblicati nel periodo compreso tra gennaio 2017 e giugno 2020, quindi in 3 anni e mezzo.

Obiettivi dell’analisi erano:

  • La descrizione dell’incidenza di endpoint primari multipli negli studi randomizzati di fase III condotti nei pazienti con tumori solidi avanzati;
  • La descrizione delle caratteristiche degli studi con endpoint primari multipli;
  • La presenza di risultati maturi per tutti gli endpoint primari nella pubblicazione primaria;
  • La coerenza tra i risultati di ciascuno degli endpoint primari e le conclusioni complessive degli autori.

In accordo con la suddetta distinzione operata dall’EMA, gli studi sono stati analizzati per la presenza del termine “coprimary” e per la eventuale correzione dell’errore alfa per la molteplicità dei test, allo scopo di descrivere la coerenza della metodologia con quanto raccomandato dall’agenzia regolatoria.

Da questo punto di vista, gli studi con endpoint primari multipli sono stati divisi in 2 gruppi:

  • Studi con coprimary endpoints, in cui il successo dello studio dovrebbe dipendere dalla positività di tutti gli endpoints, e non sarebbe necessaria correzione dell’errore alfa;
  • Studi con endpoint multipli corrispondenti a chances multiple di positività del risultato, in cui sarebbe necessaria la correzione per la molteplicità.

Su un totale di 235 studi clinici eleggibili per l’analisi, sono stati identificati 27 studi con endpoint primari multipli, pari al 12%.

Nella maggior parte dei casi, gli endpoint primari multipli erano la sopravvivenza globale (overall survival, OS) e la sopravvivenza libera da progressione (progression-free survival, PFS).

La proporzione di studi con endpoint multipli è aumentata nel tempo, passando dal 6% degli studi pubblicati nel 2017 al 20% degli studi pubblicati nel 2020 (p = 0.025).

Endpoint primari multipli sono adottati più frequentemente negli studi profit rispetto agli studi no-profit (16% rispetto al 4%, p = 0.006).

La proporzione di studi con endpoint primari multipli non è risultata significativamente diversa nei vari tipi di tumore solido e nei vari setting analizzati, essendo pari al 13% negli studi di prima linea e all’8% negli studi di seconda linea e successive linee.

La proporzione di studi con endpoint primari multipli è risultata particolarmente elevata negli studi di immunoterapia (53% rispetto a percentuali nettamente più basse con la chemioterapia, le terapie ormonali e le terapie a bersaglio molecolare, p < 0.00001).

10 studi dei 27 (pari al 37%) adottavano un’esplicita definizione di endpoint coprimary, ma solo 1 di quei 10 studi dichiarava esplicitamente che la positività dello studio era subordinata alla positività di entrambi gli endpoint. Gli altri 9, pur parlando di coprimary, adottavano una correzione dell’errore alfa, di fatto consentendo l’interpretazione positiva dello studio per la positività anche di uno solo degli endpoint.

In 4 casi su 27, la pubblicazione non conteneva i risultati di entrambi gli endpoint. In particolare, quelle 4 pubblicazioni contenevano solo il dato di progression-free survival, senza ancora avere dati maturi di overall survival.
Di 21 pubblicazioni con conclusioni degli autori positive, solo 12 avevano un risultato statisticamente significativo in entrambi gli endpoint primari.

La revisione sistematica della letteratura ha confermato che l’adozione di endpoint primari multipli negli studi randomizzati di fase III condotti in oncologia è tutt’altro che trascurabile, riguardando più di 1 studio su 10, con un trend in aumento negli ultimi anni.

La descrizione delle caratteristiche degli studi evidenzia che endpoint primari multipli vengono più spesso adottati negli studi registrativi promossi dall’azienda farmaceutica, e che il “boom” del loro impiego è coinciso con l’aumento degli studi di immunoterapia.

Anche se le autorità regolatorie (e EMA in particolare) hanno adottato una posizione chiara sulla metodologia degli studi con endpoint multipli, la revisione denuncia che spesso c’è confusione, anche in pubblicazioni su riviste prestigiose, nell’impiego dei termini e nell’applicazione della metodologia. Quasi mai gli studi con “coprimary endpoints” rispettano la filosofia di questo termine, che presupporrebbe la crucialità di entrambi gli endpoint per l’interpretazione del risultato. Quasi sempre, invece, lo studio adotta PFS e OS e lo studio può essere definito positivo se la PFS è positiva, indipendentemente dalla positività della sopravvivenza globale.

Questo è particolarmente discutibile in setting dalla prognosi modesta, come la maggior parte degli studi condotti in seconda linea o linee successive, dove a nostro avviso la sopravvivenza globale dovrebbe rimanere l’unico endpoint clinicamente cruciale per definire la positività del risultato. Al contrario, vari studi condotti in seconda linea negli ultimi anni hanno adottato PFS e OS come endpoint multipli, con relativa correzione dell’errore alfa, allo scopo di dichiarare la positività dello studio anche in caso di sola positività della PFS.

Certamente la PFS ha il vantaggio di consentire risultati più veloci e non “influenzati” dai trattamenti successivi. Peraltro, volendo adottare endpoint multipli, una soluzione accettabile potrebbe essere, a nostro avviso, subordinare la positività dello studio a un risultato positivo sia in PFS che in qualità di vita, ma questa scelta, nella serie di studi presa in considerazione, non si è mai verificata.

Si tratta apparentemente di aspetti “tecnici” del disegno e della lettura degli studi, ma in realtà invece si tratta di un aspetto dalle importanti implicazioni pratiche per la interpretazione della rilevanza dei risultati e per la loro applicazione nella pratica clinica.

Grazie a tutti i giovani che hanno reso possibile questo lavoro!