Miscellanea
Sabato, 01 Ottobre 2022

Radioterapia stereotassica per la malattia oligometastatica: quanta è la tossicità?

A cura di Massimo Di Maio

Uno studio a braccio singolo rassicura sull’incidenza di eventi tossici in pazienti sottoposti a radioterapia stereotassica, per vari tipi di tumore, sulla sede o le sedi di localizzazione metastatica. Il trattamento si conferma fattibile, ma uno studio a braccio singolo non poteva (e non voleva) quantificarne l’efficacia.

Olson R, Jiang W, Liu M, et al. Treatment With Stereotactic Ablative Radiotherapy for Up to 5 Oligometastases in Patients With Cancer: Primary Toxic Effect Results of the Nonrandomized Phase 2 SABR-5 Clinical Trial. JAMA Oncol. Published online September 29, 2022. doi:10.1001/jamaoncol.2022.4394

Negli ultimi anni, è molto cresciuto l’interesse per i trattamenti locali (in particolare per la radioterapia stereotassica) nel controllo della malattia oligometastatica.

Peraltro, i risultati dello studio SABR-COMET hanno sollevato un certo dibattito sul rischio di eventi avversi con il trattamento radiante, in considerazione della percentuale di tossicità che in quello studio è risultata tutt’altro che trascurabile.

Lo studio pubblicato da JAMA Oncology descrive l’outcome di un numero elevato di pazienti (381) trattati in 6 centri della Columbia Britannica in Canada con radioterapia stereotassica per malattia oligometastatica o in oligoprogressione.

Gli autori sottolineano che il bias di selezione dovrebbe essere molto modesto in quanto tutti i pazienti candidati a ricevere radioterapia stereotassica sono stati inseriti in questo studio, in quanto non potevano ricevere il trattamento al di fuori di studi clinici.

I pazienti erano eleggibili in caso di indicazione al trattamento stereotassico su un massimo di 5 metastasi.

Obiettivo primario era la descrizione degli eventi avversi associati al trattamento stereotassico.

Dei 381 pazienti inseriti nello studio, 122 erano donne (pari al 32%), con un’età media di 68 anni.

I tumori più comuni tra i pazienti inseriti nello studio erano il tumore della prostata (32%), tumore del colonretto (17%), tumore della mammella (11%) e tumore del polmone (9%).

Il numero di sedi irradiate è stato pari a 1 in oltre due terzi dei casi, a 2 nel 22% e a 3 o più solo nel 10% dei casi. Le sedi più frequenti di lesioni irradiate erano il polmone (34%), l’osso su sedi diverse dalla colonna (25%), la colonna (16%), i linfonodi (14%), il fegato (5%) e il surrene (3%).

La proporzione di pazienti che hanno riportato tossicità relative al trattamento stereotassico è stata pari a:

  • 14.2% di grado 2 (intervallo di confidenza al 95% 10.7%-17.7%);
  • 4.2% di grado 3 (intervallo di confidenza al 95%, 2.2%-6.2%);
  • 0% di grado 4;
  • 0.3% di grado 5 (intervallo di confidenza al 95%, 0%-0.8%),

A 2 anni, l’incidenza cumulativa di eventi tossici relativi al trattamento è risultata pari all’8% per eventi di grado 2 o peggiore, e pari al 4% per eventi di grado 3 o peggiore.

Sulla base dei risultati sopra sintetizzati, gli autori concludono che l’incidenza di tossicità rilevante osservata in questo studio di fase 2 a singolo braccio con la somministrazione di radioterapia stereotassica su sedi oligometastatiche è stata rassicurante, rispetto all’allarmante proporzione di eventi avversi osservata nello studio SABR-COMET.

Naturalmente, questo risultato è rassicurante in termini di fattibilità e tossicità del trattamento, ma non aggiunge elementi definitivi in termini di efficacia della strategia terapeutica. Le conclusioni degli autori sono prudenti, in quanto si limitano a dire che i risultati supportano la fattibilità del trattamento stereotassico e la produzione di ulteriori dati di efficacia nel contesto di studi randomizzati di fase 3.

Queste conclusioni sintetizzano bene il principale problema metodologico relativo agli studi con i trattamenti locali per la malattia oligometastatica: spesso gli studi clinici si sono limitati alla dimostrazione di fattibilità senza dimostrazione definitiva di efficacia. Senza dubbio, la conduzione di studi clinici in questo setting è più complessa rispetto agli studi condotti con il solo trattamento sistemico, per difficoltà nella selezione dei pazienti, nella standardizzazione dei trattamenti, nel coinvolgimento multicentrico per garantire adeguata numerosità. Peraltro, questi studi sono importanti perché concorrono a definire meglio il ruolo dei trattamenti locali nei pazienti con malattia metastatica.

L’unico caso di evento letale, possibilmente legato al trattamento stereotassico, è stato descritto in un paziente con metastasi epatiche da tumore del colon-retto, che a distanza di 15 mesi dal trattamento stereotassico sulle sedi epatiche ha sviluppato stenosi biliare giudicata possibile tossicità tardiva del trattamento. Nella discussione gli autori, pur rassicurando sulla incidenza complessivamente bassa di eventi avversi, invitano alla prudenza ricordando che l’irradiazione, specialmente in addome come nel caso descritto, può essere associata a potenziali tossicità anche fatali.

Naturalmente, come per l’efficacia, anche per la reale quantificazione della tossicità l’informazione più precisa può venire solo da studi randomizzati. Nel complesso, almeno in questa serie caratterizzata da una maggioranza di pazienti irradiati su una sede sola, la tossicità del trattamento stereotassico, che era obiettivo principale dello studio, è stata relativamente contenuta.