Miscellanea
Lunedì, 29 Settembre 2025

ROME trial: un successo della ricerca italiana, già storia

A cura di Fabio Puglisi

La medicina di precisione rappresenta una delle sfide più affascinanti e controverse dell’oncologia moderna. Identificare alterazioni molecolari potenzialmente “azionabili” e tradurle in terapie efficaci indipendentemente dall’istologia del tumore è un obiettivo ambizioso, ma finora scarsamente supportato da dati randomizzati. Il ROME trial nasce proprio per colmare questa lacuna: si tratta di uno studio multicentrico, prospettico, di fase II, che ha confrontato trattamenti mirati selezionati in base al profilo genomico contro la terapia standard scelta dall’investigatore. L’elemento dirompente è l’approccio agnostico, cioè indipendente dal tipo di tumore, ma guidato esclusivamente dalle caratteristiche molecolari emerse da un’analisi estesa di NGS. A supervisionare le decisioni terapeutiche è stato un Molecular Tumor Board (MTB) centralizzato, chiamato a integrare dati complessi e a bilanciare opzioni farmacologiche in popolazioni molto eterogenee. Il disegno prevedeva crossover al momento della progressione, ponendo quindi ulteriori sfide interpretative sui dati di sopravvivenza. L’attesa era altissima: sarebbe stato possibile dimostrare un vantaggio reale in termini di efficacia rispetto alla consueta pratica clinica?

Marchetti, P., Curigliano, G., Biffoni, M. et al. Genomically matched therapy in advanced solid tumors: the randomized phase 2 ROME trial. Nat Med (2025). https://doi.org/10.1038/s41591-025-03918-x

 Lo studio ROME (NCT04591431; EudraCT 2018-002190-21), autorizzato da AIFA nel luglio 2020, è un trial randomizzato, open-label, proof-of-concept di fase II, condotto in 41 centri italiani.

Sono stati arruolati pazienti adulti (≥18 anni) con tumori solidi avanzati o metastatici, non operabili, in progressione dopo una o due linee di terapia standard. Erano richiesti ECOG PS 0–1, malattia misurabile secondo RECIST 1.1 o immune-related response criteria (irRC), e adeguata funzionalità d’organo. Sono stati esclusi i pazienti con alterazioni molecolari già coperte da farmaci approvati in pratica clinica (es. EGFR/ALK nella patologia polmonare, BRAF nel melanoma, HER2 nella patologia mammaria), nonché quelli con metastasi cerebrali non controllate o malattia confinata a osso/encefalo.

Tutti i candidati hanno effettuato un comprehensive genomic profiling (CGP) con FoundationOne CDx su tessuto e FoundationOne Liquid CDx su plasma. Campioni storici erano ammessi se raccolti entro 3 mesi dallo screening. I casi positivi per almeno un target potenzialmente azionabile venivano discussi da un MTB centralizzato. In presenza di più alterazioni, il MTB selezionava la strategia con maggiore razionale clinico e biologico, valutando meccanismo d’azione, evidenze disponibili e profilo tossicità.

La randomizzazione 1:1 prevedeva l'assegnazione a uno dei due bracci dello studio:

  • Braccio sperimentale (TT, tailored treatment): terapia target o immunoterapia disponibile in studio, in base al biomarcatore. Includevano inibitori di tirosin-chinasi (es. larotrectinib, entrectinib per fusioni NTRK; trastuzumab deruxtecan per ERBB2; inibitori BRAF/MEK per BRAF V600), anti-VEGF, e immunoterapia con nivolumab ± ipilimumab per TMB alto. Dosi e schedule seguivano le schede tecniche o i dati clinici consolidati.
  • Braccio di controllo (SoC): chemioterapia o altre opzioni a discrezione dell’investigatore, basate su istologia e linee guida disponibili.

Era previsto crossover dal SoC al TT alla progressione di malattia.

Endpoint primario: overall response rate (ORR, CR+PR) valutata localmente per RECIST 1.1/irRC.
Endpoint secondari: progression-free survival (PFS), overall survival (OS), time to treatment failure (TTF), time to next treatment (TTNT), sicurezza. Analisi esploratorie hanno incluso sottogruppi molecolari (hTMB, BRAF, ERBB2).

Le analisi statistiche hanno utilizzato un approccio intention-to-treat modificato. La PFS è stata analizzata con metodo di Kaplan–Meier e log-rank test stratificati; HR stimati con modello di Cox, IC al 95%. La significatività era fissata a p<0.05.

 

 

Tra ottobre 2020 e luglio 2023 sono stati screenati 1.794 pazienti897 discussi in MTB; 400 randomizzati (200 TT, 200 SoC).

  • Endpoint primario (ORR):
    • TT: 17.5%
    • SoC: 10.0%
    • p = 0.0294
      → differenza significativa a favore del TT.
  • Progression-Free Survival (PFS):
    • Mediana: 3.45 mesi (95% CI 3.03–4.84) con TT vs 2.80 (95% CI 2.53–3.19) con SoC.
    • HR 0.66 (95% CI 0.53–0.82), p = 0.0002.
    • A 9 mesi: 27.8% vs 13.4%.
    • A 12 mesi: 22.0% vs 8.3%.
  • Overall Survival (OS):
    • Mediana simile nei due bracci.
    • L’interpretazione è limitata dal crossover (≈52–59%).
  • Time to Treatment Failure (TTF): prolungato con TT, dati coerenti con la PFS.
  • TTNT: ritardato significativamente con TT.
  • Sicurezza: eventi avversi di grado ≥3 nel 40% TT vs 52% SoC, senza nuovi segnali tossicologici.
  • Analisi esploratorie:
    • hTMB (alto mutational burden): forte beneficio di PFS con immunoterapia (nivolumab ± ipilimumab), indipendentemente da MSI.
    • BRAF V600: beneficio chiaro da BRAF/MEK inibitori.
    • ERBB2-alterati: vantaggi evidenti con farmaci anti-HER2.

Il beneficio di TT non si è tradotto in vantaggio in OS, ma il disegno con crossover e la natura di fase II limitano questa interpretazione.

 

Il ROME trial rappresenta il primo studio randomizzato a dimostrare, in maniera agnostica e su una coorte ampia e multicentrica, che l’impiego di terapie guidate dal profilo molecolare può produrre benefici clinici concreti rispetto alla terapia standard. Pur trattandosi di un trial di fase II, i dati di ORR e soprattutto di PFS consolidano l’idea che la profilazione molecolare non sia più soltanto uno strumento descrittivo dei tumori, ma un vero driver decisionale anche al di fuori di contesti istologia-specifici.

Il principale messaggio dello studio è che la medicina di precisione, supportata da un Molecular Tumor Board strutturato, è in grado di offrire un vantaggio misurabile ai pazienti con tumori avanzati. Non si tratta solo di aumentare le risposte, ma di prolungare in modo significativo il controllo di malattia, con un profilo di tollerabilità migliore rispetto alla chemioterapia. Tuttavia, il mancato impatto sulla sopravvivenza globale invita a cautela: l’elevato tasso di crossover, pur eticamente necessario, ha impedito di cogliere differenze definitive, e la maturità dei dati rimane limitata.

Tra i punti di forza si segnalano: il disegno randomizzato e agnostico, la centralizzazione delle decisioni tramite MTB, la scelta di campionare il tessuto metastatico al momento della progressione (invece che riferirsi a materiale d’archivio), e l’inclusione della liquid biopsy. Questi elementi hanno ridotto i bias e reso le raccomandazioni terapeutiche più accurate. Inoltre, la sicurezza si è confermata favorevole, rendendo il TT un’opzione più maneggevole della chemioterapia tradizionale.

Le criticità riguardano invece: l’eterogeneità della popolazione (diversi istotipi, diversi target molecolari), la numerosità relativamente limitata per ciascun sottogruppo, e soprattutto l’impossibilità di dimostrare un vantaggio di OS. Inoltre, resta aperta la questione dell’accessibilità a questi farmaci in pratica clinica, non sempre disponibili o rimborsati al di fuori di trial.

In definitiva, ROME segna un passaggio di rilievo: dimostra che un approccio molecolare centralizzato e supportato da MTB può cambiare l’outcome in oncologia, aprendo la strada a trial di fase III e a una sempre più ampia implementazione della medicina personalizzata. 

Un plauso particolare ai prof. Paolo Marchetti e Andrea Botticelli che hanno saputo magistralmente orchestrare uno studio che è già nella storia della ricerca oncologica italiana.