Miscellanea
Lunedì, 16 Ottobre 2023

Studi di non inferiorità in oncologia: il trattamento sperimentale è veramente preferibile rispetto allo standard?

A cura di Massimo Di Maio

Una revisione sistematica della letteratura oncologica ha evidenziato un’attenzione non ottimale ai patient-reported outcomes e alla qualità di vita negli studi di non inferiorità che, per la tipologia di quesito, dovrebbero essere invece particolarmente attenti a questi aspetti.

Sara Notarnicola, Lucrezia Zumstein, Jessica Paparo, Laura Marandino, Francesco Perrone and Massimo Di Maio, Systematic review of adoption, reporting and impact of health-related quality of life in phase III non-inferiority trials of systemic oncology treatments, European Journal of Cancer, (2023) doi:https://doi.org/10.1016/j.ejca.2023.11337

Gli studi di non inferiorità, spesso considerati problematici in termini di eticità e in termini metodologici, mirano a testare l’efficacia di un trattamento sperimentale per il quale si è disposti a considerare accettabile una contenuta riduzione dell’efficacia rispetto al trattamento standard, in ragione di un vantaggio in termini di altri parametri (tollerabilità, tossicità, comodità di somministrazione).

Al di là del dibattito scientifico che spesso si incentra sul margine di non inferiorità da considerare accettabile (vale a dire la “quantità” di riduzione di efficacia che si è disposti a considerare clinicamente non rilevante), appare evidente che la dimostrazione di reale preferibilità del trattamento sperimentale rappresenti il razionale stesso degli studi di non inferiorità, e quindi andrebbe documentata.

In tal senso, i patient-reported outcomes e la valutazione della qualità di vita rappresentano un endpoint importantissimo negli studi di non inferiorità, perché un trattamento di efficacia potenzialmente ridotta, che non abbia un reale vantaggio per il paziente, non dovrebbe essere proposto come opzione nella pratica clinica. Anche l’EMA ha esplicitamente sottolineato l’importanza di includere i patient-reported outcomes negli studi di non inferiorità.

Allo scopo di valutare l’inclusione della qualità di vita tra gli endpoint dello studio, la presenza dei risultati di qualità di vita nella pubblicazione e la disponibilità di risultati positivi di qualità di vita per i trattamenti che vengono formalmente dichiarati non inferiori, è stata condotta una revisione sistematica della letteratura pubblicata in un arco di 10 anni (2012-2021).

La ricerca è stata eseguita non solo mediante screening di 11 riviste oncologiche nell’intervallo di tempo considerato, ma anche mediante PubMed.

Sono stati selezionati gli studi di fase III, di non inferiorità, condotti in pazienti adulti affetti da tumori solidi.

Gli studi sono stati classificati in 4 strategie di non-inferiorità:

  1. confronto tra farmaci differenti;
  2. confronto tra vie alternative di somministrazione;
  3. confronto tra durate diverse di trattamento;
  4. confronto tra strategia standard e strategia di “deintensificazione” del trattamento, in termini di numero e dosi di farmaci.

Razionale di tale classificazione era che, se nelle strategie 2,3 e 4 è ipotizzabile che la preferibilità del trattamento sperimentale in termini di comodità e tollerabilità sia data “per scontata”, nel caso della strategia 1 (confronto tra farmaci diversi) occorre dimostrare che la qualità di vita sia realmente migliore con il trattamento presunto preferibile.

Gli endpoint dell’analisi erano:

  • Proporzione delle pubblicazioni che includevano la qualità di vita tra gli endpoint
  • Proporzione delle pubblicazioni primarie che riportavano i risultati di qualità di vita;
  • Proporzione di trials con risultati di qualità di vita effettivamente a favore del trattamento sperimentale, sul totale degli studi che si concludevano con un risultato positivo di non inferiorità.

L’analisi è stata condotta su 106 pubblicazioni, in diversi tipi di tumore. Erano inclusi sia studi promossi dall’industria sia studi di promotori indipendenti.

La qualità di vita è stata inclusa tra gli endpoint in 59 studi (pari al 55.7%).

I risultati di qualità di vita erano presenti in 40 pubblicazioni (pari al 37.7%).

Prendendo in considerazione il sottogruppo corrispondente alla strategia 1 ( confronto tra farmaci diversi), la qualità di vita è stata inclusa in 43 studi (58.9%) e i risultati di qualità di vita erano presenti in 31 pubblicazioni (42.5%).

Prendendo in considerazione i 74 studi che si concludevano con un risultato formalmente positivo di non inferiorità, solo 19 studi (pari al 25.7%) hanno effettivamente risultati di qualità di vita a supporto del trattamento sperimentale.

L’analisi ha evidenziato che, nonostante la conduzione stessa degli studi di non inferiorità sia basata sul presupposto di identificare strategie di accettabile efficacia e migliore tollerabilità / qualità di vita, solo in una minoranza di casi la qualità di vita dei pazienti viene effettivamente valutata, e solo in pochi casi il trattamento formalmente non inferiore può effettivamente contare su risultati di qualità di vita che ne supportano l’impiego.

Questa problematica, esaminata in un arco temporale di 10 anni, riguarda sia la ricerca promossa dall’industria sia la ricerca accademica. Sia dal punto di vista regolatorio, sia dal punto di vista della valutazione scientifica, avere a disposizione i dati di qualità di vita sarebbe di grande utilità per giudicare meglio il reale valore del trattamento sperimentale, e anche per consentire una migliore comunicazione con i pazienti nel momento in cui quella terapia dovesse essere proposta nella pratica clinica.