Miscellanea
Venerdì, 24 Luglio 2020

Supporti multimediali per la comunicazione prognostica: sono davvero utili?

A cura di Giuseppe Aprile

Uno studio nordamericano fa riflettere su quanto sia utile affidarsi a booklets e video per aumentare la consapevolezza prognostica dei pazienti oncologici. O se, viceversa, debba essere trovato maggiore tempo per il dialogo con il paziente. 

Enzinger AC, et al. Effectiveness of a Multimedia Educational Intervention to Improve Understanding of the Risks and Benefits of Palliative Chemotherapy in Patients With Advanced Cancer A Randomized Clinical Trial. JAMA Oncol 2020, epub ahead of print Jul 16th

Nella scelta della strategia di trattamento riveste particolare importanza la consapevolezza del paziente riguardo al reale rapporto beneficio/danno della cura proposta. Ciò è particolarmente di rilievo nel setting metastatico, quando la reale chance di guarigione è ridotta. Per vari fattori, tuttavia, non è semplice che il paziente acquisisca una reale consapevolezza della situazione e questo rimane valido sia in ambiti anglosassoni che mediterranei. Ad esempio, un precedente studio ha chiaramente dimostrato la discrepanza tra le aspettative del paziente e le reali possibilità di cura (Weeks JC, et al. N Engl J Med 2012) e altre analisi hanno evidenziato come la completa disclosure prognostica da parte dell’oncologo possa impattare sulla comprensione e sul distress emotivo del paziente (Enzinger AC, et al. J Clin Oncol 2015) e come dettagli specifici riguardo all’effetto del trattamento siano omessi durante l’ottenimento del consenso informato.

Non è chiaro se alcuni strumenti educazionali aggiuntivi (booklet, testi illustrati, video, ecc…) siano di utilità al colloquio ordinario nel raggiungere lo scopo di dare al paziente una maggiore consapevolezza prognostica e una corretta percezione del potenziale beneficio delle cure proposte.

Lo studio in questione si propone di valutare in un setting randomizzato e multicentrico se un intervento educazionale proattivo con materiale elettronico (video di pazienti che descrivevano la loro reale esperienza di terapia e booklets, dati statistici riguardo la non curabilità della malattia) fosse di ausilio a pazienti con carcinoma colorettale o pancreatico in stadio IV. La consapevolezza prognostica era poi valutata al baseline, dopo la decisione (2-4 settimane) e al follow-up, unitamente al gradimento sula materiale ricevuto.

L’endopoint primario, molto semplicemente, riguardava l’accurata aspettativa sui benefici del trattamento e in particolare corrispondeva alla chance di rispondere “per nulla” ala domanda “quanto è verosimile che la chemioterapia ti possa guarire?” Endpoint secondari si concentravano nella misura della comprensione degli effetti collaterali, sul conflitto decisionale (SURE test), sul rimpianto (Decisional Regret Scale) e sul distress emotivo provato dal paziente, misurato la FACT-G emotional e well-being subscale.

Sono stati randomizzati nello studio 186 pazienti con carcinoma colorettale (118) o carcinoma pancreatico (68), in prima o seconda linea (94 al colloquio abituale, 92 al braccio sperimentale con i supporti informativi mediatici).

Età mediana era di circa 60 anni (range 28-86), sesso maschile per il 58%.

Al baseline, la maggior parte dei pazienti desiderava “molta” o “la maggiore possibile” informazione riguardo tre aspetti chiave quali gli effetti avversi del trattamento proposto (80.1%), la chance di cura (79.6%) e la stima prognostica (79.6%).

Per quanto riguarda l’endpoint primario, la corretta comprensione della chance di cura non differiva in dipendenza dell’avere o non avere ricevuto supporti multimediali ad hoc: la adeguata comprensione di non curabilità era del 52.6% nel braccio di intervento (95%CI 40.3-65%) vs 55.5% in quello standard (95%CI 45.1-66%), mentre una più alta percentuale di pazienti comprendeva in modo adeguato gli effetti collaterali se l’informazione avveniva con ausili digitali (56% vs 40.2%, p=0.05).

Curiosamente, non si censiva una modifica del distress in caso di una aperta e completa informazione prognostica.

Lo studio mette in dubbio il reale valore degli ausili multimediali come booklets o video nell'improvement della consapevolezza prognostica.

L’utilizzo di tali ausili in aggiunta al solo colloquio tradizionale con il personale medico e infermieristico non aumenterebbe la possibilità di una corretta informazione prognostica riguardo la possibilità di cura e i reali benefici attesi dalla terapia oncologica. Il dialogo e il confronto diretto con il personale sanitario rimane quindi la colonna portante del informazione, anche in un contesto di consumer sanitario particolarmente evoluto. Viceversa, essi potrebbero migliorare la comprensione dei potenziali effetti collaterali della cura, dimostrando una maggiore incisività sulle informazioni operative utili nella prevenzione e trattamento dagli eventi avversi piuttosto che avere un valore filosofico sulla consapevolezza del paziente riguardo al reale beneficio delle cure.

Lo studio ha tuttavia parecchie limitazioni, solo in parte risconsociute dagli autori. In primo luogo il campione analizzato è di modeste dimensioni e tratto da strutture prevalentemente del nordest statunitense dove afferiscono pazienti ad alta scolarità (dato non analizzato). Il campione è accorpato seppure abbia una attesa prognostica decisamente differente per aspettativa di vita (prima linea di trattamento per adenocarcinoma del colon in stadio IV vs seconda linea di trattamento per adenocarcinoma pancreatico metastatico). Non sono stati analizzati fattori soggettivi, quali il grado di speranza o fiducia nelle cure. Una quota non trascurabile di pazienti, inoltre, seppure fornito di codici e password per accedere al materiale multimediale di supporto, non ne ha usufruito.

Nemmeno è chiaro se questo tipo di esperienza sia direttamente trasferibile nel contesto di una oncologia Europea (mediterranea) dove il rapporto medico-paziente è ricco di sfaccettature psicologiche e relazioni emotive poco tracciabili da qualsiasi questionario validato.