Patologia gastrointestinale
Giovedì, 02 Settembre 2021

Difetto di ricombinazione omologa nel carcinoma colorettale: si aprono strade nuove?

A cura di Giuseppe Aprile

Un importante studio multicentrico racconta le caratteristiche di un nuovo sottogruppo molecolare: l'analisi dello stato HRD nei tumori colorettali potrebbe spalancare la porta a innovative strade terapeutiche.

Moretto R, et al. Homologous Recombination Deficiency Alterations in Colorectal Cancer: Clinical, Molecular, and Prognostic Implications. J Natl Cancer Inst 2021 Sep 1st, epub ahead of print. 

Nei tumori gastrointestinali (e in particolare nei tumori colorettali) è poco noto il ruolo dei difetti di ricombinazione omologa, sebbene varianti patogeniche germline di BRCA1, ATM e PALB2 si siano già dimostrati fattori di rischio oper la genesi di early onset CRC nel 15-20% dei casi.

Gli autori si porpongono di caratterizzare in una ampia popolazione di soggetti con malattia colorettale l'incidenza di queste alterazioni molecolari, separando le analisi per popolazione MSI-H e MSS in considerazione del possibile enrichment di mutazioni geniche HR-relate nelle neoplasie con instabilità dei microsatelliti.

L'obiettivo dello studio era anche quello di definire le caratteristiche cliniche di questo sottogruppo molecolare e le possibili implicazioni prognostiche o predittive. Sono stati anche utilizzate in questa sofisticata analisi i blocchetti paraffinati di pazienti inclusi nello studio TRIBE2, interamente condotto in Italia.

Lo studio si è focalizzato su 33 geni coinvolti nel pathway HR che sono inclusi nel pannello Caris MI Tumorseek; sono state anche eseguite analisi genomiche con NGS (next generation sequencing) e WTS (whole transcriptome sequencing).

Lo studio ha preso in esame 9321 neoplasie colorettali: tra queste la condizione di HRD - come definita dagli sperimentatori - era presente nel 13,6% dei casi.

Come atteso, il difetto di ricombinazione omologa era maggiormente frequente nei casi con instabilità microsatellitare rispetto a quelli MSS (73.4% vs 9.5%, p<0.001) e quando presenti nel gruppo MSS, i tumori HRD avevano più frequentemente un alto carico mutazionale (8% vs 2%, p<0.001) e una elevata espressione di PD-L1 (5% vs 2.5%, p=0.001).

Interessante notare che nella analisi dei pazienti inclusi nel trial TRIBE2 - dove sono stati esposti a platinante - pazienti con neoplasia MSS e HRD (circa 11%) avevano un vantaggio prognostico rispetto a quelli MSS ma HRP (sopravvivenza mediana di 40.2 mesi vs 23.8 mesi, HR 0.66, 95%CI 0.45-0.98), dato confermato in analisi multivariata.

Sebbene in vari lavori scientifici la definizione di HRD non sia sempre univoca, gli autori presentano un interessante risultato definendo le caratteristiche molecolari, cliniche e prognostiche di un nuovo sottogruppo di pazienti con tumore colorettale con difetto di ricombinazione omologa. Questa alterazione è presente in circa il 10% dei tumori MSS, dove correla con alto TMB, positività di PD-L1 e microenvironment con alto potenziale immune.

Al momento attuale si tratta di uno studio traslazionale, ma questi dati potrebbero presto aprire la strada a trattamenti innovativi in soggetti che hanno maggiore probabilità di rispondere a trattamento con platino, immunoterapia, PARP inibitori o altri farmaci target (inibitori di ATR, ATM, WEE1).

Lo studio, con analisi condotte su un pannello limitato di geni, non chiarisce se le mutazioni erano germline o somatiche (erano a disposizione solo blocchetti paraffinati della neoplasia), ma l'analisi focalizzata nei pazienti nclusi nel TRIBE2 rende verosimile un valore prognostico e preedittivo della specifica condizione HRD. 

In ogni caso, un grande plauso agli autori: dall'Oncologia di Tricase (Lecce) al Norris Comprehensive Cancer Center, nessuno escluso.