Patologia gastrointestinale
Venerdì, 20 Giugno 2014

Considerare gefitinib nel carcinoma esofageo avanzato? Dai, non scherziamo.

A cura di Giuseppe Aprile

Un trial inglese confronta gefitinib a placebo in pazienti con neoplasia esofagea avanzata in progressione dopo una prima linea di chemioterapia sistemica: nessuna buona notizia, lo standard rimane placebo.

Dutton SJ, et al. Gefitinib for oesophageal cancer progressing after chemotherapy (COG): a phase 3, multicentre, double-blind, placebo-controlled randomised trial. Lancet Oncol 2014; June 18, epub ahead of print

Indipendentemente dall'istotipo, ad oggi non vi sono trattamenti standard per il paziente con carcinoma esofageo avanzato la cui malattia progredisce durante o dopo la chemioterapia di prima linea. Questi pazienti, inoltre, sono spesso sintomatici ed hanno una aspettativa di vita mediana di circa 4 mesi.

Il razionale dello studio affonda le radici nel potenziale ruolo prognostico di EGFR nella neoplasia esofagea (l' amplificazione presente nel 10% dei casi correla con una breve sopravvivenza), anche se gli studi di fase 2 con inibitori del segnale di EGFR in questa patologia hanno dato risultati interessanti, ma non sempre convincenti.

Lo studio di fase 3 randomizzato, ben condotto, prevedeva randomizzazione 1:1 tra placebo (matching) e gefitinib (2 cp da 250 mg/die) in pazienti con carcinoma esofageo o carcinoma giunzionale Sievert I/II in progressione dopo una prima linea con platino, malattia misurabile e PS 0-2. Lo studio non prevedeva fattori di stratificazione. Endpoint primario era la overall survival; endpoint secondari PFS, safety e parametri di qualita' di vita misurati con patient reported outcomes.

In poco piu' di 2 anni sono stati randomizzati 450 pazienti (225 nel braccio con placebo e 224 in quello con gefitinib), fatto che testimonia sia lo sforzo collaborativo della comunità scientifica anglosassone che l'esistenza di un forte unmet need per questa popolazione.

I pazienti inclusi avevano un'eta' mediana di 65 anni: il 75% di essi aveva una neoplasia ad origine ghiandolare; il 95% aveva ricevuto in precedenza almeno una linea di chemioterapia e circa il 40% almeno due linee di trattamento.

La sopravvivenza mediana, endpoint primario dello studio, e' risultata identica nei due bracci della sperimenatzione: 3.67 mesi vs 3.73 mesi (HR 0.90, 95%CI 0.74-1.09, p=0.29).

Si e' registrato un vantaggio clinicamente irrilevante in PFS mediana per il trattamento sperimentale (1.57 mesi vs 1.17 mesi, HR 0.79).

I pazienti trattati con gefitinib riportavano maggiore tossicità (diarrea, fatigue e rash cutaneo in particolare), ma un significativo beneficio in odinofagia, nonostante non vi fossero differenze in percentuale e score di disfagia, problemi nell'alimentazione o QOL overall.

Le analisi traslazionali (TRANSCOG) che mirano a identificare un fattore predittivo di risposta al TKI sono ancora ongoing e non sono state presentate nel manoscritto.

I risultati sono lapalissiani: non vi è vantaggo in sopravvivenza nell'utilizzo di gefitinib in pazienti con carcinoma esofageo avanzato pretrattato.

Lisergica l'interpretazione dei dati pubblicata nella sezione "research in context", richiesta agli autori dalle norme editoriali della rivista (pag 10 della versione online).

Come sia possibile che sulla base di uno studio con endpoint primario di OS negativo, un trascurabile vantaggio in PFS mediana (+ 7 giorni) e un limitato miglioramento nella palliazione dei sintomi gli autori possano raccomandare di considerare l'uso di un farmaco ad alto costo in questo setting, chiedetelo a loro. Come sia possibile che Lancet Oncology faccia passare questo messaggio, me lo sto chiedendo anch'io.