Patologia gastrointestinale
Giovedì, 04 Febbraio 2021

Ibrutinib nel trattamento del tumore pancreatico: risultati del trial RESOLVE

A cura di Giuseppe Aprile

Sciogliere la matrice extracellulare con un nuovo TKI per aumentare l'efficacia della chemioterapia. Una ricerca con un nome ambizioso. Ma lo studio randomizzato RESOLVE sarà davvero risolutivo?

M. Tempero, et al. Ibrutinib in Combination with Nab-Paclitaxel and Gemcitabine for First-Line Treatment of Patients with Metastatic Pancreatic Adenocarcinoma: Phase 3 RESOLVE Study, Annals of Oncology 2021, epub ahed of print

Una delle maggiori sfide nel trattamento del carcinoma pancreatico risiede nella barriera desmoplastica, uno stroma fibro-infiammatorio che la stessa neoplasia forma attorna alle cellule tumorali vitali. Il rapporto tra stroma e microambiente tumorale, infatti, è affascinante e al contempo problematico anche per le relazioni con il sistema immunitario dell'ospite. Questo tessuto di matrice extracellulare, nella quale sono presenti cellule infiammatorie del microambiente (che includono macrofagi, linfociti T, mast cells, miofibroblasti, cellule mesenchimali ....), componenti solubile e proteine complesse della matrice extracellulare, da un lato forma una gabbia che impedisce l'arrivo di farmaci attivi alle cellule neoplastiche, dall'altro costituisce una rete di difesa dal possibile escape delle metastasi. Riconciliare le contraddizioni stromali con la finalità terapeutica è sempre stato difficile. Ad ogni modo, la barriera desmoplastica è stata oggetto di numerosi studi: i farmaci testati per targettarla non hanno tuttavia prodotto risultati confortanti e nessuno di questi è mai entrato nella pratica clinica.
 
L'evidenza che ibrutinib - inibitore first-in class della Bruton's TK utilizzato in malattie ematologiche - potesse alterare la composizione della matrice desmoplastica era chiaro dagli studi di preclinica, dove è stato dimostrato in colture in vitro e esperimenti su animali come la molecola avesse sia un modesto effetto antitumorale diretto che un potente effetto antifibrotico dipendente dalle mast cells, nelle quali il prodotto sperimentale riduce la produzione di IL8, MPC-1 e TNF alfa. Inoltre, la molecola interferisce con il sistema immunitario...
 
Il trial RESOLVE è disegnato come uno studio di fase III randomizzato, doppio cieco, internazionale, ed ha arruolato pazienti con adenocarcinoma pancreatico avanzato e KPS superiore a 60 a ricevere chemioterapia standard con gemcitabina (1000 mg/mq/w) e nab-paclitaxel (125 mg/mq/w) con o senza ibrutinib somministrato alla dose di 560 mg/die per os.
Endpoint primario dello studio era la OS; endpoint secondari la PFS valutata centralmente, il tasso di risposta e la safety.
Sono stati randomizzati nel trial 424 pazienti (211 nel braccio vs 213 in quello) con un tempo mediano tra diagnosi di stadio IV e avvio della terapia di tre settimane; i dati per la popolazione ITT sono stati pubblicati dopo un follow-up mediano di circa due anni.
 
Non si sono registrate differenze in OS mediana tra i due bracci di trattamento (mOS 9.7 mesi nel braccio sperimentale vs 10.8 mesi in quello standard; P=0.3225), che era l'endpoint principale dello studio.
 
Inoltre, si evidenzia una riduzione modesta ma statisticamente significativa della PFS nel braccio con ibrutinib e nab-paclitaxel/gem (PFS mediana 5.3 vs 6.0 mesi; P<0.0001).
Anche il tasso di risposta sembrava svantaggiare il braccio sperimentale (ORRs 29% vs 42%, P=0.0058) e i pazienti randomizzati al trattamento con ibrutinib ricevevano una minore dose intensity di chemioterapici e rimanevano meno tempo in trattamento.
 
Tra gli effetti collaterali, si segnala la tossicità midollare (in particolare neutropenia e anemia, che erano meno frequenti nel braccio sperimentale) e la neuropatia sensoriale periferica; la maggior parte dei pazienti tuttavia interrompeva il trattamento per progressione e non per tossicità.
A dispetto di un razionale biologico solido e della scelta di un acronimo evocativo, il trial RESOLVE in verità ha risolto poco: non si è dimostrato alcun vantaggio per l'aggiunta di ibrutinib e il trattamento ottimale da offrire al paziente con malattia pancreatica metastatica rimane la sola chemioterapia.
 
Non che questo ennesimo fallimento sia una grande novità in patologia oncologica pancreatica, considerati i risultati di precedenti studi che anche miravano a colpire il microenvironment peritumorale. Ad esempio, il trial randomizzato HALO 109-301 (Van Cutsem E, et al. J Clin Oncol 2019) ha dimostrato che la combinazione tra gembcitabina, nabpaclitaxel e PEGPH20 non impatta favorevolmente sulla PFS né sulla OS rispetto alla sola chemioterapia. Ed anche le combinazioni tra inibitori del recettore TGF beta es: galunisterib) e immunoterapici sembrano essersi arenati.
 
La desmoplasia creata dalla neoplasia rimane quindi un target complesso, misterioso e ad oggi poco sfruttabile dal punto di vista terapeutico.
 
Resta da stabilire il ruolo di ibrutinib come potenziale radiosensibilizzante per ottimizzare il trattamento radiante in casi selezionati (Tan B, et al. The effect of ibrutinib on radiosensitivity in pancreatic cancer cells by targeting EGFR/AKT/mTOR signaling pathway. Biomed Pharmacother 2020).