Patologia gastrointestinale
Giovedì, 19 Settembre 2019

Tumore gastrico: il valore di MSI

A cura di Giuseppe Aprile

La metanalisi con dati di pazienti individuali arruolati in quattro studi clinici randomizzati [MAGIC, ARTIST, CLASSIC e ITACA-S] porta nuove informazioni sul valore del verificare l'instabilità microsatellitare nel tumore gastrico. Nei pazienti con malattia resecabile, potremo ancora fare a meno dell'informazione?

Pietrantonio F, et al. Individual Patient Data Meta-Analysis of the Value of Microsatellite Instability As a Biomarker in Gastric Cancer. J Clin Oncol 2019, epub ahead of print Sep 12.

Oltre mezzo secolo dopo la classificazione istopatologica di Pekka Laurén, le informazioni di biologia molecolare hanno progressivamente arricchito il patrimonio di conoscenza che abbiamo sul carcinoma gastrico. Oggi conosciamo meccanismi di patogenesi e svariati target, sfruttabili anche dal punto di vista terapeutico.

Nel frattempo la classificazione molecolare del carcinoma gastrico con i dati del TCGA [Nature, 2014] hanno identificato nelle forma MSI il 20% dei casi, che risultano caratterizzati da una maggior prevalnza nel sesso femminile, una eta` più avanzata al momento della diagnosi, la attivazioni di pathways mitotiche, la prevalente assenza di amplificazioni targettabili e la prevalenza di tumori ipermutati. 

I dati del MAGIC trial - lo studio randomizzato che ha sdoganato il beneficio in sopravvivenza della chemioterapia perioperatoria vs la sola chirurgia nei pazienti con malattia resecabile - sono stati analizzati retrospettivamente e hanno suggerito come la presenza di instabilità microsatellitare nei tumori gastrici abbia una valenza simile a quella riscontrata nei tumori del colon. Pazienti con malattia MSI-H, infatti, avrebbero un migliore outcome con il solo intervento chirurgico e un ridotto beneficio dalla chemioterapia. Risultati analoghi sono stati trovati riguardando i dati istopatologici dei pazienti asiatici arruolati nello studio CLASSIC, nel quale non si registrava alcun beneficio dalla chemioterapia adiuvante nel caso di tumori MSI-H.

Tuttavia, la scarsa prevalenza della condizione [meno del 10% dei casi sono MSI-H] e la assenza di dati di singoli pazienti limitavano queste analisi.

Lo studio recentemente pubblicato, natoi da un'idea di Filippo Pietrantonio e dalla competenza statistica di Rosalba Miceli, ha accorpato i dati di pazienti inseriti in 4 studi randomizzati - uno dei quali italiano - raggiungendo un pool finale di circa 1.500 casi con disponibilità dei dati molecolari con l'obiettivo di stablire la relazione tra lo stato di MSI e i dati di outcome [OS, DFS] e l'interazione con il trattamento chemioterapico perioperatorio. Il follow-up di tutti gli studi era sufficientemente lungo da permettere analisi accurate.

 

Come ci si poteva attendere, il 7.8% dei pazienti [121 in totale] inclusi aveva stato MSI-High: questi pazienti avevano un migliore outcome rispetto a quelli MSI-Low o MSS: in particolare la chance di OS a  anni era 77.5% vs 59.3% e la possibilità di sopravvivenza libera da ripresa di malattia a  ani era del 71.8% vs 52.3%.

Nella anlisi multivariata, la presenza di instabilità microsatellitare si dimostrava un potente fattore favorevole sia per incremento della DFS [HR 1.88, 95%CI 1.28-2.76, P=0.008] che per aumento della sopravvivenza overall [HR 1.78, 95%CI 1.17-2.73, P<0.001], come anche rimanevano fattori prognostici lo staging sul T, su N, l'etnia e l'aver ricevuto un trattamento. 

Si osservava anche un valore predittivo negativo per i casi con MSI-H: in questi casi, l'aggiunta del trattamento chemioterapico alla chirurgia non portava beneficio, con una DFS a 5 anni del 70% VS 77% [HR 1.27] e una OS pari a 75% VS 83% [HR 1.5].

Il messaggio della metanalisi su dati individuali è chiaro: pazienti con adenocarcinoma gastrico resecabile MSI-H hanno una prognosi migliore e si beneficiano molto poco [se non affatto] della chemioterapia perioperatoria o adiuvante, associata o meno alla radioterapia.

Questo marcatore biologico è dunque utile, ma per ora più alla ricerca che alla pratica clinica. Gli autori suggeriscono un suo futuro utilizzo come fattore di stratificazione per i prossimi trial clinici, ma al contempo il dato potrebbe essere sfruttato per testare prospetticamente l'immunoterapia nella patologia e, perchè no, quantomeno essere tenuto in considerazione nei casi in cui l'indicazione al trattamento peri/postoperatorio non fosse così forte.

Ancora una volta, un applauso alla ricerca italiana di alta qualità.