Patologia gastrointestinale
Mercoledì, 19 Agosto 2015

'Na tazzulella 'e cafè

A cura di Giuseppe Aprile

Torna alla mente uno storico pezzo di Pino Daniele (1977), leggendo questo curioso report del National Cancer Institute. Dopo la chemioterapia adiuvante, il consumo di caffeina sembra ridurre sensibilmente il rischio di recidiva di carcinoma del colon e proteggere dal rischio di morte per neoplasia.

Guercio BJ, et al Coffee Intake, Recurrence, and Mortality in Stage III Colon Cancer: Results From CALGB 89803 (Alliance). J Clin Oncol 2015, epub Aug 17.

Il consumo di caffeina contenuta nel caffè, una delle bevande più consumate al mondo, è noto sia associato ad un ridotto rischio di diabete tipo 2, livelli più bassi di insulina C-petide, livelli aumentati di adiponectina e sia un sensibilizzante dell'attività insulinica.

Due recenti metanalisi (Li G, et al. Coffee consumption and risk of colorectal cancer: a meta-analysis of observational studies. Public Health Nutr 2013; Galeone C, et al. Coffee consumption and risk ofcolorectal cancer: a meta-analysis of case-control studies. Cancer Causes Control. 2010) suggersiscono in modo concorde che il consumo di caffè possa decrementare il rischio di ammalarsi di adenocarcinoma colorettale, soprattutto nel sesso femminile.

Gli autori analizzano prospetticamente i questionari di lifestyle compilati dai 1.200 soggetti arruolati nello studio di fase III randomizzato CALGB 89803 dove i pazienti radicalmente resecati di adenocarcinoma del colon erano randomizzati la chemioterapia standard all'epoca (5-Fluorouracile) vs il trattameno sperimentale (5-Fluorouracile e irinotecan). 

Come noto, il trial è risultato negativo (Saltz LB et al. Irinotecan fluorouracil plus leucovorin is not superior to fluorouracil plus leucovorin alone as adjuvant treatment for stage III colon cancer: Results of CALGB 89803; J Clin Oncol 2007), ma ha avuto un'eccellente corollario di studi ancillari.

I 953 pazienti eleggibili per l'analisi sono stati divisi in 5 classi di consumo di caffeina (0, <1 tazza/die, 1, 2-3, 4 o oltre) e i dati sono stati correlati con DFS, RFS e sopravvivenza globale (dopo correzione in multivariata con altri noti fattori prognostici ed un follow-up mediano di oltre 7 anni).

Da notare che il BMI baseline mediano era di poco superiore a 27 in ognuna delle 5 coorti.

 

I consumatori di almeno 4 cups di caffè/die (pari a circa 450 mg di caffeina) avevano vantaggio in termini di outcome se confrontati con i non consumatori (identificati come categoria di riferimento):

DFS: HR 0.58 (95%CI 0.34-0.99, p=0.002)

RFS: HR 0.71 (95%CI 0.41-1.22, p=0.07) 

OS: HR 0.66 (95%CI 0.37-1.18, p=0.01)

Da notare che:

1) il modello multivariato teneva conto di un adjusting per sesso, età, T della neoplasia primitiva, numero di linfonodi positivi, PS basale, trattamento chemioterapico ricevuto, habitus di fumo, supplementazione multivitaminica, e le seguenti covariate tempo-dipendenti: total energy intake, consumo di alcool, BMI, livello di attività fisica, pattern dietetico (Cox proportional hazards regression)

2) la riduzione proporzionale del rischio di ricaduta e morte sembrava aumentare con l'incremento di dose diaria di caffeina assunta

Non si evidenziava un vantaggio simile per i consumatori di caffè decaffeinato né per gli affezionati al te, sebbene la numerosità di questi due gruppi fosse limitata.

Si sottolinea però che nella coorte a maggior consumo di caffeina i pazienti erano solo 62 e la percentuale di fumatori (22%) era doppia rispetto a quella delle altre coorti.

Lo studio evidenzia una possibile associazione tra consumo di caffeina e riduzione del rischio di recidiva o mortalità da carcinoma del colon. Sebbene gli autori suggeriscano il collegamento con un ridotto iperinsulinismo, rimangono da elucidare i meccanismi alla base dell'effetto protettivo.

Attenzione, però: associazione non sempre presuppone causalità. Infatti lo studio ha un disegno retrospettivo per sottogruppi non pre-pianificati (quindi il suo risultato potrà al massimo generare una ipotesi) e va ricordata la possibilità di falso positivo in un'analisi multivariata con oltre 15 variabili.

Inoltre, ci saremmo aspettati gli autori riportassero il numero di decessi per malattia cardiovascolare, anche considerando che la coorte di pazienti a più alto consumo di caffeina includeva un maggior numero di fumatori.

Mentre studi confirmatori chiariranno i punti aperti, teniamo presente che una tazzina di caffè italiano (senza dubbio preferibile a quello statunitense, ndr) contiene da 60 a 80 mg di caffeina e quindi, perchè no, invitiamo i pazienti a prendersi 'sta tazzulella.