Patologia gastrointestinale
Giovedì, 30 Marzo 2017
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Il piccolo Gatsby

A cura di Giuseppe Aprile

E' utile proseguire l'inibizione di HER2 in linea successiva in pazienti con carcinoma gastrico avanzato HER2 positivo? Questa è la domanda a cui vuole rispondere lo studio randomizzato GATSBY, ma si prevede l'interesse suscitato dalla pubblicazione sarà inferiore a quella del film con Di Caprio.

Thuss-Patience PC, et al. Trastuzumab emtansine versus taxane use for previously treated HER2-positive locally advanced or metastatic gastric or gastro-oesophageal junction adenocarcinoma (GATSBY): an international randomised, open-label, adaptive, phase 2/3 study. Lancet Oncol 2017; epub 23 March.

Sebbene l'incidenza della neoplasia gastrica avanzata HER2 positiva sembri essere nel setting di real-life inferiore a quella riportata nello studio TOGA (22%), stabilito il valore del trattamento di seconda linea (chemioterapia + ramucirumab o sola chemioterapia) rimane incerto se sia efficace e cost-effective il proseguire l'inibizione di HER oltre la prima linea.

I dati preclinici e l'esperienza nella neoplasia mammaria acquisita con gli studi EMILIA e TH3RESA sostenevano l'ipotesi che ha portato al disegno dello studio Gatsby, un trial randomizato che ha testato il coniugato tra trastuzumab e emtansina (TDM-1) nella patologia gastrica avanzata HER2 positiva.

Lo studio è stato concepito con un disegno adattativo (piuttosto complesso), una fase 2/3 open-label, che prevedeva un iniziale parallelo tra due dosi di TDM-1 (2.4 mg/Kg settimanale ovvero 3.6 mg/Kg ogni 21 gg) e una successiva specifica fase 3 di confronto tra la dose scelta e il trattamento standard con taxano (in questo caso, lasciato alla scelta dell'investigatore la possibilità di optare per docetaxel 75 mg/mq trisettimanale ovvero taxolo 80 mg/mq settimanale). I fattori di stratificazione previsti erano la regione geografica di provenienza del paziente, la precedente terapia con HER2 inibitore e la pregressa gastrectomia.

Endpoint primario dello studio era la sopravvivenza overall nella popolazione intention-to-treat, seguito da una serie di endpoint secondari.

Interessanti soprattutto gli endpoint esploratori che includevano l'analisi della amplificazione genica di HER2, quantificazione di mRNA e espressione proteica di HER2 e HER3, analisi mutazionali di PI3KCA, PTEN e cMET.

Lo studio, nel complesso, ha incluso 182 pazienti nella prima parte (tre bracci di trattamento con due differenti schedule possibili per il TDM-1) e altri 233 pazienti nella seconda parte (153 trattati con TDM-1 settimanale vs 80 pazienti trattati con taxano standard). Al momento del data cut-off, il follow-up mediano dei pazienti trattati era superiore a 15 mesi.

La popolazione di confronto finale era quindi composta da 117 pazienti trattati con taxano vs 228 pazienti trattati con TDM-1 (2.4 mg/Kg settimanali).

Lo studio è chiaramente negativo: la OS mediana era di 8.6 mesi nel braccio standard vs 7.9 mesi in quello sperimentale (HR 1.15, p 0.86, nessuna differenza statisticamente significativa); non vi erano differenze in risposta (tasso di risposta obiettiva del 19.6% nel braccio standard vs 20.6% in quello sperimentale) e nemmeno il Forest Plot per gli HR in sopravvivenza definiti secondo le caratteristiche basali dei pazienti inclusi dimostrava alcuna differenza di rilievo. Come atteso, il profilo di tossicità dei due bracci di trattamento era differente.

L'uso di TDM-1 in seconda linea non ha portato alcun vantaggio ai pazienti con carcinoma gastrico avanzato HER2 positivo.

Rioconosciuto il dato, il quesito più interessante è ora capire per quale motivo. Ma su questa la ricerca italiana sta alacremente lavorando.

Le ipotesi in effetti sono molte: l'impossibilità del trattamento antiblastico di colpire cloni eterogenei, l'insorgenza di nuovi eventi mutazionali quali amplificazioni di MET o di FGFR3 (Piro G, et al. Clin Cancer Res 2016), la presenza di mutazioni di KRAS o di PI3KCA, livelli di espressioni di HER2 differenti rispetto alla prima linea ovvero la perdita di espressione/amplificazione di HER2 al momento della progressione. Quest'ultima spiegazione pare essere al momento la più convincente (Pietrantonio F, et al. Int J Cancer 2016; Studio GASTHER presentato all'ASCO GI 2017), ma siamo work-in-progress.