Patologia gastrointestinale
Giovedì, 20 Luglio 2017
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Nivolumab: nuova opzione per pazienti con carcinoma colorettale avanzato

A cura di Giuseppe Aprile

L'immunoterapia colpisce ancora. Pubblicati i risultati del CheckMate 142, studio di fase 2 a singolo braccio che ha testato nivolumab in pazienti con CRC pretrattato e stato dMMR/MSI-H. Una nuova opzione terapeutica (per il 5% dei pazienti).

Overman MJ, et al. Nivolumab in patients with metastatic DNA mismatch repair-deficient or microsatellite instability-high colorectal cancer (CheckMate 142): an open-label, multicentre, phase 2 study. Lancet Oncol 2017, epub ahead of print 19 July.

Che una quota dei tumori gastrointestinali possa rispondere all'immunoterapia è una acquisizione relativamente recente, ma molto ben documentata (Le DT, et al. N Engl J Med 2015).

I pazienti che si giovano di questo trattamento sono probabilmente pochi (circa il 5% nel setting avanzato) e hanno una neoplasia con specifiche caratteristiche: uno stato di deficienza del sistema di riparo del DNA (dMMR) o una instabilità microsatellitare (MSI-H) che si traduce in un alto carico mutazionale, una elevata produzione di neoepitopi presentati come antigeni, una spiccata infiltrazione di linfociti CD8 e una upregolazione dei checkpoint immunitari. Inoltre, una altra piccola quota di pazienti (2-3%) avrebbe una malattia con caratteristiche biologiche o signature molecolare che suggeriscono potenziale rispsota all'immunoterapia (es: mutazione di POLE).

Su queste basi gli autori hanno pianificato il CheckMate 142 - uno studio di fase 2 globale a singolo braccio che rientra nel programma di sviluppo del nivolumab da parte della BMS - in cui pazienti con buon PS, dMMR o MSI-H e malattia resistente ad almeno una linea di terapia sistemica ricevevano il trattamento con nivolumab (3 mg/kg ev ogni 2 settimane fino a PD radiologica/clinica, tossicità o ritiro del consenso). Endpoint primario dello studio era la risposta valutata con criteri RECIST classici.

Il numero totale di pazienti arruolati era modesto (n = 74), con oltre il 50% di essi trattati con almeno 3 linee di terapia sistemica. Un terzo dei pazienti inclusi aveva una storia positiva per sindrome di Linch; oltre la metà aveva una mutazione di RAS o BRAF.

Al follow-up mediano di circa 12 mesi (non particolarmente prolungato) gli investigatori segnalavano un tasso di risposta del 31% (23 risposte) con il 69% dei pazienti che otteneva un controllo della malattia per almeno 3 mesi. Inoltre, circa un terzo dei pazienti che ottenevano una risposta, la mantenevano per almeno 12 mesi.

Interessante notare che il tasso di risposte era confermato alla revisione centrale indipendente (in cieco). Non vi era una differenza in termini di risposte in dipendenza dell'espressione di PD-L1, tuttavia le risposte erano più frequenti nei pazienti con profilo molecolare all wild-type (41% vs 27%).

Nel complesso, la tossicità del trattamento risultava limitata e nessuno dei decessi avvenuto durante la sperimentazione clinica era attibuito alla terapia con l'immunomodulatore.

Nivolumab si propone come una nuova potenziale opzione terapeutica in pazienti con malattia colorettale avanzata e dMMR/MSI-H, aprendo nuovi scenari all'uso dell'immunoterapia in questa popolazione a prognosi meno favorevole (Basile D, et al. Expert Opin Biol Ther 2017).

Mentre attendiamo i dati di un follow-up più maturo, i passi da fare nel futuro sono molti. Cercare di avere una rifinitura ancora migliore riguardo la selezione dei pazienti candidabili al trattamento, studiare quali siano i meccanissmi di resistenza all'immunoterapia e come superarli, attendere gli sviluppi dell'immunoscoring, testare altre possibili strategie immunoterapiche (vaccini, TLR antagonisti, anticorpi bispecifici,....), verificare la sicurezza ed attività di combinazioni tra immunoterapici o degli immunoterapici con gli antiangiogenici.

Nella pratica clinica - intanto - cresce l'importanza di richiedere il test per MSI nei pazienti con malattia avanzata.