Patologia gastrointestinale
Venerdì, 04 Agosto 2017

SIRT? NORT.

A cura di Giuseppe Aprile

Una analisi combinata di tre studi (FOXFIRE, SIRFLOX e FOXFIRE global) dimostra che il beneficio della radioterapia intraepatica nei pazienti con adenocarcinoma del colon e metastasi confinate al fegato è in generale molto modesto, ma potrebbe essere maggiore nei pazienti con neoplasia primitiva localizzata a destra.

Wasan HS, et al. First-line selective internal radiotherapy plus chemotherapy versus chemotherapy alone in patients with liver metastases from colorectal cancer (FOXFIRE, SIRFLOX, and FOXFIRE-Global): a combined analysis of three multicentre, randomised, phase 3 trials. Lancet Oncol 2017; epub Aug 3rd.

Il tasso di sopravvivenza a 5 anni di pazienti con adenocarcinoma del colon e malattia metastatica al fegato è inferiore al 20% e la aspettativa mediana di vita limitata. L'ipotesi che un trattamento locoregionale possa dare un beneficio additivo/sinergico alla chemioterapia sistemica è sostenuta da una serie di studi limitati, ma non confermata da trial randomizzati prospettici di dimensioni adeguate.

Obiettivo della ricerca recentemente pubblicata su Lancet Oncology era di verificare se la combinazione di chemioterapia e SIRT (trattamento intraepatico con Yttrio-90) fosse superiore alla sola chemioterapia in termini di sopravvivenza (endpoint primario); veniva anche analizzata la sopravvivenza libera da progressione epatica (liver-specific PFS).

Per raggiungere l'obiettivo, gli autori presentano una analisi combinata di tre studi clinici randomizzati (FOXFIRE, SIRFLOX e FOXFIRE-global), accomunati da criteri di inclusione simili (malattia esclusivamente o prevalentemente epatica ma non resecabile, ECOG PS 0-1, assenza di ascite o ipertensione portale). Lo schema di chemioterapia di riferimento era FOLFOX modificato secondo De Gramont nel primo studio, e FOLFOX6 negli altri due trial. Il trattamento SIRT era somministrato al primo o al secondo ciclo di terapia medica.

Nell'arco di 8 anni, nei tre studi sono stati randomizzati oltre 1.100 pazienti (549 a sola terapia con oxaliplatino vs 554 a chemioterapia + SIRT) con un follow-up mediano di oltre 40 mesi. I risultati sono presentati al raggiungimento di un numero di eventi morte superiore al 75% in entrambi i bracci di randomizazzione.

Da notare che in circa il 70% dei pazienti la malattia epatica era limitata a meno del 25% del parenchima e nella grande maggioranza dei casi la malattia metastatica era sincrona.

Non si è censita alcuna differenza in termini di OS mediana: 22.6 mesi nel braccio sperimentale vs 23.3 mesi in quello standard (HR 1.04, 95%CI 0.90-1.19), quindi lo studio è negativo nell'endpoint primario.

Rimane tuttavia favorevole il controllo della malattia intraepatica per chi riceveva la SIRT, con un dimezzamento del rischio di progressione radiologica nel fegato (HR 0.51, 95%CI 0.43-0.62, p<0.001). Inoltre, è interessante il dato osservato in analisi multivariata riguardo alla relazione tra sede della neoplasia primitiva e beneficio dal trattamento sperimentale: sebbene non fosse un fattore di stratificazione, quando il tumore è localizzato a destra (200 pazienti circa) pare il vantaggio sia consistente (HR 0.67).

 

Nonostante la terapia sperimentale produca un miglior controllo intraepatico della malattia, lo studio è negativo: l'utilizzo della radioterapia selettiva (SIRT), una metodica di radioembolizzazione che sfrutta la somministrazione endoarteriosa di microsfere sintetiche caricate con il beta emittente Yttrio-90, non prolunga la sopravvivenza overall rispetto alla sola chemioterapia sistemica.

Rimane da stabilire il ruolo della procedura nel setting del "consolidamento", valutando le sue potenzialità nei pazienti con malattia esclusivamente epatica dopo l'effetto del trattamento sistemico (e magari con malattia primitiva localizzata a destra).