Patologia gastrointestinale
Venerdì, 07 Giugno 2019

Olaparib nel carcinoma del pancreas BRCA mutato: risultati dello studio POLO

A cura di Giuseppe Aprile

Il trial randomizzato POLO testa il mantenimento con olaparib dopo chemioterapia sistemica nei pazienti con adenocarcinoma del pancreas BRCA mutato. Presentazione in plenaria all'ASCO 2019 e simultanea pubblicazione sul N Engl J Med. Davvero nemmeno una perplessità?

Golan T, et al. Maintenance Olaparib for Germline BRCA-Mutated Metastatic Pancreatic Cancer. N Engl J Med. 2019 epub Jun 2.

Benchè abbiamo assistito a un progressivo incremento della conoscenza molecolare della neoplasia pancreatica e del contesto cellulare della matrice, il trattamento medico del carcinoma pancreatico rimane sempre ancorato al solo trattamento chemioterapico. Almeno fino ad, ora: i risultati dello studio POLO, presentati in sessione plenaria al Meeting ASCO 2019 permettono di infrangere questo paradigma.

L'utilizzo clinico dei PARP inibitori, in effetti, ha dato evidenze di efficacia sia nei tumori della mammella che in quelli dell'ovaio e l'esistenza di mutazione germline per BRCA in una quota che si attesta attorno al 5% dei tumori pancreatici ha creato il presupposto per il disegno dello studio. Al momento non ci sono terapie specifiche per i pazienti con neoplasia pancreatica e mutazione BRCA, sebbene diverse evidenze suggeriscano un maggiore beneficio dal trattamento con platinanti.

Il trial ha un disegno dio fase 3 randomizzato in doppio cieco: pazienti la cui malattia era in risposta o in stabilità radiologica e clinica dopo almeno 16 settimane di trattamento platinum-based e con tossicità residue di grado inferiore a 2 erano randomizzati 3:2 a terapia di mantenimento con olaparib (300 mg bid) o matching placebo. La terapia sperimentale doveva essere avviata tra le 4 e le 8 settimane dopo all'ultima dose di chemioterapia ricevuta.

Endpoint primario dello studio era la PFS determinata con una revisione centralizzata delle immagini.

 

Nel trial sono stati screenati 3315 pazienti e sono stati evidenziati 247 casi di mutazione germline di BRCA 1 (30% circa) o BRCA 2 (70% circa), in totale 7.5% della popolazione.

Di questi 247 pazienti, solo 154 sono stati randomizzati (corrispondenti al 4.5% della popolazione screenata). I motivi per l'esclusione sono stati la progressione della patologia oncologica, il decesso, il mancato rispetto dei criteri di eleggibilità, ovvero la decisione del paziente o del medico.

Il risultato del trial è positivo, con un prolungamento della PFS di oltre 3 mesi, con una PFS mediana è 7.4 mesi nel braccio sperimentale vs 3.8 mesi nel braccio di controllo (HR 0.53, 95%CI 0.35-0.82, p=0.004). Inoltre, era decisamente maggiore la chance di essere liberi da progressione a distanza di 1 anno o 2 anni dalla randomizzazione per i pazienti trattati con olaparib (rispettivamente 33.7% vs 14.5% a 1 anno e 22.1% vs 9.6% a 2 anni).

Sebbene al momento della analisi i dati di sopravvivenza globale fossero ancora immaturi, i risultati preliminari non evidenziano alcuna differenza significativa tra i pazienti trattati con olaparib e i pazienti assegnati a placebo.

La qualità di vita, misurata con questionari validati, non differiva significativamente tra i due bracci di trattamento. Inoltre, la terapia risultava ben tollerata con un incremento dell'incidenza di fatigue, tossicità gastrointestinali e anemia nel braccio sperimentale.

 

Lo studio ha raggiunto l'endpoint primario e rappresenta la prima evidenza di efficacia in un trial randomizzato con un trattamento target basato su una popolazione selezionate da un biomarcatore specifico.

Tuttavia, il vantaggio è (al momento) limitato alla sopravvivenza libera da progressione e il trattamento non ha impattato sulla sopravvivenza overall, obiettivo certamente di più alta rilevanza rispetto alla PFS.

Inoltre, il vantaggio della terapia di mantenimento è di beneficio a una piccola percentuale di pazienti con alterazione genica in una malattia già poco frequente: in base al numero stimato di nuovi casi/anno in Italia (13.500, dati AIRTUM 2017) si può stimare che il trattamento possa essere proposto a qualche centinaio di pazienti.