Patologia gastrointestinale
Giovedì, 26 Gennaio 2017
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Più for ESPAC che ESPAC-4

A cura di Giuseppe Aprile

Trial ESPAC-4: gemcitabina assieme a capecitabina. Abbiamo davvero un nuovo standard di trattamento adiuvante per i pazienti operati di tumore del pancreas? Si secondo gli autori, Ni secondo gli esperti.

Neoptolemos JP et al. Comparison of adjuvant gemcitabine and capecitabine with gemcitabine monotherapy in patients with resected pancreatic cancer (ESPAC-4): a multicentre, open-label, randomised, phase 3 trial. Lancet 2017; 24 Jan epub ahead of print.

Il carcinoma del pancreas può essere guarito, ma in una percentuale limitata di casi. Di certo, un programma di trattamento multidisciplinare che selezioni i pazienti con malattia davvero resecabile e preveda la chemioterapia postoperatoria massimizza le chance di outcome favorevole.

Ad oggi, il trattamento standard di chemioterapia postoperatoria prevede sei mesi di sola gemcitabina (Ottle, JAMA 2007) ovvero solo 5-Fluorouracile (Neoptolemos, JAMA 2010).

Lo studio - un trial di fase 3 randomizzato condotto in 92 centri europei - si propone di valutare l'efficacia e la safety della combinazione di gemcitabina e capecitabina dopo resezione radicale. La terapia doveva essere avviata entro 12 settimane dalla chirurgia e nel braccio sperimentale prevedeva capecitabina a 1660 mg/mq per 21 gg seguita da 7 gg di pausa in combinazione a gemcitabina 1000 mg/mq/settimana per tre settimane ogni 4.

Endpoint primario dello studio era la OS, mirando ad ottenere un HR di 0.74 a favore del braccio di combinazione.

Nella analisi finale sono stati inclusi 730 pazienti (dei 732 randomizzati): 366 assegnati al braccio standard e 364 a quello sperimentale; la quasi totalità dei pazienti avevano PS 0-1.

Al momento del raggiungimento del 95% degli eventi target (458 decessi su 480), la sopravvivenza mediana era a favore del trattamento di combinazione: 28 mesi (95%CI 23.5-31.5) vs 25.5 mesi (95%CI 22.7-27.9), HR 0.82, 95%CI 0.68-0.98, p=0.03.

Il beneficio era particolarmente evidente nei pazienti con chirurgia R0 (mOS 39.5 mesi vs 27.9 mesi), mentre era praticamente inesistente in quelli con chirurgia R1 (23.7 mesi vs 23 mesi). Tuttavia questo non era un fattore di stratificazione nel trial.

Il trattamento di combinazione ha causato, come atteso, un maggior numero di eventi avversi severi, in particolare diarrea (p=0.008), infezioni (p=0.01), neutropenia (p=0.0001) e HFS (p<0.0001), sebbene i questionari completati da 665 pazienti indicassero non vi fosse un significativo peggioramento della QoL dalla combinazione.

Lo studio ha dimostrato la verosimile superiorità della combinazione nel setting postoperatorio. Ma abbiamo davvero un nuovo standard di trattamento adiuvante? 

Vanno ricordati i limiti della ricerca:

1. Mancanza dei dati in DFS, che ci aspetteremmo di vedere in setting adiuvante

2. Gli intervalli di confidenza delle OS dei due bracci dello studio sono largamente sovrapposti; le curve di OS sono immature e l'HR raggiunto è 0.82, non 0.74 come a priori pattuito. Inoltre, il numero di pazienti senza malattia al termine del follow-up previsto erano 93 vs 80 (incremento assoluto di guarigione inferiore al 4%)

3. Un numero significativo di pazienti era incluso nello studio nonostante avesse un valore elevato di Ca 19.9 postoperatorio (evidenza biochimica di malattia micrometastatica) e non era prevista una ristadiazione postchirurgica basale.

Certamente un dato confortante per pazienti giovani, R0 e disposti a un aumento di effetti collaterali. Ma probabilmente, per definire quale sia la migliore terapia standard nel postoperatorio sarà meglio attendere i risultati di altri studi in corso (APACT, ACCORD/PRODIGE 24, GIP2).