Strategia perioperatoria ottimale nel paziente con carcinoma gastrico localizzato: l'aggiunta di durvalumab migliora gli outcome della chemioterapia, mentre quella di pembrolizuman non lo fa. Riflettiamo sui dati contenuti nel report finale del KN 585 e su quelli del Matterhorn per capirne i motivi.
Shitara K, et al; KEYNOTE-585 Investigators. Pembrolizumab Plus Chemotherapy Versus Chemotherapy as Perioperative Therapy in Locally Advanced Gastric and Gastroesophageal Junction Cancer: Final Analysis of the Randomized, Phase III KEYNOTE-585 Study. J Clin Oncol 2025 Aug 19
La strategia perioperatoria ottimale da proporre al paziente con adenocarcinoma gastrico localizzato è cambiata nel tempo: tramontati i tempi gloriosi dell'ECF/ECX (MAGIC Trial, N Engl J Med 2006) abbiamo ora integrato al FLOT l'immunoterapia (MATTERHORN Trial, N Engl J Med 2025).
Il report finale - recentemente pubblicato come clinical trial update su J Clin Oncol dopo la prima pubblicazione in esteso del 2024 su Lancet Oncol - descrive i risultati del trial KN 585, uno studio globale randomizzato di fase III nel quale sono stati arruolati oltre 1000 pazienti con adenocarcinoma gastrico localizzato e potenzialmente resecabile a ricevere chemioterapie perioperatoria (nella main cohort era previsto backbone con doppietta di chemioterapia) con o senza pembrolizumab.
Endpoint primario dello studio era composito, tenendo conto nell'analisi statistica di quattro elementi: risposta patologica completa (pCR) con revisione centralizzata, event-free survival (EFS) stabilita dall'investigatore, OS e safety.
Va ricordato, per interpretare correttamente i risultati, che lo studio è stato emendato in corso d'opera per includere una nuova coorte di pazienti.
La main cohort (804 pazienti) includeva come backbone di chemioterapia una doppietta con platino e fluoropirimidina: 402 randomizzati a ricevere chemioterapia + pembrolizumab vs 402 a ricevere chemio + placebo.
La seconda coorte (203 pazienti) prevedeva invece la randomizzazione tra FLOT + pembrolizumab (100 pazienti) vs FLOT + placebo (103 pazienti).
In ogni braccio delle due coorti il 75% dei pazienti completava anche il tarttamento psotoperatorio.
I risultati "a breve termine" dello studio sono noti: l'aggiunta di pembrolizumab alla combinazione di chemioterapia ha permesso di aumentare la probabilità di pCR del 11% assoluto: da 2% a 13.4% nella main cohort; dal 2.8% al 14.2% nella analisi congiunta delle due coorti (main + FLOT).
Quelli a più lungo follow-up (median fu 60 mesi, range, 39-76) sono sinteticamente i seguenti:
1. vantaggio numerico ma non statisticamente significativo in OS per il braccio sperimentale della main cohort: median OS 71.8 mesi vs 55.7 mesi, HR 0.86, 95%CI 0.71 -1.06. Nel braccio di trattamento standard i decessi registrati erano il 206 vs 181 in quello sperimentale. I rate di sopravvivenza a 5 anni erano rispettivamente il 54% vs 48%.
2. vantaggio statisticamente significativo per EFS nella main cohort: median EFS 44.4 vs 25.7 mesi, HR 0.81, 95%CI, 0.67 -0.98.
3. molto modesta differenza in termini di tossicità relata al trattamento di grado ≥3 tra i due bracci di randomizzazione (65% versus 63%)
4. Nessun impatto in termini di QoL dell'aggiunta di pembrolizumab vs placebo.
Da notare che il vantaggio in OS era più evidente per pazienti con neoplasia gastriva vs quelli con patologia giunzionale.
Lo studio KN-585 è formalmente negativo, non avendo pienamente centrato il (troppo) complesso multiplo endpoint primario. Ma davvero questo dato non supporta i dati del trial Matterhorn?
Difficile credere che il differente immunoterapico sia responsabile dell'outcome dei pazienti, sebbene pemrolizumab e durvalumab agiscano come inibitori su diverse molecole (il primo è un PD-1 inibitore, il secondo un PD-L1 inibitore). Inoltre, la prosecuzione del solo imunoterapico dopo il termine della chemioterapia adiuvante era in entrambi gli studi pari per completare un anno di trattamento. Più verosimile lo schema di chemioterapia abbia potuto influire: dati dimostrano che l'oxaliplatino sia maggiormente sinergico alla chemioterapia rispetto al cisplatino. Contrariamente al Matterhorn, nel trial KN-585 solo il 20% dei pazienti ricevevano FLOT mentre l'80% dei soggetti randomizzati era esposto a una chemioterapia cisplatinum-based. Se (impropriamente, dal pdv statistico) si confrontano le curve di EFS della coorte dei pazienti FLOT nel KN-585 con quella dei pazienti dell'altro trial esse sembrano del tutto sovrapponibili, come anche lo sono i dati di EFS rate a 24 mesi e i tassi di pCR.
Un altro punto di discussione è il disegno dello studio: molto secco e chiaro l'endpoint primario del Matterhorn (EFS), triplice con (OS, EFS, pCR) quello del KN 585, con errori alfa allocati diversamente agli endpoint in base alle ipotesi di studio.
Un terzo punto riguarda la popolazione inclusa, con un rapporto tra asiatici/caucasici pari a 50%/20% nel KN 585 vs 20%/70% nell'altro trial.
In sintesi, sebbene il pembrolizumab non abbia dimostrato vantaggio statisticamente confermato quando associato alla chemioterapia nel trattamento perioperatorio di pazienti con adenocarcinoma gastrico localizzato, l'introduzione dell'immunoterapia in questo setting resta un'innovazione clinicamente rilevante e già incorporata nelle linee guida internazionali. Si attendono in questo stesso contesto i risultati di altri trial che prevedono l'utilizzo di target specifici nello stesso setting perioperatorio.