Patologia gastrointestinale
Venerdì, 19 Febbraio 2021

Tumore del colon: va pianificata la chirurgia del tumore primitivo nel paziente con lesioni a distanza? Il dibattito continua

A cura di Giuseppe Aprile

Un trial randomizzato nipponico (JCOG1007, iPACS) alimenta la controversia sulla resezione del tumore primitivo asintomatico in pazienti con metastasi a distanza non resecabili e carico di malattia limitato. Ma è davvero tempo di chiudere il dibattito? 

Kanemitsu Y, Shitara K, Mizusawa J, Hamaguchi T, Shida D, Komori K, Ikeda S, Ojima H, Ike H, Shiomi A, Watanabe J, Takii Y, Yamaguchi T, Katsumata K, Ito M, Okuda J, Hyakudomi R, Shimada Y, Katayama H, Fukuda H; JCOG Colorectal Cancer Study Group. Primary Tumor Resection Plus Chemotherapy Versus Chemotherapy Alone for Colorectal Cancer Patients With Asymptomatic, Synchronous Unresectable Metastases (JCOG1007; iPACS): A Randomized Clinical Trial. J Clin Oncol. 2021 Feb 9

Combinare terapia locoregionale e trattamento sistemico nella strategia di trattamento nel paziente con adenocarcinoma colorettale in stadio IV e metastasi non resecabili rimane problematico. Da un lato, si vorrebbe offrire al paziente il migliore controllo di malattia su ogni sede, dall'altro vi è il dubbio questa tattica combinatoria rischi di impattare sul rischio senza aumentare il beneficio in sopravvivenza overall. In questo dibattito, che dura da due decenni almeno, vanno inserite le tecniche di controllo locoregionale della malattia primitiva asintomatica, incluso il posizionamento di endoprotesi e la chirurgia resettiva.
 
Proprio di questo argomento si occupa il trial randomizzato della JCOG Colorectal Cancer Surgery Group che valuta in un setting prospettico il vantaggio della resezione del primitivo asintomatico nel paziente con metastasi a distanza non resecabili (epatiche, linfonodali, polmonari o peritoneali) con l'obiettivo di verificarne la superiorità in termini di sopravvivenza overall, endpoint primario della sperimentazione. Precedenti studi, infatti, avevano affrontato il tema con casistiche retrospettive.
 
Si tratta di un trial di fase III randomizzato 1:1 in aperto che ha arruolato pazienti con età compresa tra 20 e 75 anni e candidati a un trattamento sistemico con fluoropirimidina, oxaliplatino e bevacizumab. Il braccio che non prevede l'iniziale resezione del primitivo, permetteva una chirurgia colorettale di salvataggio in caso di occlusione, sanguinamento, perforazione o fistolizzazione.
 
Il disegno dello studio era di superiorità del braccio sperimentale (chirurgia + chemio) vs quello standard: ciò avrebbe previsto un enorme sample size di 770 pazienti con 647 eventi attesi entro i 5 anni di accrual e i 3 di follow-up. Poiché lo studio ha arruolato in 5 anni meno del 20% dei pazienti pianificati è stato imprescindibile un sostanziale emendamento con il ricalcolo del sample size a 140 pazienti per braccio e previste due interim analysis, la prima delle quali stabiliva dei criteri di stop per futilità.
Nell'arco di 9 anni sono stati randomizzati 165 pazienti (84 nel braccio standard vs 81 in quello sperimentale), che avevano malattia epatica nel 70% dei casi, linfonodale o polmonare nel 20% e peritoneale nel 5% circa.
 
La prima interim, condotta dopo il 50% degli eventi attesi, è stata oggetto di pubblicazione in questo lavoro in extenso.
Il Data and Safety Monitoring Committee ha raccomandato l'interruzione del trial per futilità, non osservando alcuna differenza in outcome tra i due bracci di trattamento dopo 22 mesi di follow up mediano: median OS 26 mesi (95%CI 20-31.5) nel braccio con chirurgia sul primitivo vs median OS di 26.7 mesi (95%CI di 22-32.5) nel braccio di sola chemioterapia. HR 1.1, 95%CI 0-78-1.59, p=ns.
Inoltre, sono state censite tre morti (4%) nel postoperatorio nel braccio sperimentale e un terzo dei pazienti ha avuto morbilità legate alla chirurgia.
Un trial difficile da valutare per molti versi: affronta un argomento controverso (d'altra parte i trial randomizzati servono esattamente a rispondere a domande incerte), difficile da proporre a un paziente (randomizzazione a sala operatoria vs no), lento nell'accrual (in 7 anni si è raggiunto un deludente 20% dei pazienti inizialmente pianificati) e carente di alcune informazioni chiave nell'oncologia del 2021 (biologia molecolare, trattamenti post progressione, ecc....). Al netto di questo, lo studio randomizzato iPACS porta un messaggio a favore della sola terapia sistemica: nessuna differenza in termini di sopravvivenza mediana.
 
Ma il dibattito sulla chirurgia del primitivo nella malattia in stadio IV è davvero finito?
 
Non c'è dubbio la chirurgia sul T sia meno utilizzata nel paziente metastatico rispetto allo scorso decennio (Hu JC, JAMA 2015), sono stati sfatati dei miti (il primitivo in sede è a rischio di ostruzione, di sanguinamento, di perforazione...) e sono state sviluppate alternative come ad esempio le protesi in sede.
 
Tuttavia, forse conviene attendere i risultati di altri studi (in particolare quelli che hanno arruolato una popolazione più simile a quella Europea): il SYNCHRONOUS tedesco, il CAIRO-4 olandese, il CCRe-IV, il CLIMAT/Prodige 30 transalpino, tra gli altri - per poi attenderci una corposa metanalisi (magari petrelliana) -, sebbene sia poco probabile che uno di questi dia un risultato clamorosamente differente.
 
Di sicuro per qualche paziente la chirurgia sul primitivo è vantaggiosa per motivi biologici e clinici, ma rimane da stabilire chi sia il candidato ideale. Preferenzialmente un paziente con neoplasia poco aggressiva e prognosticamente favorevole (RAS wt, BRAF wt), con basso carico di malattia e con un quadro controllato dalla terapia sistemica di induzione, sfruttando al meglio lo spazio del mantenimento.