Patologia gastrointestinale
Giovedì, 07 Marzo 2019

Tumore delle vie biliari: per quali pazienti pensiamo alla seconda linea?

A cura di Giuseppe Aprile

Neoplasia delle vie biliari, avversario ostico. Uno studio cooperativo internazionale a guida francese verifica quali siano i fattori clinici che permettono di stimare l'outcome al termine della prima terapia e quindi indica come selezionare al meglio i pazienti a cui proporre una seconda linea terapeutica.

Neuzillet C, et al. Prediction of survival with second-line therapy in biliary tract cancer: Actualisation of the AGEO CT2BIL cohort and European multicentre validations. Eur J Cancer 2019, epub ahead of print Feb 28.

I dati dalle casistiche retrospettive ci confermano che almeno il 30% dei pazienti con neoplasia avanzata delle vie biliari riceve una terapia di seconda linea. Tuttavia, vi sono alcune questioni ancora da risolvere prima di capire quali siano i pazienti a poterne avere il maggiore beneficio: 1) al momento della prima progressione la malattia è particolarmente eterogenea 2) non vi sono solidi studi prospettici che hanno confermato ilbeneficio della terapia di seconda linea vs la sola terapia di suporto, quindi è complicato stimare il potenziale beneficio di un successivo trattamento.

Una recente pooled analysis di un gruppo italiano [Fornaro L. et al. Journal of Experimental and Clinica Res 2015], dimostrava che in una coorte di circa 500 pazienti il beneficio del trattamento di seconda linea era, in generale, modesto: RR stimabile attorno al 10%, sopravvivenza libera da progressione pari a circa tre mesi e sopravvivenza mediana overall di poco superiore ai sei mesi.

Lo stesso gruppo di lavoro [Fornaro L, et al. Br J Cancer 2004] proponeva lo studio dei fattori prognostici per selezionare i migliori candidati a ricevere il trattamento di linea successiva, dimostrando che il PS secondo ECOG pari a 0, un valore contenuto del marcatore Ca 19.9, una PFS in prima linea superiore ai sei mesi e la chirurgia sulla neoplasia primitiva erano tutti fattori che in analisi multivariata permettevano di selezionare i pazienti con buon outcome alla seconda linea - con una sopravvivenza mediana attesa superiore ai 13 mesi.

Lo studio francese ora si propone di confermare quali siano i fattori prognostici per selezionare i potenziali candidati alla seconda linea dopo fallimento di terapia con doppietta a base di platino e gemcitabina. Si parte da una coorte di costruzione del nomogramma prognostico con circa 400 pazienti [coorte francese AGEO] e, una volta individuati i fattori da inserire nel modello prognostico, erano previste tre coorti esterne di validazione, una francese, una italiana [la piu numerosa con quasi 300 soggetti arruolati negli studi del GICO] e una anglosassone.

L'accuratezza del modello finale è stata verificata considerando il parametro della discriminazione e quello della calibrazione.  Il potere predittivo e la abilità di discriminazione del modello sono state valutate con il Harrell’s concordance index (C-index). La calibrazione del modello è stata stabilita con il calibration plot. Sono stati previsti test di coerenza interna ed esterna del modello che ha permesso di sviluppare un nomogramma con la stima della probabilità di vita a 3, 6, 12 e 24 mesi dall'inizio della terapia di seconda linea in base alle caratteristiche iniziali date. 

Tra i 22 parametri clinici presi in esame, otto di essi erano associati alla sopravvivenza overall all'analisi univariata.

Nella analisi multivariata si sono evidenziate solo quattro fattori prognostici indipendenti  (p < 0.05): PS secondo ECOG, motivo per discontinuare terapia di prima linea, resezione della neoplasia primitiva e diffusione peritoneale di malattia.

Il modello finale ha un Harrell’s concordance index pari a 0.655, un buon livello di calibrazione ed è stato indipendentemente confermato nelle tre coorti esterne di validazione.

Il panorama della seconda linea per pazienti con neoplasia delle vie biliari rimane incerto: sebbene alcuni pazienti possano giovare molto del trattamento, triplicando l'aspettativa di vita, il vantaggio che "in media" il paziente puo derivarne è modesto e non è chiaro quali siano i pazienti che possano trarne il massimo beneficio.

Lo studio francese - che ha avuto un'importante componente italiana costituita dai membri del GICO - conferma l'interesse verso lo sviluppo di modelli prognostici che aiutino l'oncologo clinico nella selezione dei candidati a cui proporre la terapia successiva. Certamente, questi modelli sono utili per poter calibrare la chance di successo al potenziale rischio di un secondo trattamento antiblastico.