Uno studio di fase 2 a singolo braccio, con la combinazione di due farmaci “datati” come l’erlotinib e il bevacizumab, merita le pagine del New England Journal of Medicine in quanto ha documentato una importante attività in un tumore a prognosi difficile come il carcinoma renale papillare avanzato, che si presenta in forma sporadica o in forma ereditaria.
Srinivasan R, Gurram S, Singer EA, Sidana A, Al Harthy M, Ball MW, Friend JC, Mac L, Purcell E, Vocke CD, Ricketts CJ, Kong HH, Cowen EW, Malayeri AA, Shih JH, Merino MJ, Linehan WM. Bevacizumab and Erlotinib in Hereditary and Sporadic Papillary Kidney Cancer. N Engl J Med. 2025 Jun 19;392(23):2346-2356. doi: 10.1056/NEJMoa2200900. PMID: 40532152.
La leiomiomatosi ereditaria con carcinoma renale (Hereditary leiomyomatosis and renal-cell cancer, HLRCC) è una malattia ereditaria caratterizzata da varianti patogeniche germinali nel gene che codifica per la fumarato idratasi e da un aumentato rischio di carcinoma renale papillare.
Infatti, questo gene è importante per il normale metabolismo cellulare e le alterazioni portano ad un accumulo di fumarato e ad altri cambiamenti metabolici che possono favorire lo sviluppo tumorale.
Purtroppo, non è disponibile alcuna terapia efficace per i pazienti con carcinoma renale papillare avanzato associato a questa condizione ereditaria, di conseguenza la maggior parte dei pazienti che si ammalano muore a causa della progressione della malattia.
A giugno 2025, è stato pubblicato sul New England Journal of Medicine uno studio di fase 2, senza braccio di controllo, in cui gli autori hanno valutato l'efficacia della combinazione dell’anticorpo monoclonale anti-VEGF bevacizumab (alla dose di 10 mg per chilogrammo di peso corporeo, ogni 2 settimane) e dell’inibitore di tirosino-chinasi dell’Epidermal Growth Factor Receptor erlotinib (alla dose di 150 mg una volta al giorno) in una serie di pazienti affetti da carcinoma renale papillare avanzato associato a HLRCC o sporadico.
L'endpoint primario dello studio era la proporzione di risposte obiettive; gli endpoint secondari includevano la sopravvivenza libera da progressione (progression-free survival, PFS) e la sopravvivenza globale (overall survival, OS).
Nello studio sono stati inclusi 83 pazienti totali, di cui 43 pazienti con carcinoma renale papillare associato a HLRCC e 40 pazienti con carcinoma renale papillare sporadico.
Una risposta obiettiva confermata è stata ottenuta in 31 dei 43 pazienti con carcinoma renale papillare associato a HLRCC (72%; intervallo di confidenza al 95%, 57 - 83); in tale casistica, la sopravvivenza libera da progressione mediana è risultata pari a 21.1 mesi (intervallo di confidenza al 95%, 15.6 – 26.6) e la sopravvivenza globale mediana è risultata pari a 44.6 mesi (intervallo di confidenza al 95%, 32.7 - non stimabile).
Una risposta obiettiva confermata è stata ottenuta in 14 dei 40 pazienti con carcinoma renale papillare sporadico (35%; intervallo di confidenza al 95%, 22 - 51), con una sopravvivenza libera da progressione mediana pari a 8.9 mesi (intervallo di confidenza al 95%, 5. 5 – 18.3) e una sopravvivenza globale mediana pari a 18.2 mesi (intervallo di confidenza al 95%, 12.6 – 29.3).
Coerentemente con il noto profilo di tossicità dei due farmaci, gli eventi avversi più comuni correlati al trattamento sono stati rash acneiforme (93%), diarrea (89%) e proteinuria (78%). Gli eventi avversi più comuni correlati al trattamento di grado 3 o superiore sono stati ipertensione (34%) e proteinuria (17%).
Sulla base dei risultati sopra sintetizzati, gli autori concludono che la combinazione di bevacizumab ed erlotinib ha mostrato attività antitumorale nei pazienti con carcinoma renale papillare associato a HLRCC o sporadico.
Lo studio era finanziato dal National Cancer Institute e il risultato è molto importante, in quanto rappresenta una chance terapeutica per una patologia “orfana” quale il carcinoma renale papillare: la proporzione di risposte obiettive è risultata interessante nelle forme sporadiche ma soprattutto è risultata particolarmente elevata nelle forme associate a predisposizione ereditaria. Non a caso lo studio ha meritato anche la citazione su ASCO Post.
Trattandosi di un tipo di tumore clinicamente aggressivo, anche la proporzione di risposte obiettive in uno studio di fase 2 a singolo braccio rappresenta un’evidenza interessante. Progression-free survival ed overall survival erano endpoint secondari, ma il confronto indiretto con l'attività dei trattamenti disponibili è favorevole. Nella discussione, gli autori sottolineano la difficoltà di condurre uno studio randomizzato in questo setting, sia per la rarità della patologia che per la carenza di un braccio di controllo efficace. Al momento, ovviamente, il trattamento sperimentale oggetto di questo studio è da considerarsi "off label" per i pazienti da trattare nella pratica clinica.