Patologia genito-urinaria
Giovedì, 23 Febbraio 2023

Carbotaxolo e avelumab upfront per pazienti con cancro dell'endometrio: luci ed ombre del MITO END-3

A cura di Giuseppe Aprile

Noto il beneficio dell'immunoterapia in seconda linea (se dMMR/MSI-H) e in attesa dei risultati dei trial di fase III, il trial END-3 del gruppo italiano MITO testa upfront la combinazione di carboplatino-paclitaxel con avelumab. Verso un approccio terapeutico personalizzato anche nella neoplasia endometriale?

Pignata S, et al. Carboplatin and paclitaxel plus avelumab compared with carboplatin and paclitaxel in advanced or recurrent endometrial cancer (MITO END-3): a multicentre, open-label, randomised, controlled, phase 2 trial. Lancet Oncol 2023; 14 Feb, epub ahead of print. 

Il tumore endometriale è una patologia che colpisce 10.000 donne italiane ogni anno, con oltre 2.000 decessi.

Nonostante i recenti progressi nella classificazione molecolare della patologia che è stata incorporata anche nelle linee guida ESMO 2022, dal punto di vista terapeutico non si sono fatti grandi passi avanti negli ultimi anni, rimanendo fondamentalmente ancorati al trattamento chemioterapico con carboplatino e paclitaxel.

Più recentemente (dal 2021 in poi) sono stati approvati alcuni immunoterapici per il trattamento di linea successiva limitatamente alla popolazione con condizione dMMR/MSI-H, che in letteratura è riportata avere un'incidenza del 25-30%. Anche in Italia è stato recentemente approvato dostarlimab in monoterapia per pazienti che hanno precedentemente fallito una chemioterapia con platino.

Mentre è stato evidente il vantaggio dell'immunoterapia (durvalumab, pembrolizumab, dostralimab) in pazienti pretrattate e molecolarmente selezionate, non è ancora definito il ruolo dei checkpoint inibitori upfront. 

Lo studio MITO END-3, un fase II randomizzato open-label condotto in 31 istituzioni italiane, ha randomizzato in prima linea pazienti con carcinoma endometriale in stadio III-IV secondo FIGO a carbotaxolo +/- avelumab; nel braccio sperimentale il trattamento era proseguito ogni due settimane dopo il termine dei 6-8 cicli di terapia antiblastica, fino a PD o tossicità. Le pazienti eleggibili avevano ECOG PS 0-1 e lo studio prevedeva stratificazione per istologia, stadio e centro (ma non per condizione di MMR/MSI). Endpoint primario era la PFS valutata dall'investigatore nella popolazione ITT.

Le 125 pazienti arruolate (62 nel braccio standard, 63 in quello sperimentale) avevano malattia in stadio IV alla diagnosi in circa la metà dei casi, PS 0 nell'80% dei casi e istoogia endometrioide nel 70% delle pazienti.

Da notare che la condizione dMMR/MSI-H era riportata nel 47% delle pazienti incluse (56% nel braccio che ha ricevuto terapia con avelumab), dato più elevato rispetto a quanto segnalato in letteratura.

I dati riportati dopo un follow-up mediano di poco inferiore ai due anni dimostrano che:

1. Nella popolazione ITT non vi sono grandi differenze in termini di PFS tra i due bracci di trattamento: mPFS 9.9 mesi (95%CI 6·7–12·1) vs 9.6 mesi (95%CI 7·2–17·7), HR 0.78.

2. Sembra esserci un  netto beneficio per la chemioimmunoterapia in combinazione upfront nella popolazione dMMR/SI-H. Il vantaggio è riportato sia in PFS rate a 12 mesi (60% nel braccio sperimentale vs 35% in quello standard) che in OS rate a 24 mesi (76% vs 55%); vi è infatti una significativa interazione tra l'effetto del trattamento e lo stato di MMR tanto per PFS (p di interazione 0.015) che in sopravvivenza overall (p di interazione 0.029).

3. Sembra che l'effetto del trattamento sperimentale vada in direzioni opposte in dipendenza della condizione di MMR: di vantaggio se dMMR/MSI-H, di svantaggio se pMMR/MSS.

4. L'incremento di tossicità nel braccio sperimentale (in particolare quella immunorelata) riflette una più prolungata esposizione alla terapia.

 

Lo studio MITO END-3 riporta nel sottogruppo di pazienti dMMR/MSI-H il beneficio della terapia di combinazione (carbotaxolo + avelumab) rispetto alla sola chemioterapia.

Cautela però nella interpretazione del dato di una una sottoanalisi e con valutazione radiologica non centralizzata: sebbene questa analisi fosse prepianificata, la condizione di MMR non era un fattore di stratificazione previsto. Inoltre, la percentuale di pazienti dMMR inseriti in studio era molto maggiore a quella attesa dai dati di letteratura (rispettivamente 47% e 25-30%) - probabilmente per un convincimento degli investigatori del maggior beneficio dell'immunoterapia in questo sottotipo molecolare, che potrebbe aver creato un bias.

Si resta quindi in attesa dei risultati degli studi di fase III randomizzati ongoing, tra i quali ricordiamo il trial ENGOT-EN6/NSGO-RUBY (carbopaltino + paclitaxel +/- dostarlimab) e il AtTEnd/ENGOT-en7 (carbopaltino + paclitaxel +/- atezolizumab), che chiariranno il panorama del futuro trattamento della paziente con carcinoma endometriale. Un altro passo verso l'oncologia di precisione.