Patologia genito-urinaria
Sabato, 19 Novembre 2016

Continua la scalata del cabozantinib al tumore del rene: dopo i pazienti pretrattati, la prima linea

A cura di Massimo Di Maio

Dopo la dimostrazione di beneficio in seconda linea, il cabozantinib ha prodotto un risultato positivo rispetto a sunitinib come trattamento di prima linea del tumore del rene: è la prima volta che un farmaco supera il sunitinib in questo setting.

Toni K. Choueiri, Susan Halabi, Ben L. Sanford, Olwen Hahn, M. Dror Michaelson, Meghara K. Walsh, Darren R. FeldmanThomas Olencki, Joel Picus, Eric J. Small, Shaker Dakhil, Daniel J. George, Michael J. Morris. Cabozantinib Versus Sunitinib As Initial Targeted Therapy for Patients With Metastatic Renal Cell Carcinoma of Poor or Intermediate Risk: The Alliance A031203 CABOSUN Trial. Journal of Clinical Oncology 2016, November 14 [Epub ahead of print].

Il cabozantinib è un farmaco a bersaglio molecolare, somministrato per via orale, inibitore di tirosino chinasi del VEGFR2 (Vascular endothelial growth factor receptor 2), nonché di MET e AXL.
Dopo la dimostrazione di superiorità rispetto ad everolimus in pazienti con tumore del rene metastatico, in seconda linea, il cabozantinib è stato sperimentato, nell’ambito di uno studio randomizzato di fase II, come trattamento di prima linea.

I pazienti eleggibili avevano un tumore del rene a cellule chiare, metastatico, con performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) compreso tra 0 e 2, ed erano prognosticamente classificati come a rischio intermedio (“intermediate”) o elevato (“poor risk”), secondo i criteri dell’International Metastatic Renal Cell Carcinoma Database Consortium. Erano quindi esclusi dallo studio i pazienti classificati a prognosi migliore (“good risk”).

I pazienti erano randomizzati, in rapporto 1:1.

I pazienti assegnati al braccio sperimentale ricevevano cabozantinib (alla dose di 60 mg per os, una volta al giorno).

I pazienti assegnati al braccio di controllo ricevevano sunitinib (alla dose di 50 mg al giorno, secondo la classica schedula con 4 settimane di trattamento continuato seguite da 2 settimane di pausa).

Endpoint primario dello studio era la sopravvivenza libera da progressione (progression-free survival, PFS). Nel dettaglio, lo studio era dimensionato per avere una potenza dell'85% nel documentare una riduzione del rischio di progressione o morte del 33% (Hazard Ratio 0.67) a favore di cabozantinib, con un alfa pari a 0.12 a una coda.

Endpoint secondari dello studio erano la proporzione di risposte obiettive, la sopravvivenza globale, la tollerabilità del trattamento. Non era prevista la valutazione della qualità di vita.

Lo studio si è concluso dopo la randomizzazione di 157 pazienti, tra il luglio 2013 e l’aprile 2015. Nel dettaglio, 79 pazienti sono stati randomizzati a ricevere cabozantinib e 78 pazienti sono stati assegnati al braccio di controllo con sunitinib.

Il trattamento sperimentale è risultato associato a un significativo miglioramento della PFS: la PFS mediana è risultata pari a 8.2 mesi con cabozantinib, e 5.6 mesi con sunitinib, per una differenza tra le mediane pari a 2.6 mesi (adjusted Hazard Ratio 0.66; intervallo di confidenza al 95% 0.46 - 0.95; p value a una coda = 0.012).

La proporzione di risposte obiettive è risultata pari al 46% (intervallo di confidenza 95% 34 - 57) con il cabozantinib, rispetto al 18% (intervallo di confidenza 95% 10 - 28) con il sunitinib.

La proporzione di eventi avversi di grado 3-4, indipendentemente dal nesso causale con il trattamento, è risultata simile nei due bracci dello studio: 67% e 68%, rispettivamente con il cabozantinib e con il sunitinib.

Nel dettaglio, gli eventi più comunemente descritti sono stati la diarrea (10% con il cabozantinib e 11% con il sunitinib), la fatigue (rispettivamente 6% e 15%), l’ipertensione (rispettivamente 28% e 22%), l’eritrodisestesia palmo-plantare (rispettivamente 8% e 4%) e le tossicità ematologiche (3% con il cabozantinib e 22% con il sunitinib).

Questo studio di fase II ha evidenziato un significativo vantaggio in sopravvivenza libera da progressione, e nella proporzione di risposte obiettive, con il cabozantinib rispetto al sunitinib, come trattamento di prima linea dei pazienti con tumore del rene metastatico, selezionati per prognosi intermedia o severa. La selezione dei pazienti giustifica le mediane di PFS osservate nello studio: la mediana di PFS ottenuta con sunitinib (inferiore a 6 mesi) è coerente con l’esclusione dei pazienti a prognosi migliore, caratterizzati spesso da malattia a più lenta evoluzione. Gli autori sottolineano anche l’elevata percentuale di pazienti con metastasi ossee (pari al 36% circa in entrambi i bracci dello studio), caratteristica associata ad una prognosi mediamente peggiore.

Il braccio di controllo scelto per lo studio appare adeguato: il sunitinib è considerato trattamento adeguato per i pazienti a rischio intermedio (raccomandazione positiva forte secondo le linee guida AIOM edizione 2016) e per i pazienti “poor risk” (raccomandazione positiva debole).
Il dimensionamento dello studio mirava a documentare un vantaggio “clinicamente rilevante” (Hazard Ratio 0.67), ma accettando un rischio di risultato falso positivo decisamente superiore a quanto usualmente accettato per uno studio che punti alla dimostrazione definitiva di un beneficio: l’errore alfa era infatti pari a 0.12 a una coda, quindi molto più elevato rispetto al “classico” 0.05 a 2 code.

Con i limiti metodologici sopra descritti, il risultato osservato è indubbiamente interessante, documentando per la prima volta la superiorità di un trattamento sperimentale rispetto al sunitinib, a circa 10 anni dalla sua introduzione come trattamento standard del tumore del rene metastatico.
Sulla base dei risultati di questo studio, presentati al congresso ESMO di Copenhagen 2016 e pubblicati sulle pagine del Journal of Clinical Oncology, l’azienda produttrice del cabozantinib ha in programma la sottomissione di una Supplemental New Drug Application (sNDA) alla Food and Drug Administration statunitense.

Ad oggi, il cabozantinib è approvato dall’European Medicines Agency per il trattamento di pazienti con tumore del rene che abbiano già ricevuto una prima linea di trattamento. Le linee guida AIOM (edizione 2016) non contengono raccomandazione relativa all’impiego del farmaco in seconda linea, non essendo stato ancora rimborsato da AIFA.