Patologia genito-urinaria
Sabato, 31 Luglio 2021

..il vecchietto, come lo tratto?

A cura di Massimo Di Maio

Un’analisi congiunta dei dati di 3 studi randomizzati descrive efficacia e tollerabilità dei farmaci ormonali di nuova generazione nei pazienti ultra80enni con tumore della prostata non-metastatico resistente alla castrazione. Un focus sull’età che ruota intorno al classico tema dell’applicabilità dei risultati degli studi nella pratica clinica.

Jaleh Fallah, Lijun Zhang, Anup Amatya, Yutao Gong, Bellinda King-Kallimanis, Vishal Bhatnagar, Chana Weinstock, Daniel L Suzman, Sundeep Agrawal, Elaine Chang, Mitchell S Anscher, Dow-Chung Chi, James X Xu, Jamie R Brewer, Michael H Brave, Mehrnoosh Hadadi, Marc R Theoret, Paul G Kluetz, Kirsten B Goldberg, Amna Ibrahim, Shenghui Tang, Richard Pazdur, Julia A Beaver, Laleh Amiri-Kordestani, Harpreet Singh. Survival outcomes in older men with non-metastatic castration-resistant prostate cancer treated with androgen receptor inhibitors: a US Food and Drug Administration pooled analysis of patient-level data from three randomised trials. The Lancet Oncology, 2021, ISSN 1470-2045, https://doi.org/10.1016/S1470-2045(21)00334-X.

L’età media dei pazienti con tumore della prostata avanzato è molto alta, rispetto alla maggior parte degli altri tumori solidi. Questo comporta che molti pazienti abbiano importanti patologie concomitanti e un rischio di tossicità mediamente più alto rispetto ai pazienti giovani.

Storicamente, molte sperimentazioni cliniche registrative condotte in ambito oncologico sono state caratterizzate da un'inevitabile selezione di pazienti, con la conseguenza che i pazienti anziani sono spesso sottorappresentati.

Il dubbio relativo alla riproducibilità dei risultati ottenuti negli studi clinici (sia in termini di efficacia che di tossicità) nella pratica clinica, con una popolazione mediamente più anziana, era particolarmente dibattuto con i trattamenti chemioterapici, caratterizzati da un indice terapeutico meno favorevole. Peraltro, sebbene l’età spesso non rappresenti una controindicazione relativa come accade nel caso della chemioterapia, il quesito si pone anche per le terapie ormonali di nuova generazione.
Partendo dalla considerazione che esistono poche evidenze sul rapporto beneficio-rischio con i farmaci ormonali di nuova generazione nei pazienti anziani affetti da tumore della prostate resistente alla castrazione, non metastatico, gli autori dello studio recentemente pubblicato da Lancet Oncology hanno condotto un’analisi congiunta di 3 studi randomizzati condotti in tale setting.

Allo scopo di selezionare gli studi eleggibili, gli autori hanno eseguito una revisione di tutti gli studi controllati randomizzati, che valutassero inibitori del recettore degli androgeni di nuova generazione, condotti nel setting del tumore della prostata resistente alla castrazione, sottomessi alla Food and Drug Administration statunitense prima del 15 agosto 2020.

Sono stati identificati 3 studi, condotti rispettivamente con enzalutamide, apalutamide, darolutamide.

I 3 studi, che confrontavano la terapia ormonale con il placebo, arruolavano pazienti con performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) 0–1, tumore della prostata resistente alla castrazione, con un valore di PSA pari ad almeno 2.0 μg/L , un tempo di raddoppiamento del PSA inferiore a 10 mesi, senza evidenza di metastasi alle indagini strumentali tradizionali (TAC e scintigrafia ossea).
Tutti i pazienti avavano una diagnosi di adenocarcinoma della prostata confermata citologicamente o istologicamente, senza differenziazione neuroendocrina o a piccole cellule.

Per rispondere al quesito relativo all’effetto dell’età dei pazienti sull’efficacia e sulla sicurezza, gli autori hanno diviso i pazienti randomizzati in 2 sottogruppi sulla base dell’età inferiore o superiore ad 80 anni, descrivendo:

  • la sopravvivenza libera da metastasi (metastasis-free survival, MFS) nella popolazione intention-to-treat;
  • la sopravvivenza globale (overall survival, OS) nella popolazione intention-to-treat;
  • la tollerabilità del trattamento in chi avesse ricevuto almeno 1 dose del trattamento.

L'analisi è stata condotta "patient-level", ovvero lavorando con i dati individuali dei pazienti inseriti nei 3 studi.

Complessivamente, nei 3 studi 4117 pazienti sono stati randomizzati al trattamento con un farmaco ormonale di nuova generazione (apalutamide, enzalutamide, darolutamide; n=2694) o a placebo (n=1423).

Nel sottogruppo di pazienti ultraottantenni (n=1023):

  • la sopravvivenza libera da metastasi mediana è risultata pari a 40 mesi nel braccio sperimentale e pari a 22 mesi nel braccio di controllo (hazard ratio 0.37, intervallo di confidenza al 95% 0.28–0.47].
  • la sopravvivenza mediana è risultata pari a 54 mesi nel braccio sperimentale e pari a 49 mesi nel braccio di controllo (hazard ratio 0.79, intervallo di confidenza al 95% 0.64–0.98).

Nel sottogruppo di pazienti di età inferiore a 80 anni (n=3094):

  • la sopravvivenza libera da metastasi mediana è risultata pari a 41 mesi nel braccio sperimentale e pari a 16 mesi nel braccio di controllo (hazard ratio 0.31, intervallo di confidenza al 95% 0.27–0.35).
  • la sopravvivenza mediana è risultata pari a 74 mesi nel braccio sperimentale e pari a 61 mesi nel braccio di controllo (hazard ratio 0.69, intervallo di confidenza al 95% 0.60–0.80).

Nei pazienti ultraottantenni, il 55% ha riportato eventi avversi di grado maggiore o uguale a 3 nel braccio sperimentale, rispetto al 41% nel braccio assegnato a placebo.

Nei pazienti di età inferiore a 80 anni, il 44% ha riportato eventi avversi di grado maggiore o uguale a 3 nel braccio sperimentale, rispetto al 30% nel braccio assegnato a placebo.

Gli eventi avversi severi più comuni sono stati:

  • l’ipertensione (8% nei pazienti di età inferiore a 80 anni e 8% nei pazienti ultraottantenni, nel braccio sperimentale, rispetto al 5% e 6% rispettivamente nel braccio assegnato a placebo);
  • le fratture (3% nei pazienti di età inferiore a 80 anni e 5% nei pazienti ultraottantenni, nel braccio sperimentale, rispetto a 1% e 3% rispettivamente nel braccio assegnato a placebo).

Gli autori, commentando i risultati della loro analisi combinata, concludono che i dati rassicurano sull’impiego dei farmaci ormonali di nuova generazione nei pazienti ultraottantenni con tumore della prostata resistente alla castrazione, non metastatico.

L’analisi dei dati suggerisce che I pazienti di età inferiore a 80 anni avevano un tempo di raddoppiamento del PSA e un punteggio di Gleason mediamente peggiore rispetto ai pazienti più anziani, suggerendo che negli ultraottantenni la biologia di malattia possa essere meno aggressiva.

Peraltro, lo scopo dell’analisi di sottogruppo era quello di descrivere, all’interno di ciascun gruppo di età e con particolare attenzione ai pazienti anziani, l’entità del beneficio in termini di metastasis-free survival e di sopravvivenza globale (entrambi significativi non solo nella popolazione complessiva ma anche nel sottogruppo degli ultra-80enni), nonché la tollerabilità del trattamento.

Nella discussione, giustamente gli autori sottolineano il classico problema della validità esterna dei risultati delle sperimentazioni cliniche: per quanto si trattasse di terapie ormonali e non di farmaci chemioterapici, è inevitabile una selezione dei pazienti inseriti negli studi oggetto dell’analisi, mediamente in migliori condizioni e con meno comorbidità rispetto alla popolazione eterogenea trattata nella pratica clinica. Non si tratta di un argomento nuovo, in quanto il problema della “discrepanza” tra le caratteristiche dei pazienti degli studi rispetto a quelli del “real world”, con le relative incognite in termini di riproducibilità dei risultati di efficacia e sicurezza, è un tema molto dibattuto negli ultimi anni.

Non bisogna nemmeno dimenticare che l’analisi presentata nel lavoro nasce dall’unione dei dati di 3 studi con 3 farmaci diversi, per quanto appartenenti alla stessa classe. Precedenti analisi (vedi ad esempio la metanalisi presentata ad ESMO 2019 https://oncologypro.esmo.org/meeting-resources/esmo-2019-congress/Safety-of-new-androgen-receptor-inhibitors-ARi-in-patients-with-nonmetastatic-castration-resistant-prostate-cancer-nmCRPC-a-network-meta-analysis-of-randomized-controlled-trials-RCT) avevano suggerito una discreta eterogeneità nel profilo di tollerabilità dei 3 farmaci, informazione utile per le scelte nella pratica clinica, a fronte della rassicurazione sul rischio accettabile di eventi avversi severi che si evidenzia nel lavoro ora pubblicato da Lancet Oncology.

Nei pazienti anziani, in particolare quelli molto anziani, è raccomandata l’esecuzione di una valutazione geriatrica che identifichi le fragilità e consenta la gestione delle comorbidità, la prevenzione degli eventi avversi, come ad esempio le cadute e le fratture dalle conseguenze particolarmente serie.

Gran parte della discussione del lavoro è dedicata proprio a questo tema, a ragione vista la fragilità che caratterizza molti pazienti ultraottantenni. D’altra parte, è sicuramente vero che l’aspettativa di vita di molti pazienti di 80 anni o più non è minima, e quindi è giusto prendere in considerazione trattamenti antitumorali dall’efficacia e sicurezza dimostrate.