Patologia genito-urinaria
Venerdì, 09 Ottobre 2020

Radioterapia adiuvante dopo prostatectomia radicale? Non ora, non qui.

A cura di Giuseppe Aprile

L’irradiazione della loggia prostatica con finalità adiuvante può essere presa in considerazione in casi specifici, con la finalità di prolungare il tempo a progressione biochimica e radiologica e (forse) la sopravvivenza overall. I risultati dello studio randomizzato RADICALS-RT sembrano invece dare ragione a Erri De Luca. 

Parker CC, et al. Timing of radiotherapy after radical prostatectomy (RADICALS-RT): a randomised, controlled phase 3 trial. Lancet. 2020 Sep 28:S0140-6736(20)31553-1. doi: 10.1016/S0140-6736(20)31553-1. Epub ahead of print. PMID: 33002429.

Rimane incerto il beneficio potenziale della radioterapia adiuvante sulla loggia prostatica dopo prostatectomia radicale per adenocarcinoma ghiandolare. Inoltre, rimane incerto il tempo in cui la tecnica radiante debba eventualmente essere offerta al paziente. Il trattamento radiante, infatti, potrebbe essere somministrato precocemente con finalità adiuvante, per ridurre il rischio di recidiva (biochimica o radiologica) o quantomeno prolungarne il tempo all’evento, ovvero riservato con finalità di salvataggio per i soli casi di progressione biochimica con aumento del PSA.

Tra i quesiti delle linee guida AIOM 2019 scritte dal gruppo multisocietario di esperti è stato affrontato il tema con un quesito specifico che ha portato ad una raccomandazione clinica con bassa certezza globale delle prove e forza della raccomandazione positiva debole. In particolare, sono stati presi in considerazione i risultati di tre studi clinici prospettici (EORTC 22911 pubblicato nel 2005, SWOG S9794 pubblicato nel 2006 e ARO 96-02 del 2009) e una revisione sistematica della Cochrane Library. Newl complesso, in tutti e tre i trial sembrava esserci un beneficio in termini di bPFS (progressione biochimica) a favore del trattamento radioterapico adiuvante vs la sola osservazione e in un solo studio dei tre un vantaggio a lungo termine statisticamente significativo anche in termini di OS mediana (15.2 anni vs 13.5 anni, HR 0.72 95%CI 0.55-0.96, p=0,023). Le linee guida AIOM, quindi, consigliano di valutare questa possibilità in pazienti radicalmente operati per adnocarcinoma prostatico con stadio patologicoT3 o con margini positivi. Va anche ricordato che le linee guida internazionali non sono univocamente concordi su questo punto (vedi ESMO e ASRO/AUA Guidelines) tanto che nella pratica clinica i radioterapisti americani esperti in patologia prostatica si dividono esattamente a metà nel dare l’indicazione vs la terapia adiuvante o quella di salvataggio, come riportato in una recente survey.

Lo studio RADICALS è un trial internazionale di fase 3 che ha arruolato pazienti con almeno un fattore di rischio per ricaduta biochimica (stadio T3 o T4, Gleason 7-10, margini operatori positivi o PSA basale >10 ng/mL) con una randomizzazione 1:1 a radioterapia adiuvante immediata vs osservazione e RT adiuvante solo in caso di ricaduta biochimica (definita come PSA >0.1 mg/mL o tre consecutivi incrementi). Endpoint primario dello studio non era la ricaduta biochimica, ma un evento clinico decisamente di maggiore peso: la probabilità di non avere metastasi a distanza a 10 anni; il disegno statistico supponeva la RT adiuvante immediata potesse aumentare il tasso di pazienti senza lesioni a distanza dal 90% al 95% (potenza 80%). Tra gi endoint secondari vi era la bPFS, la freedom from non-protocol HT, la safety e i PROs.

Fattori di stratificazione erano lo score di Gleason, lo stato dei margini di resezione chirurgica, la schedula di radioterapia pianificata (52.5 Gy in 20 frazioni vs 66 Gy in 33 frazioni) e il centro.

In un tempo di 10 anni (dal 2006 al 2017) sono stati inclusi nella sperimentazione 1.400 pazienti, con una età mediana di 65 anni. Il follow-up mediano dei pazienti è stato di circa 5 anni. Da notare che il 93% dei pazienti randomizzati al bracccio di RT adiuvante venivano trattati entro i sei mesi, mentre il 33% dei pazienti randomizzati al braccio di trattamento al momento della progressione biochimica erano trattati entro 8 anni dalla chirurgia.

I risultati riportati sono iniziali e possono essere risassunti in questo modo:

1. bPFS a 5 anni: 85% nel braccio di RT adiuvante vs 88% nel braccio di osservazione (HR 1.1, 95%CI 0.81-1.49, p=0.56)

2. Freedom from non-protocol hormone therapy a 5 anni: 93% nel braccio di RT adiuvante vs 92% in quello di RT di salvataggio (HR 0.88, 95%CI 0.58-1.33, p=0.53)

3. Si segnala inoltre come gli effetti collaterali (PROs) sfavorissero il trattamento radiante immediato per una maggiore frequenza e gravità di incontinenza urinaria a 1 anno (p=0.0023) e una maggiore probabilità di restringimento uretrale a 2 anni (6% vs 4%, p=0.02) oltre come intuibile a una maggiore frequenza degli effetti collaterali specifici della radioterapia (diarrea, proctite, cistite ed ematuria, tutti con p<0.001).

I risultati del trial, seppur preliminari, non sembrano suggerire alcuna utilità per la radioterapia adiuvante immediata offerta a pazienti radicalmente operati per carcinoma prostatica, nemmeno se con fattori di rischio per ricaduta (T elevato, margini positivi, Gleason score altro, PSA basale superiore a 10 ng/mL).

Nel medio termine – con un follow-up mediano di circa 5 anni – non si vede alcun vantaggio sulle ricadute biochimiche né sulla necessità successiva di terapia ormonale. Mancano certamente i dati a lungo termine sulle ricadute sistemiche e sulla sopravvivenza overall, sebbene pare poco probabile immaginare un effetto tardivo favorevole.

Sono da sottolineare, come giustamente fanno gli autori, alcune differenze tra lo studio RADICAL-ST e i precedenti trial di radioterapia adiuvante EORTC 22911 e SWOG 9794 (la tipologia dei pazienti, i macchinari utilizzati e la pianificazione della RT di salvataggio, il valore mediano del PSA al momento dell’avvio della RT per la recidiva biochimica, il tasso di pazienti che avviavano terapia ormonale, ecc…) ma il messaggio dello studio pare chiaro, anche considerato il censire non solo la tossicità da parte dei medici ma anche specifici patient-reported outcomes funzionali.

In contemporanea, appare su Lancet una review sistematica prospettica e meta-analisi di fìdati aggregati (Vale CL, et al; ARTISTIC Meta-analysis Group. Adjuvant or early salvage radiotherapy for the treatment of localised and locally advanced prostate cancer: a prospectively planned systematic review and meta-analysis of aggregate data. Lancet. 2020 Sep 28:S0140-6736(20)31952-8. doi: 10.1016/S0140-6736(20)31952-8. Epub ahead of print), che conferma come il trattamento radioterapico adiuvante non conferisca alcun vantaggio in event-free survival rispetto all’osservazione seguita da radioterapia sulla loggia prostatica in caso di ricaduta biochimica (HR 0.95, 95%CI 0.75-1.21, p=0.70) con una differenza di solo un punto percentuale in EFS a 5 anni (89% vs 88%). Fino alla acquisizione di dati a lungo termine, quindi, pare sia da preferire la policy sanitaria dell’attesa con attento follow-up, evitando di esporre uomini potenzialmente guariti dopo la prostatectomia radicale a un trattamento radiante con tossicità che conferisce un trascurabile effetto protettivo nel medio termine. Che lo sappiano ora anche i pazienti, si può attendere, nel giorno prima della felicità.