Patologia genito-urinaria
Sabato, 16 Gennaio 2021

Chemioterapia, abiraterone, enzalutamide o apalutamide? Un confronto indiretto prova a mettere ordine…

A cura di Massimo Di Maio


Una metanalisi “network” confronta i vari trattamenti che hanno dimostrato efficacia in aggiunta alla terapia di deprivazione androgenica nel tumore della prostata metastatico ormono-sensibile. L’attenzione è puntata al rapporto tra efficacia e tossicità, con un occhio alla sostenibiità… 

Wang L, Paller CJ, Hong H, De Felice A, Alexander GC, Brawley O. Comparison of Systemic Treatments for Metastatic Castration-Sensitive Prostate Cancer: A Systematic Review and Network Meta-analysis. JAMA Oncol. Published online January 14, 2021. doi:10.1001/jamaoncol.2020.6973

Negli ultimi anni, sono stati pubblicati I risultati di vari studi condotti nei pazienti con tumore della prostata metastatico, sensibile alla castrazione, con l’obiettivo di aggiungere alla terapia di deprivazione androgenica un altro trattamento allo scopo di migliorare l’outcome rispetto alla terapia di deprivazione androgenica da sola.

Tali studi (che hanno dimostrato l’efficacia di vari trattamenti, in primis il chemioterapico docetaxel, seguito da una serie di farmaci ormonali) non hanno confrontato direttamente tra loro queste opzioni terapeutiche risultate efficaci, e quindi la scelta dell’eventuale opzione migliore rimane affidata a confronti indiretti tra studi. Questo rende difficile la raccomandazione di un’opzione rispetto all’altra.

Come sottolineano gli autori, i trattamenti in questione sono anche profondamente differenti in termini di costo: negli Stati Uniti, un trattamento con docetaxel (6 cicli di chemioterapia) costa circa 627 dollari, a fronte dei 62714 dollari per una media di 2 anni di trattamento ormonale con abiraterone acetato (ora generico essendo scaduto il brevetto), a fronte dei 175438 dollari per enzalutamide e 231789 dollari per apalutamide.

Gli autori dell’articolo recentemente pubblicato da JAMA Oncology hanno condotto una revisione sistematica delle evidenze esistenti in letteratura, allo scopo di confrontare l’efficacia e la sicurezza dei vari trattamenti sperimentati nel setting del tumore della prostata metastatico, ormonosensibile.

Erano eleggibili per l’analisi studi randomizzati che valutassero l’aggiunta di un trattamento sistemico (docetaxel, abiraterone acetate, apalutamide, enzalutamide) alla terapia di deprivazione androgenica.
La ricerca degli studi eleggibili è stata condotta impiegando database bibliografici (MEDLINE, Embase, e Cochrane Central), documenti regolatori (sia della US Food and Drug Administration [FDA] che dell’European Medicines Agency [EMA]),registri di sperimentazione (ClinicalTrials.gov; European Union clinical trials register). La ricerca è stata condotta fino al novembre 2019.

Basandosi sui risultati dei singoli studi, gli autori hanno realizzato una metanalisi network, con approccio bayesiano.

Outcome principali erano:

  • La sopravvivenza globale (overall survival, OS)
  • La sopravvivenza libera da progressione radiografica (radiographic progression-free survival, rPFS)
  • Gli eventi avversi severi (SAE)

La revisione sistematica ha selezionato 7 studi, per un totale di 7287 pazienti. I 7 studi confrontano 6 trattamenti in aggiunta alla terapia di deprivazione androgenica (abiraterone acetato, apalutamide, docetaxel, enzalutamide, anti-androgeno non steroideo, placebo/nessun trattamento).

I trattamenti sono stati ordinati dal più efficace al meno efficace: in termini di sopravvivenza globale (overall survival, OS), abiraterone acetato associato all’ADT è risultato associato ad Hazard Ratio 0.61, intervallo di credibilità al 95% 0.54-0.70), seguito da apalutamide (Hazard Ratio 0.67; intervallo di credibilità al 95% 0.51-0.89) e dal docetaxel (Hazard Ratio 0.79; intervallo di credibilità al 95% 0.71-0.89).

In termini di sopravvivenza libera da progressione radiografica (rPFS), i trattamenti risultati associati al maggior beneficio sono stati enzalutamide (Hazard Ratio 0.39; intervallo di credibilità 95% 0.30-0.50); apalutamide (Hazard Ratio 0.48; intervallo di credibilità 95% 0.39-0.60), abiraterone acetato (Hazard Ratio 0.51; intervallo di credibilità 95% 0.45-0.58),e docetaxel (Hazard Ratio 0.67; intervallo di credibilità 95%0.60-0.74).

In termini di eventi avversi severi, docetaxel è risultato associato ad un rischio di eventi avversi severi nettamente incrementato (odds ratio, 23.72; 95% CI, 13.37-45.15), mentre abiraterone acetato è risultato associato a un rischio di eventi avversi moderatamente incrementato (odds ratio, 1.42; 95% CI, 1.10-1.83), mentre per gli altri trattamenti non è stato riportato un rischio di eventi avversi severi significativamente incrementato.

La revisione sistematica comprende la valutazione del rischio di bias, e gli autori evidenziano il rischio di bias presente in 4 studi per il disegno in aperto e non in cieco, in 3 studi per la presenza di dati mancanti, e in 2 studi per la presenza, nei risultati, di analisi apparentemente non prespecificate.

Sulla base dei risultati, gli autori concludono che sono abiraterone acetato ed apalutamide ad offrire, almeno nel confronto indiretto tra gli studi, il maggior beneficio in termini di sopravvivenza globale, senza incremento notevole degli eventi avversi severi. Enzalutamide ha dimostrato un beneficio significativo in sopravvivenza libera da progressione (apparentemente anche maggiore rispetto agli altri trattamenti), ma gli autori sottolineano che sarebbe opportuno un più lungo follow-up per valutare in maniera definitiva l’impatto in termini di sopravvivenza globale.

Che livello di evidenza offre una metanalisi network? Negli ultimi anni il numero di queste analisi è molto aumentato, e spesso (in assenza di confronti indiretti tra vari trattamenti innovativi, tutti confrontati con il precedente standard ma non fra di loro) tali analisi rappresentano l’unica possibilità di formalizzare (anche in termini quantitativi) un confronto tra le diverse opzioni.

Nel documento prodotto qualche anno fa sulle alternative per la medesima indicazione terapeutica, pubblicato anche su ESMO Open (https://www.aiom.it/considerazioni-sullequivalenza-terapeutica/), AIOM ha espresso un giudizio prudente sulle metanalisi network. In quel documento leggiamo:

"Le metanalisi “network”, a differenza delle metanalisi tradizionali, non si limitano a combinare i risultati di studi che abbiano confrontato direttamente un trattamento A vs. un trattamento B, ma confrontano risultati di due o più trattamenti, combinando studi che abbiano un braccio di trattamento comune. Dal punto di vista metodologico, tali metanalisi rappresentano uno strumento potenzialmente pericoloso, in quanto la loro conduzione (e la relativa pubblicazione) rischia di “rivestire” di oggettività e scientificità
confronti che in realtà restano molto deboli e scientificamente “grossolani”. In particolare, se una “network meta-analysis” combina Hazard Ratio (HR) da studi diversi, tali HR saranno fortemente condizionati dalla durata dell’arruolamento e del follow-up, ma anche dal meccanismo d’azione di un trattamento rispetto all’altro.  In generale, quindi, è raccomandabile che i confronti indiretti, pur utili per generare ipotesi, non siano ricondotti a meri e strumentalizzabili esercizi meccanici, corretti sul piano “formale” ma di scarsa sostanza culturale.
I confronti indiretti devono rappresentare un esercizio di livello scientificamente più elevato, che integra competenze statistiche e cliniche, cercando di esaminare la distribuzione degli effetti dei vari trattamenti. Quindi, la differenza nella sopravvivenza mediana, la percentuale di soggetti vivi a un tempo specifico, l’Hazard Ratio possono essere insufficienti, specialmente se prese singolarmente, mentre sono necessarie valutazioni complessive. In generale, le metanalisi “network” dovrebbero servire come
supporto, e non come strumento decisionale per sancire la superiorità di un
trattamento piuttosto che un altro. 

In considerazione dei limiti sopra descritti, l’interpretazione dei confronti indiretti dovrebbe limitarsi alla discussione di eventuali differenze medio-grandi, ignorando la significatività statistica e le differenze di rilevanza clinica modesta, in cui il peso dei bias del confronto può essere maggiore della reale differenza tra i trattamenti studiati.

In generale, le metanalisi “network” non permettono un affidabile confronto dei profili rischio – beneficio dei singoli trattamenti.

Alla luce di queste considerazioni, che valore dare alle metanalisi network, visto che alcune di esse, come quella che stiamo commentando, vengono pubblicate anche su riviste prestigiose e dalla grande diffusione? Bene, sicuramente è apprezzabile il tentativo di sistematizzare tutta l’evidenza disponibile su un determinato quesito. E’ importante quindi che i risultati vengono letti e commentati avendo bene in mente i limiti sopra riportati.

Nell’attuale pratica clinica italiana, docetaxel può essere impiegato ed è raccomandato (raccomandazione positiva forte) nelle linee guida AIOM, in particolare per i pazienti con alto volume di malattia secondo i criteri impiegati nello studio CHAARTED. Anche il trattamento con abiraterone acetato in combinazione con prednisone o prednisolone è raccomandato in associazione alla terapia di deprivazione androgenica, nei pazienti metastatici alla diagnosi, specialmente nei casi con malattia ad alto rischio (raccomandazione positiva forte).

Tuttavia, va sottolineato che il trattamento con abiraterone, pur approvato per l’impiego, non è rimborsato, a seguito del fallimento della negoziazione, e il risultato della metanalisi network ci ricorda quanto questo sia veramente un peccato, alla luce dell’efficacia dimostrata e della convenienza economica che il passaggio dell’abiraterone da farmaco sotto brevetto a farmaco generico comporta rispetto ai farmaci ormonali di più recente introduzione, come l’enzalutamide e l’apalutamide.