Patologia genito-urinaria
Sabato, 01 Settembre 2018

Terapia ormonale del tumore della prostata: l’importanza dei patient-reported outcomes

A cura di Massimo Di Maio

Uno studio osservazionale descrive le modifiche della funzione cognitiva e della fatigue nei pazienti trattati con abiraterone acetato e con enzalutamide. Gli studi post-registrativi possono essere utili, anche per la migliore descrizione dell’impatto sulla qualità di vita.

Thiery-Vuillemin A, Hvid Poulsen M, Lagneau E, et al Impact of abiraterone acetate plus prednisone or enzalutamide on fatigue and cognition in patients with metastatic castration-resistant prostate cancer: initial results from the observational AQUARiUS study. ESMO Open 2018;3:e000397. doi: 10.1136/esmoopen-2018-000397

Negli ultimi anni, il trattamento con i farmaci ormonali di nuova generazione (abiraterone acetato + prednisone; enzalutamide) è diventato parte della terapia standard per i pazienti affetti da carcinoma della prostata metastatico, dopo il fallimento della terapia di deprivazione androgenica. Tali trattamenti hanno una durata media relativamente lunga, di conseguenza la descrizione dell’impatto sulla qualità di vita e sulla funzione cognitiva è molto importante.

I dati post-registrativi disponibili su tale argomento sono relativamente limitati, ma l’argomento è di grande rilevanza clinica, in considerazione dell’età dei pazienti mediamente candidati a tale trattamento, nonché del precedente trattamento con la terapia di deprivazione androgenica (che mediamente dura vari anni prima della comparsa di resistenza). Infatti, l'impatto della terapia di deprivazione androgenica sulla funzione cognitiva, sulla fatigue e su altri aspetti di qualità di vita inerenti il meccanismo d’azione della terapia ormonale è stato oggetto di vari studi.

Lo studio AQUARiUS (codice del registro ClinicalTrials.gov NCT02813408) è uno studio prospettico osservazionale di fase IV, multicentrico, condotto in Europa.

Lo studio comprende 2 coorti di pazienti:

  1. la prima coorte trattata con abiraterone acetate + prednisone;
  2. la seconda coorte trattata con enzalutamide..

Trattandosi di uno studio osservazionale e non randomizzato, la scelta di un trattamento o l’altro è basata sulla decisione del clinico, nel rispetto dell’indicazione autorizzata.

Il protocollo prevede l’inclusione di 211 pazienti totali, per i quali è prevista la descrizione degli effetti del trattamento per i primi 12 mesi dall’inizio della somministrazione.

Lo studio è incentrato sui patient-reported outcomes (PROs): nel dettaglio, i dati sulla funzione cognitiva, sulla fatigue, sul dolore e sulla qualità di vita sono misurati impiegando:

  • FACT (Functional Assessment of Cancer Therapy)-Cognitive Function;
  • BFI (Brief Fatigue Inventory) - Short Form;
  • BPI (Brief Pain Inventory) - Short Form;
  • EORTC (European Organization for Research and Treatment of Cancer) QLQ (Quality of Life questionnaire) - C30.

L’analisi preliminare presentata nella pubblicazione si focalizza sui primi 3 mesi di trattamento, ed è stata condotta sui primi 105 pazienti inclusi nello studio osservazionale.

Nel dettaglio, 46 pazienti hanno ricevuto abiraterone acetato + prednisone, e 59 pazienti hanno ricevuto enzalutamide.

L’analisi del cambiamento nei punteggi relativi alla funzione cognitiva, dopo 1, 2 e 3 mesi rispetto al punteggio basale, ha evidenziato una differenza statisticamente significativa a favore del trattamento con abiraterone e prednisone rispetto al trattamento con enzalutamide. A ciascuno dei 3 tempi considerati, i pazienti trattati con enzalutamide presentavano un rischio più elevato di avere un peggioramento clinicamente significativo della funzione cognitiva.

Per quanto riguarda la fatigue, l’analisi del cambiamento rispetto al basale ha evidenziato una differenza statisticamente significativa a favore di abiraterone rispetto ad enzalutamide, dopo 2 e 3 mesi nel punteggio relativo al livello usuale di fatigue e all’interferenza sulla vita quotidiana, e dopo 3 mesi nel punteggio relativo al peggior livello di fatigue.

Analogamente, differenze significative a favore di abiraterone sono state osservate nel punteggio relativo alla fatigue del questionario EORTC QLQ-C30, dopo 1 mese e dopo 3 mesi.

L’analisi relativa al dolore (BPI-SF) non ha evidenziato differenze significative tra I pazienti trattati con I due farmaci, a tutti i tempi considerati nell’analisi.

Gli autori dell’articolo concludono che, nei pazienti che ricevono un farmaco ormonale di nuova generazione per il carcinoma della prostata metastatico, resistente alla castrazione, l’analisi presentata suggerisce un impatto più favorevole sulla funzione cognitiva e sulla fatigue, almeno nei primi 3 mesi di trattamento, con l’impiego di abiraterone acetato e prednisone rispetto all’impiego di enzalutamide.

Naturalmente, trattandosi dei dati preliminari di uno studio osservazionale, sono gli stessi autori a sottolineare i limiti metodologici dell’analisi. Il confronto tra trattamenti diversi sarebbe ovviamente meglio affrontato da uno studio randomizzato. Inoltre, il numero di pazienti analizzato nella pubblicazione è limitato sia in termini assoluti che relativamente alla numerosità complessiva prevista dal protocollo. Informazioni più robuste dovrebbero essere ottenute da un’analisi condotta su un numero maggiore di pazienti, con un follow-up più lungo, considerato che la durata media del trattamento con i farmaci oggetto dello studio è molto più lunga dei 3 mesi presi in considerazione in questa analisi preliminare.

Va detto, come commento generali, che i farmaci ormonali di nuova generazione hanno rappresentato un progresso fondamentale nel trattamento dei pazienti affetti da carcinoma della prostata metastatico resistente alla castrazione, avendo documentato un’indiscutibile efficacia in termini di controllo di malattia e miglioramento della sopravvivenza globale.

Peraltro, specialmente quando il trattamento si prolunga per molti mesi o anni, l’impatto negativo sulla qualità di vita va accuratamente descritto, per informare meglio i pazienti e per valutare meglio il rapporto tra i benefici ed i rischi del trattamento. Pertanto, pur con i suddetti limiti che impongono estrema cautela nell’interpretazione del risultato, gli studi post-registrativi, specialmente quando hanno come obiettivo quello di descrivere gli effetti collaterali (spesso poco approfonditi al momento dell’immissione in commercio), vanno sicuramente incoraggiati.