Patologia genito-urinaria
Lunedì, 27 Ottobre 2025

La biopsia liquida aiuta a decidere se proporre terapia adiuvante

A cura di Massimo Di Maio

I risultati dello studio IMvigor011 propongono un modello innovativo in cui, a parità di intervento chirurgico ricevuto (nello specifico, la cistectomia per un tumore della vescica), solo i pazienti in cui la biopsia liquida evidenziava presenza di DNA tumorale nel sangue ricevevano il trattamento immunoterapico adiuvante. I risultati sono positivi, e il modello è interessante anche per applicazioni simili in altri tumori e con altri trattamenti…

Powles T, Kann AG, Castellano D, Gross-Goupil M, Nishiyama H, Bracarda S, Bjerggaard Jensen J, Makaroff L, Jiang S, Ku JH, Park SH, Reig Torras O, Ye D, Maruzzo M, Necchi A, Morales-Barrera R, Giunta EF, Lee JL, Tortora G, Ürün Y, Dolowy L, Erdem D, Pinto A, Grando F, Zou W, Assaf ZJ, Vuky J, Degaonkar V, Steinberg EE, Bellmunt J, Gschwend JE; IMvigor011 Investigators. ctDNA-Guided Adjuvant Atezolizumab in Muscle-Invasive Bladder Cancer. N Engl J Med. 2025 Oct 20. doi: 10.1056/NEJMoa2511885. Epub ahead of print. PMID: 41124204.

I pazienti con carcinoma vescicale muscolo-infiltrante sono caratterizzati da una prognosi eterogenea dopo la cistectomia: alcuni guariscono, altri vanno incontro a recidiva anche relativamente precoce dopo l’intervento.

In questo setting, al pari di altri setting oncologici caratterizzati da un rischio concreto di recidiva dopo la chirurgia potenzialmente guaritiva, l'individuazione della malattia residua molecolare basata sul DNA tumorale circolante (circulating tumor DNA, ctDNA) può identificare i pazienti ad alto rischio di recidiva dopo la cistectomia che possono beneficiare dell'immunoterapia adiuvante, risparmiando così ai pazienti senza evidenza di DNA tumorale, che hanno una prognosi nettamente migliore e un rischio molto più basso di recidiva, una terapia non necessaria.

Sono stati recentemente pubblicati dal New England Journal of Medicine i risultati dello studio randomizzato di fase 3 IMvigor011, condotto in doppio cieco, in cui gli autori hanno utilizzato test seriali del ctDNA per monitorare (fino a 1 anno dall’intervento chirurgico) i pazienti con carcinoma vescicale muscolo-invasivo e nessuna evidenza radiografica di malattia dopo l'intervento chirurgico.

I pazienti eleggibili, vale a dire quelli risultati positivi al ctDNA durante il periodo di 1 anno programmato per la sorveglianza, sono stati randomizzati, in un rapporto 2:1, a ricevere l’immunoterapico atezolizumab per via endovenosa (braccio sperimentale) oppure il placebo (braccio di controllo) ogni 4 settimane per un massimo di 1 anno.

L'endpoint primario era la sopravvivenza libera da malattia (disease-free survival, DFS) valutata dallo sperimentatore. La sopravvivenza globale (overall survival, OS) era un endpoint secondario, valutato in modo gerarchico per controllare il rischio di risultato falso positivo alfa (in altre parole, la sopravvivenza globale sarebbe stata testata solo in caso di positività della DFS).

I pazienti screenati ma che risultavano persistentemente negativi al ctDNA durante i 12 mesi di controllo, non sono stati randomizzati.

Complessivamente sono stati arruolati nello studio 761 pazienti. Di questi, i 250 pazienti eleggibili, vale a dire risultati positivi al test del ctDNA durante l’anno successivo alla cistectomia , sono stati randomizzati: 167 sono stati assegnati al braccio sperimentale con atezolizumab e 83 sono stati assegnati al braccio di controllo con placebo.

La sopravvivenza libera da malattia mediana è stata pari a 9.9 mesi per i pazienti assegnati al braccio sperimentale con atezolizumab, rispetto a 4.8 mesi per i pazienti assegnati al placebo (hazard ratio per il primo evento di recidiva di malattia o decesso 0.64; intervallo di confidenza al 95%, 0.47 – 0.87; p=0.005).

La sopravvivenza globale mediana è stata pari a 32.8 mesi per i pazienti assegnati al braccio sperimentale con atezolizumab, rispetto a 21.1 mesi con placebo (hazard ratio per decesso 0.59; Intervallo di confidenza al 95% 0.39 – 0.90; p=0.01).

Complessivamente, il 28% dei pazienti trattati con atezolizumab e il 22% di quelli trattati con placebo hanno manifestato eventi avversi di grado 3 o 4 (correlati ad atezolizumab nel 7% e a placebo nel 4%); rispettivamente il 3% e il 2% dei pazienti hanno manifestato eventi avversi fatali (correlati ad atezolizumab e a placebo nel 2% vs. nessuno).

Tra i 357 pazienti con stato persistente di ctDNA-negatività, la sopravvivenza libera da malattia è stata pari al 95% al termine del periodo di monitoraggio di 1 anno e pari all’88% a 2 anni.

Sulla base dei risultati sopra sintetizzati, gli autori del paper di NEJM concludono che, nei pazienti con carcinoma vescicale muscolo-invasivo selezionati per l’evidenza di positività del DNA tumorale alla biopsia liquida, la terapia adiuvante con atezolizumab ha portato a una sopravvivenza libera da malattia e a una sopravvivenza globale significativamente più lunghe rispetto al placebo.

Negli ultimi anni, pur cercando di migliorare gli outcome dei pazienti con trattamenti sempre più efficaci, la comunità oncologica si interroga anche sulla necessità di ottimizzare le decisioni terapeutiche, riservando i trattamenti tossici ai pazienti che ne abbiano veramente necessità, e risparmiando quelli che potrebbero farne a meno, con ovvi benefici sia in termini di tossicità individuale sia di sostenibilità del sistema.

Il risultato dello studio dimostra che, in un sottogruppo di pazienti selezionato per la positività del DNA tumorale alla biopsia liquida dopo un intervento chirurgico potenzialmente guaritivo, l’immunoterapia è in grado di migliorare l’outcome. L’outcome dei pazienti negativi alla biopsia liquida è nettamente migliore, e questi pazienti potrebbero rimanere candidati alla sola sorveglianza clinico-strumentale, in attesa di definire un percorso personalizzato non solo in termini di offerta terapeutica ma anche di strategia di follow-up sulla base del rischio individuale.