Patologia genito-urinaria
Lunedì, 25 Agosto 2025

La riduzione ottimale del PSA è un forte fattore prognostico nel tumore della prostata ormono-sensibile

A cura di Massimo Di Maio

Negli ultimi tempi, varie analisi hanno evidenziato il ruolo prognostico della risposta ottimale in termini di riduzione del PSA a 6 mesi dall’inizio del trattamento farmacologico per il tumore della prostata ormono-sensibile. Annals of Oncology pubblica l’analisi analoga condotta nei pazienti dello studio CHAARTED.

Tripathi, A. et al.Ten-year survival rates by PSA nadir in patients with metastatic hormone-sensitive prostate cancer: long-term survival analysis from the ECOG-ACRIN 3805 (CHAARTED) trial. Annals of Oncology, Volume 0, Issue 0 (Epub ahead of print)

Lo studio CHAARTED ha fatto la storia del trattamento del tumore della prostata ormono-sensibile, dimostrando un chiaro beneficio per la chemioterapia con docetaxel in aggiunta alla terapia di deprivazione androgenica.

Dalla pubblicazione dei risultati dello studio, avvenuta circa 10 anni fa, il trattamento farmacologico dei pazienti con tumore della prostata metastatico ormono-sensibile ha visto numerosi cambiamenti, soprattutto grazie alla disponibilità dei farmaci ormonali di nuova generazione.

Le combinazioni di ADT e terapia ormonale di nuova generazione hanno molto ridimensionato l’impiego del docetaxel, ma lo studio CHAARTED rimane una pietra miliare in questo setting. Annals of Oncology pubblica ora un’analisi aggiornata del follow-up dello studio, ormai maturo e con dati a 10 anni.

In aggiunta, gli autori presentano i dati del ruolo prognostico della riduzione del PSA a 6 mesi dall’inizio del trattamento: varie analisi, anche presentate all’ASCO 2025, hanno già sottolineato il forte ruolo prognostico della riduzione ottimale del PSA, sia nei pazienti che ricevono ADT da sola sia nei pazienti che ricevono una moderna terapia di combinazione con i farmaci ormonali di nuova generazione. I dati di CHAARTED, studio randomizzato nel quale i pazienti ricevevano ADT da sola oppure ADT in combinazione con il docetaxel, vanno quindi ad aggiungersi a quelli già presentati nel setting della malattia ormono-sensibile.

La sopravvivenza globale (overall survival, OS), è stata calcolata con il metodo di Kaplan Meier, dalla data di randomizzazione fino alla data di decesso o all’ultima data di follow-up per i pazienti ancora in vita.
I pazienti sono stati divisi sulla base del volume di malattia secondo la ormai ben nota classificazione in high-volume e low-volume, e sulla base dei livelli di PSA a 6 mesi dall’inizio del trattamento (usando come cutoff il valore di 0.2 ng/mL).

In aggiunta all’analisi univariata, gli autori presentano anche l’analisi multivariata, condotta mediante modello di Cox, in cui, oltre al valore di PSA a 6 mesi, sono stati considerati il trattamento ricevuto, il volume di malattia, il Gleason e l’eventuale terapia precedentemente ricevuta.

Il follow-up dello studio è maturo: dei 790 pazienti, 225 sono stati censurati nell’analisi di OS, in quanto senza evento di decesso dopo un follow-up mediano di 10 anni.

La sopravvivenza a 10 anni è risultata pari al 25.9% nel braccio sperimentale (che aveva ricevuto ADT + docetaxel) e pari a 22.5% nel braccio di controllo (che aveva ricevuto ADT da sola), per un hazard ratio pari a 0.78 (p=0.004). Nel sottogruppo di pazienti con alto volume di malattia, il vantaggio a favore del braccio sperimentale è risultato maggiore in termini di probabilità di essere vivi a 10 anni (20.9% vs. 11.4% rispettivamente nei pazienti del braccio sperimentale e nei pazienti del braccio di controllo; p<0.0001).

Una riduzione ottimale del PSA (<0.2 ng/mL a 6 mesi) è risultata associata con una migliore sopravvivenza, sia nel braccio sperimentale trattato con ADT e docetaxel (sopravvivenza mediana pari a 100.3 vs. 45.4 mesi; p<0.0001) sia nel braccio di controllo trattato con ADT da sola (sopravvivenza mediana pari a 116.8 vs. 31.8 mesi; p<0.0001).

All’analisi multivariata, la riduzione ottimale del PSA a 6 mesi ha confermato un valore prognostico indipendente (hazard ratio 9.41; p<0.0001) anche aggiustando per le altre variabili prognostiche considerate nel modello.

L’informazione prognostica relativa alla riduzione ottimale del PSA a 6 mesi dall’inizio del trattamento per un tumore della prostata ormono-sensibile metastatico va ad aggiungersi alle analoghe analisi condotte in altri studi randomizzati e recentemente pubblicate, nonché ai dati del registro IRONMAN presentati all’ASCO 2025.

Il dato può avere implicazioni nella comunicazione con i pazienti, ma gli autori ipotizzano nelle conclusioni del lavoro anche la potenzialità di usare tale marcatore per strategie di modifica del trattamento basate sulla risposta osservata (in pratica, deescalation nei pazienti che ottengano una risposta ottimale a 6 mesi).

Questa prospettiva è molto interessante, ma ovviamente richiederebbe dati prospettici e studi specificamente disegnati con questo quesito, mentre ovviamente le analisi finora presentati si limitano a descrivere il ruolo prognostico di studi che non avevano tale obiettivo e non modificavano la terapia sulla base del PSA durante il trattamento.