Patologia genito-urinaria
Giovedì, 30 Aprile 2020

Olaparib nel carcinoma prostatico resistente alla castrazione

A cura di Giuseppe Aprile

Quarto centro per olaparib. Dopo patologia mammaria, ovarica e pancreas, ecco l'evidenza randomizzata per il suo utilizzo nel carcinoma prostatico castration-resistant: pubblicati in esteso i dati dello studio PROfound.

De Bono J, et al. Olaparib for Metastatic Castration-Resistant Prostate Cancer. N Engl J Med 2020; epub ahead of print Apr 28.

 

Dati già noti dall'ultimo ESMO (LBA 12), appare in extenso la pubblicazione sul prestigiono N Engl J Med che riguarda olaparib, come una nuova opzione per il trattamento del carcinoma prostatico resistente alla castrazione.

Il tumore della prostata è la seconda più comune forma di cancro negli uomini, con una stima di oltre 35.000 nuovi casi/anno in Italia ed è  associato a un significativo tasso di mortalità. Circa il 20% dei pazienti con tumore della prostata avanzato svilupperà malattia ormono-rferattaria (mCRPC) entro cinque anni e almeno l'80% di questi manifesterà metastasi al momento della diagnosi di CRPC. Nonostante abiratorone ed enzalutamide abbiano ampliato lo spettro delle armi terapeutiche disponibili, la sopravvivenza a cinque anni rimane ancora limitata. I dati scientifici supportano già da un decennio l'efficacia di olaparib in pazienti con neoplasia prostatica e mutazione di BRCA (Fong PC, et al. N Engl J Med 2009), ma la strada per arrivare all'evidenza prospettica randomizzata è stata lunga.

Tra il 20 e il 30% dei pazienti con carcinoma prostatico per gli uomini che presentano mutazioni dei geni di riparazione della ricombinazione omologa (HRR), responsabili della minore capacità di riparare il DNA danneggiato e di una maggiore aggressività biologica della neoplasia. Tra le mutazioni o deficienze di HRR sono incluse le mutazioni dei geni ATM e BRCA 1/2 che permettono ai pazienti di beneficiare dell’azione dei PARP inibitori, trattamenti in grado di bloccare la risposta al danno del DNA (DDR) in cellule e tumori che presentano tali difetti.

Il trial PROfound è uno studio randomizzato di fase III (random 2:1) con selezione molecolare che ha arruolato pazienti con mCRPC in progressione a enzalutamide o abiraterone a ricevere olaparib (300 mg bid) ovvero la terapia ormonale non ricevuta in precedenza. La selezione molecolare era prespecificata e condotta centralmente con Foundation One e comprendeva nella coorte A alterazione di BRCA 1, BRCA2 o ATM e nella coorte B una latreazione in uno degli altri 12 geni coinvolti in modo diretto o indiretto nel riparo della ricombinazione omologa: BRIP1, BARD1, CDK12, CHEK1/2, FANCL, PALB2, PPP2R2A, RAD51B/C/D e RAD54L.

Endpoint primario dello studio era la PFS all'imaging con revisione centralizzata nella coorte A. Successivamente, qualora si fosse osservato beneficio clinico di olaparib nella coorte A, sarebbe seguita un'analisi formale della popolazione totale dello studio nei pazienti con geni HRRm  (endpoint secondario). Interessante notare, tra i secondary endpoints anche il tempo alla progressione del dolore, di grande rilevanza clinica.

Fattori di startificazione erano la precedente esposizione a taxano (si vs no) e la presenza di malattia misurabile (si vs no).

 Sono stati screenati oltre 4.400 pazienti nei 206 centri partecipanti alla sperimentazione, 4.000 dei quali avevano tessuto biologico disponibile per la caratterizzazione molecolare, che è stata completata con successo in 2796 casi. Tra questi, il 28% presentavano una alterazione genica di HHR (778 pazienti) e una metà tra questi rispettava i criteri di randomizzazione.

Nella coorte A, che ha incluso 245 pazienti con mCRPC e mutazioni BRCA1/2 o ATM, i risultati dimostrano un miglioramento statisticamente significativo e clinicamente rilevante con olaparib in termini di sopravvivenza libera da progressione radiografica, aumentando il tempo di sopravvivenza senza progressione della malattia o di morte dei pazienti rispetto a quelli trattati con abiraterone o enzalutamide (7,4 mesi vs 3,6 mesi, HR 0.34 95%CI, 0,25-0,47, p<0,0001). Olaparib ha ridotto il rischio di progressione di malattia o di morte del 66% in questi pazienti. Inoltre, si registrava un sensibile aumento delle risposte obiettive (33% vs 1%, OR 21) e un prolungamento del tempo di controllo della sintomatologia algica (mediana non raggiunta vs 10 mesi circa, HR 0.44)

Lo studio ha anche raggiunto l'endpoint secondario di rPFS nella popolazione totale con HRRm (che comprendeva la coorte A e la coorte B), dove olaparib ha ridotto il rischio di progressione della malattia o di morte del 51% e ha anche migliorato la rPFS vs abiraterone o enzalutamide (mediana 5.8 mesi vs 3.5 mesi, HR 0.49, 95%CI 0.38-0.63], p<0,0001).

Il trial randomizzato PROfound è di particolare importanza e costituisce la prima evidenza prospettica di fase III che dimostra una rilevante efficacia clinica di olaparib nei pazienti con mCRPC e mutazione di BRCA o altre mutazioni dei geni coinvolti nei meccanismi di riparazione del DNA, avvicinando il tumore della prostata all'oncologia di precisione con l'utilizzo di un test già sdoganato nella pratica clinica, ma con costi e tempi ancora da perfezionare.

Sono quindi pienamente confermati i risultati precedenti dell'efficacia di olaparib nella sottopopolazione di pazienti con mCRPC e alterazione molecolare specifica, inclusi i due studi di fase II TOPARP-A (Mateo J, et al, N Engl J Med 2015) e TOPARP-B (Mateo J, et al, Lancet Oncol 2020) sempre dello stesso gruppo di investigatori anglosassoni.

E' maturo quindi il tempo per le raccomandazioni AIOM per l'implementazione della analisi mutazionale anche nei pazienti con carcinoma prostatico.