Patologia genito-urinaria
Sabato, 29 Ottobre 2022

Olaparib nel tumore dell’ovaio: non si tratta di un beneficio SOLO a breve termine…

A cura di Massimo Di Maio

Pubblicati i risultati dello studio SOLO1 dopo un follow-up di sette anni: il vantaggio in sopravvivenza è di circa 20 punti percentuali. Lo studio vanta il follow-up più lungo tra gli studi di mantenimento condotti con PARP inibitori in prima linea, e conferma la grande efficacia di questa strategia.

DiSilvestro P, Banerjee S, Colombo N, Scambia G, Kim BG, Oaknin A, Friedlander M, Lisyanskaya A, Floquet A, Leary A, Sonke GS, Gourley C, Oza A, González-Martín A, Aghajanian C, Bradley W, Mathews C, Liu J, McNamara J, Lowe ES, Ah-See ML, Moore KN; SOLO1 Investigators. Overall Survival With Maintenance Olaparib at a 7-Year Follow-Up in Patients With Newly Diagnosed Advanced Ovarian Cancer and a BRCA Mutation: The SOLO1/GOG 3004 Trial. J Clin Oncol. 2022 Sep 9:JCO2201549. doi: 10.1200/JCO.22.01549. Epub ahead of print. PMID: 36082969.

Sono passati circa 4 anni dalla presentazione all’ESMO 2018, e dalla contemporanea pubblicazione sulle pagine del New England Journal of Medicine, dei risultati dello studio SOLO1, che, come riportato su Oncotwitting (https://www.oncotwitting.it/patologia-genito-urinaria/terapia-di-mantenimento-con-olaparib-nel-carcinoma-ovarico-e-standing-ovation) erano subito stati commentati con entusiasmo. L’approccio di mantenimento con PARP inibitori, in questo caso con olaparib, dopo il completamento della chemioterapia di prima linea, è diventato lo standard di terapia per le pazienti con carcinoma ovarico.

SOLO1 era uno studio randomizzato condotto in cieco, che prevedeva l’inclusione di pazienti con tumore ovarico avanzato, con mutazione di BRCA, in risposta dopo chemioterapia contenente platino.

Le pazienti sono state randomizzate in rapporto 2:1.

Nel dettaglio:

  • Le pazienti assegnate al braccio sperimentale ricevevano olaparib alla dose standard come terapia di mantenimento, per un massimo di 2 anni, in assenza di progressione o tossicità inaccettabile.
  • Le pazienti assegnate al braccio di controllo ricevevano placebo, con i medesimi criteri di interruzione del braccio sperimentale.

Endpoint primario dello studio era la sopravvivenza libera da progressione (PFS), che era stata presentata in occasione dell’analisi principale, con un netto vantaggio a favore di olaparib. Nel dettaglio, ad un follow-up mediano di 41 mesi, era stata osservata una riduzione proporzionale del rischio di progressione o morte pari a 70% nel braccio con olaparib rispetto al braccio con placebo (PFS a 3 anni: 60% vs. 27%; hazard ratio 0.30; 95% IC 0.23-0.41; P<0.001).

L’analisi presentata ora nella pubblicazione del Journal of Clinical Oncology presenta i dati aggiornati, con un follow-up molto più lungo rispetto alla pubblicazione iniziale, relativi alla sopravvivenza globale (endpoint secondario).

La pubblicazione di JCO presenta l’analisi di sopravvivenza dopo un follow-up di 7 anni: nel dettaglio, il follow-up mediano era pari a 88.9 mesi nel braccio sperimentale e pari a 87.4 mesi nel braccio di controllo.

La durata mediana del trattamento è risultata pari a 24.6 mesi nel braccio sperimentale e pari a 13.9 mesi nel braccio di controllo.

A 7 anni dalla randomizzazione, la probabilità di essere in vita era pari al 67.0% nel braccio sperimentale, e pari al 46.5% nel braccio di controllo, con una differenza assoluta di circa 20 punti percentuali. L’hazard ratio era pari a 0.55 (intervallo di confidenza al 95% 0.40 – 0.76, p=0.0004).

Sempre a 7 anni dalla randomizzazione, la probabilità di essere in vita senza aver ricevuto un successivo trattamento antitumorale era pari al 45.3% nel braccio sperimentale, rispetto al 20.6% nel braccio di controllo.

L’incidenza di sindromi mielodisplastiche e di leucemia acuta è stata bassa, e l’incidenza di seconde neoplasie è rimasta bilanciata nei 2 bracci dello studio.

Nelle conclusioni dell’articolo, gli autori sottolineano che i risultati aggiornati dello studio SOLO-1 supportano la strategia di mantenimento con olaparib allo scopo di ottenere una remissione a lungo termine, e che tale strategia può aumentare il potenziale di guarigione.

Sono conclusioni esagerate? Sicuramente commentiamo i dati di un endpoint secondario, e va anche sottolineato che la differenza osservata formalmente non supera la soglia predefinita per la significatività statistica, però sarebbe sbagliato non riconoscere la grande rilevanza del vantaggio osservato con un follow-up così lungo.

Nonostante la possibilità di ricevere altre terapie, inclusi i PARP inibitori, al momento dell’eventuale progressione di malattia, la differenza in sopravvivenza a distanza di 7 anni dalla randomizzazione è di circa 20 punti percentuali. In pratica, un number needed to treat (NNT) per ottenere una paziente in vita in più a 7 anni, rispetto al braccio di controllo, pari a 5. Va sottolineato che si tratta di uno dei NNT più favorevoli mai osservati con i trattamenti sistemici in oncologia.

L’olaparib è stato il “primo della classe” in termini cronologici tra i PARP inibitori sviluppati in questa indicazione, e lo studio SOLO-1 il primo ad essere condotto in prima linea. E’ per questo che oggi possiamo osservare dati ad un follow-up così lungo.

Nelle linee guida AIOM è contenuta una raccomandazione forte a favore dell’impiego di olaparib in questa indicazione: “La terapia di mantenimento con Olaparib dovrebbe essere presa in considerazione nelle pazienti con tumore ovarico sieroso ed endometrioide di alto grado, stadio FIGO III-IV portatrici di mutazione BRCA, in risposta completa o parziale dopo chemioterapia di prima linea a base di platino”.