Patologia genito-urinaria
Sabato, 30 Novembre 2019

Quando il tumore della prostata è a basso rischio: operare, irradiare o aspettare?

A cura di Massimo Di Maio

A distanza di qualche anno dai risultati principali dello studio ProtecT, che avevano evidenziato miglior controllo di malattia ma nessun vantaggio in sopravvivenza per la chirurgia e la radioterapia, sono ora pubblicate ulteriori evidenze.

Neal DE, Metcalfe C, Donovan JL, Lane JA, Davis M, Young GJ, Dutton SJ, Walsh EI, Martin RM, Peters TJ, Turner EL, Mason M, Bollina P, Catto J, Doherty A, Gillatt D, Gnanapragasam V, Holding P, Hughes O, Kockelbergh R, Kynaston H, Oxley J, Paul A, Paez E, Rosario DJ, Rowe E, Staffurth J, Altman DG, Hamdy FC; ProtecT Study Group. Ten-year Mortality, Disease Progression, and Treatment-related Side Effects in Men with Localised Prostate Cancer from the ProtecT Randomised Controlled Trial According to Treatment Received. Eur Urol. 2019 Nov 23. pii: S0302-2838(19)30837-1. doi: 10.1016/j.eururo.2019.10.030. [Epub ahead of print] PubMed PMID: 31771797.

Il paziente che riceva una diagnosi di neoplasia prostatica con malattia confinata alla prostata può essere classificato sulla base di fattori prognostici che identificano diverse categorie di rischio e, in funzione di tali variabili prognostiche, può essere candidato a una condotta “attendistica” (monitoraggio attivo senza eseguire nell’immediato trattamenti locali) ovvero a un trattamento locale con intento radicale (chirurgia, radioterapia).

I risultati dello studio randomizzato ProtecT sono stati pubblicati nel 2016 sul New England Journal of Medicine (N Engl J Med 2016 Oct 13;375(15):1415-1424). Lo studio ha confrontato l’outcome di chirurgia, radioterapia e “active monitoring” in 1643 pazienti di età compresa tra 50 e 69 anni, che avessero ricevuto diagnosi di neoplasia prostatica localizzata e fossero disposti ad essere randomizzati tra le 3 strategie terapeutiche. Lo studio ha evidenziato un maggior rischio di progressione nel gruppo randomizzato a sorveglianza attiva rispetto ai trattamenti locali, ma una mortalità complessivamente bassa, senza differenze significative tra i 3 gruppi.

A distanza di 3 anni dalla pubblicazione primaria, vengono pubblicati ora ulteriori risultati di outcome, descrivendo non solo i pazienti che avevano accettato di sottoporsi alla randomizzazione tra i 3 bracci dello studio, ma anche l’outcome del gruppo di pazienti che, non avendo accettato di affidare alla randomizzazione la scelta del trattamento, erano stati trattati sulla base della propria preferenza.

Nello specifico, l’analisi prende in considerazione 2 gruppi di pazienti: i 1643 pazienti randomizzati, e ulteriori 997 pazienti che avevano rifiutato la randomizzazione, propendendo per un trattamento specifico.

Endpoint dell’analisi sono stati :

  • La mortalità;
  • Il rischio di sviluppare metastasi;
  • Il rischio di avere progressione di malattia;
  • L’impatto sulla qualità di vita, misurata mediante patient-reported outcomes, delle eventuali tossicità (urinaria, intestinale e sessuale) dei trattamenti.

Tutti i confronti tra i gruppi (chirurgia verso active monitoring; radioterapia vs active monitoring; chirurgia vs radioterapia) sono stati condotti sia nella popolazione di pazienti randomizzati (con un’analisi secondaria condotta sul trattamento effettivamente ricevuto), che nella popolazione di pazienti non randomizzati, che sul totale delle 2 popolazioni. Il confronto, includendo pazienti non randomizzati in cui la decisione di fare un trattamento poteva essere stata determinata, oltre che dalle preferenze del paziente, da alcuni fattori prognostici noti, è stato corretto mediante propensity score al fine di ridurre il bias prognostico nel confronto tra i gruppi.

La mortalità per carcinoma della prostata si è confermata complessivamente molto bassa, con una percentuale leggermente maggiore nel gruppo di pazienti sottoposti a monitoraggio attivo (1.85%) rispetto ai gruppi di pazienti sottoposti a chirurgia (0.67%) e a radioterapia (0.73%).

Nel gruppo di pazienti randomizzati, la suddetta differenza non risulta statisticamente significativa (p=0.08), mentre il confronto nella popolazione complessiva (randomizzati + non randomizzati) evidenzia una differenza statisticamente significativa (p=0.003) a sfavore dell’active monitoring rispetto al trattamento radicale.
Non sono state evidenziate differenze significative in termini di mortalità per tutte le cause (non limitata al tumore della prostata).
Non sono emerse differenze significative in termini di outcomes di efficacia tra chirurgia e radioterapia.

I risultati in termini di comparsa di metastasi e di progressione di malattia confermano la differenza già evidenziata nella precedente analisi, con un rischio maggiore nel gruppo sottoposto a monitoraggio attivo rispetto ai trattamenti radicali:
Rischio di metastasi: 5.6% (5.6 eventi per 1000 pazienti-anno) nel gruppo di monitoraggio attivo, 2.4% nel gruppo di chirurgia, 2.7% nel gruppo di radioterapia);

Rischio di progressione di malattia: 20.35% nel gruppo di monitoraggio attivo, 5.87% nel gruppo di chirurgia, 6.62% nel gruppo di radioterapia).

L’analisi dei patient-reported outcomes ha evidenziato un rischio più elevato di disfunzione sessuale nel gruppo di pazienti trattati con chirurgia (95% a 6 mesi) e nel gruppo di pazienti trattati con radioterapia (88% a 6 mesi) rispetto al gruppo di pazienti sottoposto a monitoraggio attivo.
Analogamente, è stato evidenziato un rischio più elevato di incontinenza urinaria (55% a 6 mesi) dopo la chirurgia, e un rischio più elevato di disfunzione intestinale (5% a 6 mesi) dopo la radioterapia.

Rispetto ai dati già pubblicati, le analisi ora presentate, che hanno dettagliato il risultato ottenuto nei pazienti sulla base del trattamento effettivamente ricevuto dopo la randomizzazione, e hanno anche descritto l’outcome dei pazienti che non avevano accettato di essere randomizzati, confermano molti dei dati già noti.

In sintesi, i numeri confermano il maggior rischio di tossicità atteso con i trattamenti attivi, che però consentono un miglior controllo di malattia e un minor rischio di progressione. La mortalità per tumore della prostata è significativamente ridotta dal trattamento radicale, ma va sottolineato che le percentuali assolute di mortalità sono davvero basse, e la semplice discussione del vantaggio relativo tende probabilmente a sovrastimare il beneficio del trattamento attivo.

Con un approccio molto pragmatico, gli autori inglesi presentano sia gli outcomes di beneficio che gli outcomes di danno (la cui descrizione è affidata ai patient-reported outcomes relativi ai noti problemi urinari, intestinali e sessuali attesi con la chirurgia e con la radioterapia).

Le informazioni contenute nell’analisi aiutano a rendere ancor più "evidence-based" la discussione con il paziente delle possibili opzioni al momento della diagnosi di un tumore della prostata a basso rischio.

Uno studio pubblicato qualche anno fa sul Journal of Clinical Oncology evidenziava che, in una serie di pazienti lungo-sopravviventi dopo aver ricevuto una diagnosi di neoplasia prostatica localizzata, la probabilità di “pentimento” rispetto alla propria decisione terapeutica fosse maggiore nei soggetti che avevano poi sofferto di fastidi dopo la terapia. Peraltro, i soggetti “soddisfatti” circa l’accuratezza dell’informazione ricevuta erano poi quelli che più difficilmente si lamentavano della decisione precedentemente presa. 

Dal momento che i trattamenti attivi sono inevitabilmente associati a una certa probabilità di riportare effetti collaterali, e che alcuni di tali effetti collaterali possono determinare un significativo impatto sulla qualità di vita, è ovviamente molto importante discutere accuratamente i pro e i contro di ciascuna opzione terapeutica, al momento della diagnosi.

Le linee guida AIOM (edizione 2019) recitano che “nei pazienti affetti da tumore prostatico localizzato, a rischio molto basso o basso, la sorveglianza attiva, eseguita secondo criteri definiti da protocolli condivisi, può garantire risultati sovrapponibili a quelli ottenibili con un trattamento immediato con prostatectomia radicale o radioterapia in termini di mortalità e mortalità cancro-specifica, con un miglior profilo di tollerabilità, e dovrebbe pertanto essere presa in considerazione tra le possibili opzioni terapeutiche (purché i pazienti siano informati adeguatamente sui potenziali vantaggi e svantaggi e purché siano inseriti in protocolli rigorosi di follow-up presso centri che abbiano adeguata esperienza con questa strategia).