Patologia genito-urinaria
Lunedì, 19 Maggio 2014

Quanto vale il vantaggio in progression free survival? Bevacizumab e carcinoma ovarico platino-resistente.

A cura di Fabio Puglisi

Lo studio randomizzato di fase III, denominato AURELIA, ha evidenziato un raddoppiamento  della progression-free survival con l'aggiunta del bevacizumab alla chemioterapia in pazienti con carcinoma ovarico platino-resistente. 

Pujade-Lauraine E, et al. Bevacizumab Combined With Chemotherapy for Platinum-Resistant Recurrent Ovarian Cancer: The AURELIA Open-Label Randomized Phase III Trial. J Clin Oncol 2014;32:1302-8.

Studio randomizzato, open-label, di fase III condotto su 361 pazienti con carcinoma ovarico progredito < 6 mesi dopo il completamento di una chemioterapia a base di platino. Lo studio era precluso a pazienti con malattia refrattaria o con storia di ostruzione intestinale. La scelta della chemioterapia (doxorubicina liposomiale pegilata, paclitaxel settimanale o topotecan) era a discrezione dell'investigatore. La randomizzazione prevedeva l'assegnazione alla chemioterapia "single agent" da sola o con l'aggiunta di bevacizumab (10 mg/kg ogni 2 settimane o 15 mg/kg ogni 3 settimane). Il crossover a bevacizumab single-agent era consentito dopo progressione alla monochemioterapia. Endpoint primario: progression-free survival (PFS).

L'aggiunta del bevacizumab alla monochemioterapia ha prodotto un raddoppiamento della PFS mediana (6.7 mesi vs 3.4 mesi, HR 0.48, 95%IC 0.38-0.60; p < 0.001). Inoltre, il tasso di risposte obiettive è risultato maggiore per le pazienti assegnate al braccio con bevacizumab (27.3% vs 11.8%, p = 0.001). Nessuna differenza è stata evidenziata in termini di overall survival (16.6 vs 13.3 mesi: HR 0.85, 95%IC 0.66-1.08; p < 0.174; median OS). Da notare che le pazienti trattate con bevacizumab hanno ricevuto una mediana di 6 (range 1–24)cicli di terapia rispetto ai 3 (range 1–17) cicli of delle pazienti trattate con sola chemioterapia.
Una maggiore incidenza di tossicità di grado ≥ 2 in termini di ipertensione e proteinuria è occorsa con il bevacizumab. La perforazione grastrointestinale si è verificata nel 2.2% delle pazienti trattate con bevacizumab.

L'aggiunta del bevacizumab alla monochemioterapia raddoppia la progression-free survival in pazienti con carcinoma ovarico platino-resistente. Certamente una buona notizia in un setting caratterizzato da un armamentario terapeutico povero.
Tuttavia, lo studio riproduce una storia già sentita: al guadagno in PFS non corrisponde un vantaggio in OS. E la domanda, irrisolta, rimane la solita. Quali pazienti possono trarre il maggior beneficio?
Mentre ci si interroga e si dibatte sul trasferimento di questi risultati in clinica, leggiamo con interesse un articolo sui patient-reported outcomes nello studio AURELIA (Stockler MR,et al. J Clin Oncol 2014;32:1309-16). Dall'analisi risulta che un miglioramento ≥ 15% nei sintomi addominali e gastro-intestinali alla settimana 8/9 è ottenuto con maggiore frequenza fra le pazienti trattate con bevacizumab (21.9% vs 9.3%; p = 0.002).