Patologia genito-urinaria
Giovedì, 21 Gennaio 2021

Una fiammata che protegge la prostata

A cura di Giuseppe Aprile

Un simultaneo overboost focale può ridurre il rischio di recidiva locale dei pazienti radiotrattati per adenocarcinoma prostatico? I risultati dello studio randomizzato FLAME sono caldissimi...

Kerkmeijer LGW, et al. Focal Boost to the Intraprostatic Tumor in External Beam Radiotherapy for Patients With Localized Prostate Cancer: Results From the FLAME Randomized Phase III Trial. J Clin Oncol. 2021 Jan 20:JCO2002873. doi: 10.1200/JCO.20.02873. Epub ahead of print.  

Stabilita la relazione dose-risposta per trattamento radiante offerto a pazienti con carcinoma prostatico localizzato, si è convenuto che un dosaggio frazionato di 80 Gy complessivi fosse efficace e sicuro, mentre dosaggi superiori in area ghiandolare risultavano eccessivamente tossici. Gli autori dello studio FLAME (Focal Lesion Ablative Microboost in Prostate Cancer) mirano a verificare se un boost supplementare somministrato simultaneamente alla radioterapia esterna, che aumenti la dose complessiva da 77 a 95 Gy, sia di beneficio riducendo il rischio di ricaduta pur conservando una buona tollerabilità.
 
Il trial, disegnato come un fase III randomizzato 1:1, prevedeva l'assegnazione al gruppo standard con EBRT di 77 Gy in 35 frazioni di 2.2 Gy ovvero lo stesso trattamento abbinato a un boost che facesse risultare le singole frazioni di 2.7 Gy.
Lo studio aderiva alle indicazioni PI-RADS riguardo all'imaging prostatico e al suo reporting, sebbene le raccomandazioni siano state pubblicate dopo il suo impianto statistico.
Il primary endpoint era il bDFS a 5 anni, definito come il tempo trascorso tra la random e la recidiva biochimica (PSA nadir + 2 ng/mL, secondo i criteri di Phoenix). Tra i molti outcomes secondari vi erano la sopravvivenza cancro-specifica, la sopravvivenza overall, la DFS, la sopravvivenza libera da metastasi a distanza e la qualità di vita.
Il disegno si proponeva di aumentare la bDFS da 64%, valore atteso nel braccio standard, al 74%, valore atteso in quello sperimentale. Le analisi sono state condotte nella popolazione ITT e pubblicate dopo un follow-up mediano di 72 mesi.
Le caratteristiche basali dei pazienti randomizzati (287 nel braccio standard vs 284 in quello di controllo) erano sovrapponibili per età mediana, stratificazione del rischio basale secondo criteri EAU, T, Gleason score, stadio linfonodale, percentuale di terapia ormonale neoadiuvante o adiuvante, comorbidità.
 
A 5 anni, la bDFS era 92% nel braccio sperimentale vs 85% in quello standard (HR 0.45, 95%CI 0.28-0.71, p<0.001), senza differenze significative in termini di sopravvivenza specifica specifica per neoplasia prostatica (log-rank p=0.26), né di sopravvivenza overall (log-rank p=0.50). Simili risultati si osservavano per la riduzione in DFS (HR 0.48, 95%CI0.32-0.74, p<0.001), mentre le differenze in DMFS (HR 0.75, 95%CI 0.45-1.24, p=0.25) non erano significative.
 
L'incidenza cumulativa di tossicità tardiva genitourinaria era 23% nel braccio standard vs 28% in quello con il boost; l'incidenza cumulativa di tossicità tardiva enterica era invece 12% vs 13%. In entrambi i casi le differenze erano quindi piccole e non differivano in modo statisticamente significativo. Allo stesso modo, non si sono registrate sostanziali differenze in QoL tra i due bracci di trattamento.

Nel tempo invernale da certamente conforto stare accanto a una fiamma accesa. Ma cosa ci portiamo a casa da questa FLAME?

Sebbene il follow-up dello studio sia relativamente corto, i risultati sono interessanti, soprattutto considerando che oltre l'80% dei pazienti aveva un rischio basale EUC elevato: il boost supplementare limitato alla lesione intraprostatica taglia a metà il rischio di ricaduta biochimica, spostando il tasso di sopravvivenza a 5 anni senza ricaduta biochimica dal 85% (già molto alto) al 92%.
Un secondo punto favorevole dello studio è la buona tolleranza al trattamento supplementare, sebbene nella analisi dei dati di tossicità a lungo termine vi siano parecchi "missing" le differenze sembrano modeste e non significative.
Un terzo punto di vantaggio è la possibile applicabilità dei risultati. Il boost focalizzato simultaneo può essere associato sia alla schedula classica al momento dell'avvio dello studio che a quella ora innovativa con ipofrazionameno in IMRT. 
Nonostante lo studio abbia seguito le indicazioni PI-RADS, rimane tuttavia da stabilire come possono essere lette le conclusioni dello studio nell'epoca del moderno staging con PSMA-PET, quale vantaggio ci si possa attendere se il boost focale fosse associato alle schede con ipofrazionamento estremo e se con una osservazione degli eventi maggiormente prolungata si possa attenuare il vantaggio ottenuto.