Patologia genito-urinaria
Giovedì, 18 Marzo 2021

WEE will rock you

A cura di Giuseppe Aprile

Dopo la sorpresa nella patologia ovarica platino-resistente, il nuovo inibitore di WEE1 (adavosertib, AZD1775) performa bene anche nel carcinoma sieroso uterino. E' stato un clamoroso successo dei Queen, lo sarà anche per l'oncologia ginecologica?

Liu JF, Xiong N, Campos SM, Wright AA, Krasner C, Schumer S, Horowitz N, Veneris J, Tayob N, Morrissey S, West G, Quinn R, Matulonis UA, Konstantinopoulos PA. Phase II Study of the WEE1 Inhibitor Adavosertib in Recurrent Uterine Serous Carcinoma. J Clin Oncol. 2021 Epub ahead of print March 11 

WEE1 è una tirosinchinasi espressa in molte neoplasie (epatocarcinoma, tumori ginecologici, neoplasie mammarie e gastriche HER2 positive). La proteina regola la crescita cellulare interferendo in almeno due punti del ciclo: interagendo con l'istone 2B ne blocca la trascrizione al termine della fase S; fosforilando CDK2 durante la transizione G2/M inattiva il complesso CDK2/ciclina B con l'effetto di terminare il ciclo cellulare, effetto particolarmente importante per le cellule neoplastiche con mutazione di p53, maggiormente dipendenti da questo passaggio.
L'inibizione di WEE1 in modelli cellulari ha dimostrato di avere un effetto antitumorale portando a danni al DNA sia per la replicazione incontrollata che amplificando la sensibilità della cellula ai chemioterapici.
 
Recentemente sono stati pubblicati i risultati di uno studio di fase II randomizzato condotto su 100 donne con carcinoma ovarico platino resistente o platino refrattario che ha testato adavosertib, un potente inibitore selettivo di WEE1, in associazione alla gemcitabina (Lheureux S, et al. Lancet 2021). I risultati hanno dimostrato un importante effetto clinico per la nuova molecola (vantaggio in PFS, HR 0.55) in una situazione clinica dove le opzioni terapeutiche sono poche e poco efficaci. Con una nota di cautela sulla tossicità midollare della molecola.
 
Il trial recentemente di fase II a singolo braccio, pubblicato online sul Journal of Clinical Oncology, affronta il tema del carcinoma sieroso dell'utero, una neoplasia rara che rappresenta il 10-15% di tutti i cancri endometriali. Il trattamento di questo tumore non ha uno standard riconosciuto, ma prevede la possibilità di utilizzare carboplatino con paclitaxel, HER2 inibitori in caso di amplificazione di HER2, immunoterapia e lenvatinib.
 
In base alla attuale conoscenza delle caratteristiche molecolari di questo tumore (90% dei casi ha mutazioni di p53, 25% dei casi ha amplificazioni di CCNE1, 5-10% dei casi dimostra perdita di RB1), gli autori lo considerano particolarmente sensibile agli inibitori di WEE1 e nel trial condotto al Dana Farber Cancer Institute testano adavosertib alla dose di 300 mg/die gg1-5 e 8-12 q21. Tra i criteri di eleggibilità, oltre alla specifica istologia, vi erano un precedente trattamento antitumorale (qualsiasi numero di precedenti linee era concesso), malattia misurabile secondo criteri RECIST, PS 0-1 secondo ECOG e adeguata funzione d'organo. I due endpoint primari dello studio erano il tasso di risposte (RR) e il tasso di progressione a sei mesi (PFS6), mirando a raggiungere la soglia di interesse minima che era del 20% per il primo endpoint e del 30% per il secondo.
Nello studio sono state arruolate 34 pazienti, con età mediana di 70 anni e un numero mediano di precedenti linee di trattamento pari a 3 (range 1-8).
 
Il tasso di risposta è stato esattamente quello previsto e pari al 30% (una RC, 9 RP delle quali una non confermata), con un tasso di PFS a sei mesi del 47%.
 La PFS mediana è stata di poco superiore ai sei mesi, con una durata mediana della risposta di 9 mesi.
 
Tra gli effetti collaterali si segnala la diarrea (75%, in nessun caso di grado 4), la fatigue e la nausea (in entrambi i casi riportate da due pazienti su tre) e la tossicità ematologica.
 
Le analisi che hanno correlato l'outcome in termini di risposta obiettiva o di clinical benefit con i biomarcatori testati (CCNE1, MYC, KRAS, HER2, EGFR, PI3KCA) non hanno evidenziato chiare correlazioni.

Sebbene abbia incluso un numero limitato di pazienti e sia stato condotto in un singolo centro di grande esperienza, lo studio ha il pregio di sottolineare una nuova strada (il blocco di WEE1) come potenzialmente promettente per questa rara patologia ed altre più frequenti neoplasie. Certamente la novità dovrà essere confermata da ulteriori studi che testano la molecola sia come agente singolo che in combinazione alla chemioterapia che come farmaco radiosensibilizzante.

Interessante anche notare che l'inibizione di WEE1 può essere sfruttata come meccanismo per revertire la resistenza ai trattamenti nelle neoplasie gastriche e mammarie HER2 positive (Jin MH, et al., Gastric Cancer 2021; Sand A, et al. Cancer Letter 2020), nel trattamento con platino o PARP inibitori per il carcinoma mammario triplo negativo e nell'epatocarcinoma. Non a caso sta crescendo l'interesse per le sperimentazioni sui nuovi inibitori dell'asse ATR-CHK1-WEE1 (Gorecki, et al. Cancers 2021).