Patologia mammaria
Martedì, 24 Maggio 2022

Beneficio da sacituzumab govitecan: non importa se il tumore è nato triple negative o se lo è diventato

A cura di Fabio Puglisi

Il sacituzumab govitecan (SG) è un farmaco immunoconiugato composto da un anti–Trop-2 legato al chemioterapico SN-38 mediante un linker idrolisabile. Nello studio ASCENT, il SG ha mostrato un beneficio superiore rispetto alla monochemioterapia a scelta del clinico (TPC) in pazienti con diagnosi di carcinoma mammario metastatico triple-negative (TN) già pretrattato con almeno 2 linee di chemioterapia. È noto come un tumore possa modificare nel tempo il suo profilo biologico (ad esempio, un tumore inizialmente positivo per i recettori estrogeni e/o per HER2 può perdere tale espressione e diventare TN). 
Una sotto-analisi dello studio ASCENT si propone di valutare il ruolo di SG in funzione delle caratteristiche del sottogruppo TN (TN all’esordio vs variazione da non-TN a TN).

O'Shaughnessy J, et al. Analysis of patients without and with an initial triple-negative breast cancer diagnosis in the phase 3 randomized ASCENT study of sacituzumab govitecan in metastatic triple-negative breast cancer. Breast Cancer Res Treat 2022; Epub ahead of print. 

Lo studio ASCENT è rivolto a pazienti con una diagnosi di carcinoma mammario metastatico TN (mTNBC). In particolare, pazienti con mTNBC in progressione dopo ≥ 2 precedenti linee di chemioterapia venivano randomizzate (1:1) a ricevere Sacituzumab Govitecan (SG) o una chemioterapia a scelta del clinico (TPC). 

Endpoint primario: progression-free survival (PFS) in pazienti senza metastasi encefaliche.

Una sotto-analisi dello studio ASCENT ha valutato il ruolo di SG in funzione delle caratteristiche del sottogruppo TN (TN all’esordio vs variazione da non-TN a TN).

Nello studio ASCENT, 70/235 (30%) e 76/233 (33%) pazienti che hanno ricevuto rispettivamente SG e TPC, non avevano una malattia TN alla diagnosi. 

In linea con i risultati dell’intera casistica, un beneficio clinico da SG è stato osservato in questo sottogruppo di pazienti il cui tumore non era TN alla diagnosi ma lo è diventato: 

  • PFS mediana: 4.6 versus 2.3 mesi (HR 0.48; 95% IC 0.32–0.72)
  • Overall survival mediana: 12.4 versus 6.7 mesi (HR 0.44; 95% CI 0.30–0.64)
  • Tasso di risposte oggettive (ORR): 31% versus 4%;
  • ORR in pazienti pretrattate con inibitori di CDK4/6: 21% versus 5%. 

Complessivamente, efficacia e sicurezza sono risultate simili a prescindente dalla condizione di TN alla diagnosi o meno. 

In accordo ai risultati di una sottoanalisi dello studio ASCENT, il beneficio dalla terapia con l’immunoconiugato sacituzumab govitecan si conferma anche nelle forme di carcinoma mammario non-triple negative alla diagnosi che si convertono successivamente in un sottotipo triple negative.

Questa osservazione rafforza l’importanza di effettuare una biopsia delle sedi metastatiche al fine di ottimizzare le scelte e di ampliare le opzioni terapeutiche.

Va ricordato che la perdita di espressione dei recettori ormonali è particolarmente comune, essendo riscontrata in circa il 25–45% delle pazienti che sperimentano una recidiva del tumore primitivo.  Le motivazioni che stanno dietro alle modifiche nell’espressione recetoriali possono essere legate all’eterogeneità intratumorale o a reali cambiamenti nella biologia del tumore eventualmente favoriti dalla pressione generata dalle terapie. In pazienti che ricevono trastuzumab neoadiuvante e che non ottengono una risposta patologica completa, circa un terzo dei tumori residui perde lo stato di HER2-positività.