Patologia mammaria
Lunedì, 13 Dicembre 2021

Considerazioni sulla variante irlandese, e non parliamo di COVID

A cura di Fabio Puglisi

In pazienti con carcinoma mammario HER2-positivo ad alto rischio, lo studio di fase III KAITLIN ha valutato la possibilità di sostituire il trattamento a base di taxani e trastuzumab con il T-DM1. I risultati auspicati erano una riduzione della tossicità e un miglioramento dell’efficacia.  Lo studio, formalmente negativo, offre comunque importanti spunti di riflessione clinico-scientifica. 
Una curiosità, gli studi che vedono coinvolto il T-DM1 hanno scelto nomi di donna. Vincente il KATHERINE che sancisce il ruolo di T-DM1 adiuvante in pazienti con residuo di malattia dopo trattamento neoadiuvante. Negativo il KAITLIN, variante irlandese di KATHERINE, quando T-DM1 associato a pertuzumab cerca di sostituirsi nel setting adiuvante alla combinazione di chemioterapia con taxani e doppio blocco anti-HER2. 
 
Krop IE, et al. Trastuzumab Emtansine Plus Pertuzumab Versus Taxane Plus Trastuzumab Plus Pertuzumab After Anthracycline for High-Risk Human Epidermal Growth Factor Receptor 2-Positive Early Breast Cancer: The Phase III KAITLIN Study. J Clin Oncol 2021 (Epub ahead of print)

Disegno dello studio: fase III, randomizzato 1:1

Randomizzazione e trattamento

  • Chemioterapia a base di antracicline (3-4 cicli) e, a seguire, 18 cicli di T-DM1 + pertuzumab;
  • Chemioterapia a base di antracicline (3-4 cicli) e, a seguire, taxani (3-4 cicli) + trastuzumab + pertuzumab. 

Il trattamento radiante e la terapia endocrina erano concessi in accordo alle indicazioni del Centro. 

Popolazione in studio: pazienti con diagnosi di carcinoma mammario HER2 positivo operato, giudicate a rischio aumentato per stato linfonodale positivo o stato linfonodale negativo con recettori ormonali negativi e T > 2 cm.

Endpoint: invasive disease-free survival (IDFS) nella popolazione intention-to-treat con linfonodi positivi e nella popolazione globale (co-primary endpoints, con disegno gerarchico)

I risultati sono stati analizzati ad un follow-up mediano di 57.1 mesi per il gruppi con taxani/trastuzumab (n = 918) e di 57.0 mesi per il gruppo T-DM1 (n = 928). 

Non è stata osservata alcuna differenza significativa in termini di IDFS tra i due bracci né nella popolazione con linfonodi positivi (n = 1,658; HR 0.97; 95% IC, 0.71-1.32) né nella intera popolazione (n = 1846; HR 0.98; 95% IC, 0.72-1.32). 

Nell’intera popolazione, l’IDFS a 3 anni è stata del 94.2% (95% IC, 92.7-95.8) con taxani/trastuzumab e 93.1% (95% IC, 91.4-94.7) con T-DM1.

I tassi di completamento della terapia (18 cicli portati a termine) sono stati dell’88.4% con taxani/trastuzumab e del 65% con T-DM1 (per lo più legati a interruzione precoce del T-DM1 a causa di anomalie di laboratorio [12.5%]). 

La tossicità di grado ≥ 3 (taxani/trastuzmab vs T-DM1, 55.4% vs 51.8%) e gli eventi avversi seri (taxani/trastuzmab vs T-DM1, 23.3% vs 21.4%)  sono state simili tra i due gruppi di trattamento.  

Lo studio KAITLIN non ha raggiunto l’obiettivo primario e, pertanto, è da considerarsi negativo.

Questo significa che, in pazienti ad alto rischio con carcinoma mammario HER2-positivo, lo standard di terapia adiuvante rimane la combinazione del doppio blocco anti-HER2 (pertuzumab/trastuzumab) + chemioterapia. 

Tuttavia, strategicamente, lo standard terapeutico nello stadio precoce ad alto rischio è la combinazione di chemioterapia e doppio blocco anti-HER2 (in Italia non è ancora rimborsato il pertuzumab) in fase neoadiuvante seguito dall’impiego del T-DM1 adiuvante in presenza di residuo patologico di malattia. 

D’altro canto, l’osservazione che sostituire la combinazione taxano/trastuzumab con il T-DM1 non ha impatto sull’outcome suggerisce che esiste un sottogruppo di tumori resistenti T-DM1 + pertuzumab per i quali la combinazione taxani + doppio blocco anti-HER2 rimane importante.

Una considerazione a parte merita il riscontro di una prognosi migliore negli studi più recenti, fra cui il KAITLIN, suggerendo che la ricerca verso una de-escalation della chemioterapia debba essere incoraggiata. Al contempo, è importante mantenere l’attività anti-HER2 con doppio blocco (es. studi CompassHER2-pCR e Decrescendo).  Viceversa, il potenziamento (escalation) della terapia dovrebbe essere considerato nella minoranza di pazienti con rischio residuo malgrado un trattamento sulla carta ottimale (es. studi CompassHER2 RD e DESTINY-Breast05).